SOCIETÀ

COP25, l'appello di Greta e l'inazione della politica

Troppo rumore per nulla, direbbe Shakespeare. Aggiungiamo noi: troppo rumore per nulla sulle questioni di metodo e troppo silenzio su quelle che meritano, in realtà, un’attenzione urgente

Il tema è l’ambiente, meglio: la discussione in corso a Madrid, alla COP25, per fare in modo che le parti politiche dei Paesi aderenti si affrettino a trovare soluzioni condivise su come rallentare gli effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta.

La questione è rilevante: gli scienziati di tutto il mondo (e i giovani attivisti per il clima, ma lo vedremo più avanti) concordano sulla necessità di dover tagliare con urgenza le emissioni di gas climalteranti nell’atmosfera. La nuova stima, arrivata pochi giorni fa dall’Unep, parla di almeno di un taglio annuale del 7,5% per riuscire a centrare gli accordi di Parigi del 2015.

Le richieste sono pressanti, ma sembra che la politica faccia (ancora una volta) orecchie da mercante. Non è un caso, infatti, che i colloqui di Madrid si stiano focalizzando su alcune norme per implementare al meglio gli accordi di Parigi, ma nulla di concreto sta ancora arrivando per far fronte alla vera e propria urgenza: decidere quanto e come tagliare le emissioni. L’attenzione è poca, sia a livello mediatico, sia a livello di discussione vera e propria in seno alla COP25.

“Rischiamo di rimanere impantanati in questioni tecniche – spiega al The Guardian – Joahn Rockström, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research – da dimenticarci quello che è più importante”. Con una delusione dietro l’angolo: il fallimento dei colloqui di Madrid per l’incapacità di osservare quale sia la reale emergenza. Nei prossimi giorni i ministri dell’Economia e dell’Ambiente di più di 190 governi inizieranno le discussioni di più alto livello, ma – per esempio – il documento che dovrebbe rivedere le politiche sul carbon market (il sistema di "scambio" della CO2) è sul tavolo, senza che ci sia il necessario consenso delle parti affinché venga approvato. E non si tratterebbe dell’unica questione in bilico e che potrebbe non trovare un accordo. La COP25 si concluderà il 13 di dicembre e gli ultimi giorni sono proprio i più importanti perché i documenti raccolti e le raccomandazioni scientifiche saranno date in mano ai capi di governo. E a loro spetterà l’ultima parola. 

“La conferenza di Madrid – conclude Rockström – deve prendere atto che è urgente rivedere le quote di emissione di gas serra e che queste siano messe in atto già a partire dal 2020”. Non più tardi: non nel 2021 o nel 2022. Subito. I rischi li ripetiamo: la Terra rischierebbe di diventare inospitale per l’uomo. Alcuni fenomeni già li vediamo con i nostri occhi: aumento delle temperature, siccità, riscaldamento dei mari e innalzamento degli stessi, fenomeni meteorologici intensi, inondazioni sempre più frequenti. 

Ma la politica nicchia. Chi prova a smuovere le coscienze è sempre lei: Greta Thunberg. La giovane attivista svedese, dopo aver attraversato l’Atlantico di ritorno dagli Stati Uniti, ha tenuto una conferenza stampa – gremita di persone tanto da dover chiudere la sala – alla COP25. 

Greta ha richiamato il dovere di far sapere ai media (e quindi alle comuni persone) il motivo per cui lei, assieme a giovani di tutto il mondo, si sta impegnando affinché il problema del cambiamento climatico non passi sotto traccia: “L’emergenza climatica – ha detto Thunberg – non è un qualcosa che avrà impatto sul futuro, che potremo vedere come effetti sui bambini nati oggi e che diventeranno poi adulti. Gli effetti li vediamo già oggi”. L’attivista ha poi lasciato la parola ad altri giovani del movimento Fridays for Future, ricordando che la sua storia è ormai già nota, “ma ne esistono altre che devono essere raccontate e diffuse, provenienti soprattutto dal sud del mondo e nelle comunità indigene”. 

La politica è nelle mani della politica stessa. Se né i numerosi rapporti scientifici, né gli accorati appelli, gli scioperi delle nuove generazioni sapranno smuovere le coscienze dei decisori, allora la COP25 si infrangerà di nuovo verso un altro “ne riparliamo la prossima volta” come accaduto a Cop24. Sarebbe la COP26 in programma a Glasgow a doversi prendere carico della questione, ma potrebbe essere, nuovamente, già troppo tardi. 

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