SCIENZA E RICERCA

Un appello per la tutela della biodiversità

Che l'uomo abbia intaccato - e lo stia ancora facendo - il delicato ecosistema che regola il nostro pianeta, la Terra, è fuori di dubbio: il cambiamento climatico è una delle prove più tangibili di quanto stiamo dicendo. Ma anche la pandemia generata dal virus Sars-Cov-2 ha a che fare con le abitudini umane e con l'errata gestione degli ecosistemi naturali. 

Di fronte ai ripetuti allarmi della comunità scientifica, è la politica che deve fare i passi necessari - nel suo complesso, dal locale al globale - per indirizzare le azioni umane verso azioni più sostenibili, di tutela della salute del nostro pianeta (e di noi stessi di conseguenza) e della biodiversità. 

Qui di seguito pubblichiamo, in forma integrale, la comunicazione congiunta degli esperti del Comitato Capitale Naturale sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, uno degli strumenti chiamati appunto a indirizzare l'azione politica e sociale. Un documento molto importante che necessiterebbe di essere compilato tenendo conto, appunto, del valore e della centralità della tutela della biodiversità.


La drammatica pandemia da SARS-CoV-2 che sta modificando il nostro mondo ci obbliga a riflettere seriamente sulla situazione mondiale che abbiamo ormai prodotto e che gli scienziati ritengono costituisca un nuovo periodo geologico, l’Antropocene, a dimostrazione di quanto l’intervento umano abbia ormai profondamente modificato le dinamiche e l’evoluzione dei sistemi naturali sulla Terra. 

Con il nostro impatto abbiamo trasformato il 75% degli ambienti naturali delle terre emerse e significativamente impattato il 66% degli ecosistemi marini. Abbiamo modificato il clima nonché i grandi cicli biogeochimici del carbonio, dell’azoto e del fosforo. Abbiamo prodotto una enorme quantità di nuove sostanze tossiche e nocive che non sono metabolizzabili dai sistemi naturali. Abbiamo modificato il ciclo dell’acqua e acidificato gli oceani. Abbiamo eroso e continuiamo a erodere la biodiversità in ogni angolo del pianeta, mettendo a rischio almeno un milione di specie animali e vegetali dopo averne cancellato per sempre un numero ancora imprecisato.

Stiamo modificando l’evoluzione della vita sul pianeta e persino l’ecologia dei virus, trasformandoli in fattori distruttivi per l’Uomo e la Natura.

Tutto questo rende indispensabile un grande cambiamento, che parta dalla presa di coscienza che “noi siamo natura”, che l’umanità è parte della natura, che la salute e il benessere umano sono strettamente legati alla vitalità e alla resilienza dei sistemi naturali e che “non è possibile rimanere sani in un mondo malato”, come Papa Francesco ha lucidamente affermato.

L'origine della stessa pandemia dovuta al virus SARS-CoV-2, provocata dalla trasmissione di un patogeno dagli animali all'uomo (zoonosi), è da imputare all’errata gestione degli ecosistemi naturali da parte dell’Uomo, che esercita una pressione sempre più insostenibile su di essi. La grave pandemia spinge il mondo intero a interrogarsi sulla necessità di una transizione ecologica per concretizzare un vero e proprio cambiamento trasformativo del nostro vivere sull’unico pianeta che ci consente di esistere. 

Oggi la scienza ci dice che è importante considerare la salute come un unicum che riguarda appunto la stretta connessione esistente tra la dimensione umana e quella planetaria (“One World – One Health). La perdita di salute connessa all’erosione continua del Capitale Naturale che sostiene i servizi ecosistemici, e quindi la nostra esistenza e il nostro benessere, è troppo elevata. Tutti gli esseri umani necessitano di respirare aria pulita, bere acqua non contaminata e mangiare cibi sani. Sono i sistemi naturali con le loro complesse e delicate strutture che ci consentono, quotidianamente e gratuitamente, di vivere e di farlo in buona salute. 

Inoltre, il concetto di salute umana non riguarda solo la dimensione intragenerazionale ma anche quella intergenerazionale, che richiama l’esigenza di garantire uno stato di salute planetario che tuteli nel futuro le nuove generazioni.

Se preserviamo la natura, preserviamo noi stessi. Se indeboliamo la natura, indeboliamo noi stessi. Comprendere questo principio è ormai indispensabile e soprattutto lo è agire di conseguenza, urgentemente e a tutti i livelli, riorientando l’azione umana verso pratiche di autentica sostenibilità che finalmente inseriscano la natura tra le cose importanti e ne tengano contezza in ogni scelta e programmazione politica.

L’agenda politica di questo momento così delicato vede al centro del dibattito le scelte che verranno operate sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Si tratta di un passaggio cruciale, la cui importanza sostanziale, al di là dei pur rilevanti aspetti gestionali, è probabilmente senza pari. Dalle scelte effettuate intorno e dentro al Piano dipende il futuro del nostro Paese e una parte del futuro del pianeta intero. Un futuro che si prospetta ancor più grigio e problematico se le scelte saranno errate, mentre potrebbe garantire un benessere duraturo se le scelte saranno giuste.

Per fare le scelte giuste dobbiamo orientare il PNRR verso soluzioni basate sulla natura, come raccomanda l’Unione Europea, che avviino una vera transizione ecologica e che, già da subito, intervengano sui grandi bisogni: il ripristino degli habitat naturali distrutti o frammentati, la corretta gestione degli ecosistemi terrestri e marini, la conservazione delle specie, la difesa del suolo, la promozione di infrastrutture verdi, la diffusione della consapevolezza dell’importanza della natura come capitale e patrimonio, da usare con assennatezza e da preservare.

