SCIENZA E RICERCA
Cambiamento climatico: "Vietato procrastinare politiche di riduzione della CO2"
Non va bene, per niente. La situazione climatica del nostro pianeta non sta migliorando. L’ultimo, l’ennesimo, grido di allarme – a pochi giorni dall’inizio della COP25 di Madrid – arriva dalle Nazioni Unite ed è contenuto all’interno dell’Emissions Gap Report, rilasciato il 26 novembre.
“I risultati sono tristi” e poco incoraggianti, aggiungiamo noi: il rapporto, messo a punto dallo United Nations Environment Program, mette nero su bianco una situazione ancor più drammatica rispetto a quanto prospettato dall’IPCC pochi mesi fa. I Paesi del mondo hanno, al momento, fallito l’obiettivo di fermare e di invertire l’aumento di gas climalteranti nell’atmosfera. È tutto il contrario: le emissioni stanno crescendo, nonostante i ripetuti allarmi degli scienziati e nonostante la recente mobilitazione giovanile sul tema guidata dalla svedese Greta Thunberg. Non solo: i due più grandi Paesi inquinanti del mondo, Stati Uniti e Cina, nell’ultimo anno hanno visto aumentare la loro quota di emissioni di CO2 rispetto allo scorso anno. Il risultato? Secondo gli esperti delle Nazioni Unite serviranno, subito, “tagli più profondi e rapidi delle emissioni”.
Fonte: UNEP
La crescita delle emissioni
Le emissioni di gas climalteranti sono aumentate a un tasso dell’1,5% all’anno negli ultimi 10 anni, stabilizzandosi leggermente solo tra il 2014 e il 2016. Il totale delle concentrazioni ha raggiunto un picco record nel 2018, attestandosi a 55,3 GtCO2 (gigatonnes di CO2), mentre le emissioni di CO2 derivanti da fonti fossili per la produzione di energia e l’uso industriale (è la traccia che domina il totale delle emissioni stesse) sono aumentate del 2% nel 2018, raggiungendo il record di 37,5 GtCO2 per anno.
🔴 We're on perilous ground 🔴
— UN Environment Programme (@UNEP) 26 novembre 2019
We are on track for a temperature rise of over 3°C. This would bring mass extinctions & large parts of the planet would be uninhabitable.
We need to supercharge our #ClimateAction ambition NOW to close the #EmissionsGap: https://t.co/AQiWUdGdqQ pic.twitter.com/1yJrJWFqoe
Fonte: Unep
I passi necessari da seguire
Secondo il report è tassativamente necessario che le emissioni, da qui al 2030, siano più basse del 25 o del 55% per permettere al pianeta di rimanere nel percorso meno impattante e di limitare il riscaldamento globale al di sotto, rispettivamente, di 2 o di 1,5 gradi.
Nel concreto sta a significare che, per rimanere all’interno dei vincoli imposti dagli accordi di Parigi (che dovranno essere rivisti e migliorati, si spera, proprio alla COP25 di Madrid), le emissioni dovranno abbassarsi a un rateo del 7,5% all’anno tra il 2020 e il 2030. Altrimenti sarà impossibile invertire la tendenza che si sta via via consolidando. E peggiorando: secondo il rapporto UN se non si invertirà la situazione le temperature rischiano di aumentare di 3,2 gradi rispetto all’inizio dell’era industriale. Sarebbe una catastrofe: se già adesso gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire con fenomeni meteorologici estremi, le conseguenze future sarebbero ancora più impattanti per la vita umana. L’urgenza è acclarata: “Ogni governo, ogni città, ogni regione, ogni individuo o impresa – spiega Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP – devono agire ora. Abbiamo bisogno di rapidi risultati in ordine di riduzione delle emissioni già entro il 2020, non è più possibile perdere tempo e procastinare decisioni negli anni”.
Il ruolo dei Paesi sviluppati
Il rapporto invita tutti i Paesi del mondo a impegnarsi nello sforzo di ridurre le emissioni di gas serra già a partire dal 2020, ma invita i Paesi più tecnologicamente avanzati (in sostanza il gruppo del G20) a mettersi a capo di questo sforzo per evitare conseguente drammatiche sul clima. D’altra parte sono i Paesi del G20 a contribuire per il 78% alle emissioni di CO2 e solo cinque di questi stati hanno messo in campo azioni per raggiungere un obiettivo a lungo termine di zero emissioni nocive per l’atmosfera. Il rapporto non cita direttamente gli Stati Uniti, ma è ovvio, come anticipato a inizio articolo che se il governo americano proseguirà nelle intenzioni di uscire dagli accordi di Parigi questo percorso “virtuoso” subirà un durissimo colpo.
La soluzione esiste
Il rapporto lascia uno spiraglio di speranza: c’è ancora la possibilità di raggiungere l’obiettivo nel 2030 di contenere l’aumento della temperatura entro gli 1,5, gradi centigradi. Esistono le tecnologie per farlo e sta aumentando la consapevolezza globale rispetto al cambiamento climatico: “Ridurre le emissioni del 7,5% all’anno è possibile – si legge nel rapporto – ma serve la volontà politica, unita a quella del settore privato, per farlo”.