Gli esperti del Comitato Capitale Naturale, che rappresentano il mondo scientifico e quello della società civile, ritengono utile sottolineare l’urgenza di fondare il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sul riconoscimento:

a) del valore e della centralità della protezione e tutela della biodiversità; 

b) del valore del capitale naturale e dei servizi ecosistemici;

c) dell’assoluta necessità del recupero ecologico e del ripristino/restauro degli ecosistemi naturali del nostro Paese e delle loro funzioni.

Riteniamo tutti questi elementi componenti imprescindibili del PNRR, poiché sono di fondamentale importanza per la salute umana e per aumentare la resilienza della Natura rispetto ai gravissimi rischi cui andiamo incontro, e per le numerose altre crisi ambientali che già ci stanno minacciando, in primo luogo quelle derivanti dal cambiamento climatico. 

Importanti soluzioni concrete da attuare riguardano tutte le azioni che oggi vengono definite come Green Infrastructures (GI) Nature-based Solutions (NBS). Non è un caso che l’Unione europea promuova con forza il Green Deal. Tanti atti della Commissione Europea vanno proprio nella direzione di trovare soluzioni a questi problemi prioritari per il nostro futuro, come, ad esempio, la nuova Strategia sulla Biodiversità. 

Il nostro Paese presenta indubbiamente un gigantesco problema di una sana e corretta gestione dei nostri ecosistemi terrestri e marini, sin qui modificati, trasformati e inquinati da fenomeni quali la cementificazione, la perdita di suolo e la frammentazione degli ecosistemi.

Riteniamo che una vera e grande opera pubblica nazionale dovrebbe essere fondata sul ripristino del nostro meraviglioso territorio, attraverso il recupero di tanti ambienti naturali terrestri e marini, deteriorati e danneggiati da decenni di utilizzo scriteriato delle risorse naturali. 

Il degrado ambientale, presente e diffuso un po’ ovunque, si è manifestato, per fare un paio di esempi, particolarmente aggressivo nei confronti degli ecosistemi costieri e ripariali. Ambiti ove il consumo di suolo supera localmente il 20% della superficie interessata e si registra una significativa presenza di specie alloctone. 

Lungo le coste, causa anche l’erosione costiera, risulta particolarmente danneggiata la vegetazione delle linee di deposito marino e del sistema dunale caratterizzato dalla presenza di prati di specie annuali, da ecosistemi aloigrofili, da steppe salate mediterranee, da garighe e macchia mediterranea con elementi arbustivi sempreverdi.  

Gli ecosistemi igrofili (sponde fluviali e zone umide), ulteriormente danneggiati dalle pressioni del sistema agricolo e zootecnico, hanno subito una significativa riduzione dei loro spazi potenziali con ripercussioni sulla loro efficienza funzionale e strutturale in termini di fitodepurazione e stabilizzazione morfologica degli alvei e dei versanti.   

Un piano nazionale di restauro degli ambienti naturali risulta ancora più rilevante ora, nel decennio 2021-2030 dedicato dalle Nazioni Unite proprio all’Ecosystem Restoration, e con il mondo che sta elaborando la nuova strategia per la difesa della biodiversità del prossimo decennio.

Gli esperti del Comitato Capitale Naturale ritengono indispensabile definire un Piano nazionale di restauro ambientalecon l’individuazione delle priorità di azione, la programmazione delle risorse umane e economiche necessarie alla sua concreta realizzazione e l’individuazione degli strumenti normativi, tecnici e finanziari più adeguati per garantire l’avvio di un’efficacia azione di “rinaturazione” del nostro Paese. Il PNRR costituisce il contesto più appropriato per dare forza e concretezza a queste priorità.

I membri del Comitato Capitale Naturale sottolineano che un Programma Nazionale di Restauro Ecologico, ripristino ambientale, “rinaturazione” del Paese, tutela e valorizzazione della Biodiversità, Nature-Based solutions unitamente allo sviluppo di Green Infrastructures produrrebbe effetti molto positivi anche dal punto di vista dell’occupazione e auspicano che questi elementi, comuni alle strategie di tutti i Paesi più avanzati del Mondo, possano essere utilmente integrati nel PNRR in corso di definizione.

Roma, 21 dicembre 2020

Carlo Blasi, professore emerito e direttore scientifico Centro di ricerca interuniversitario Biodiversità, Servizi Ecosistemici e Sostenibilità, Università la Sapienza, Roma

Gianfranco Bologna, presidente onorario Comunità Scientifica WWF Italia, segretario generale Fondazione Aurelio Peccei, Club of Rome Italy

Carlo Calfapietra, direttore Istituto Ricerche sugli Ecosistemi Terrestri (IRET) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

Roberto Danovaro, professore ordinario di Ecologia, Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Ancona e presidente Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, Istituto Nazionale di Biologia Ecologia e Biotecnologie marine (SZN)

Ivan Faiella, Direttore, Banca d’Italia 

Aldo Femia, esperto di contabilità ambientale – adesione a titolo personale

Enrico Giovannini, professore ordinario di Statistica economica, Università di Roma ‘Tor Vergata’ e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Gian Marco Luna, direttore Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie del Mare (IRBIM) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

Giovanni Russo, professore ordinario di Ecologia, Università Parthenope, Napoli, presidente Società Italiana di Biologia Marina (SIBM)

Riccardo Santolini, professore di Ecologia, Università di Urbino 

Danilo Selvaggi, direttore generale LIPU – BirdLife Italia

Giuseppe Scarascia Mugnozza, professore di Selvicoltura e Ecofisiologia forestale, Università della Tuscia, Viterbo 

Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente

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