SCIENZA E RICERCA

Il coronografo Metis ha osservato per la prima volta un colpo di frusta magnetico sul Sole

Un colpo di frusta magnetico nello strato più esterno atmosfera del Sole che si propaga a grandissime distanze nello spazio interplanetario. Il satellite Solar Orbiter, lanciato nel 2020 nell’ambito di una missione frutto di una partnership tra Esa e Nasa finalizzata a ottenere indicazioni senza precedenti su come funziona la nostra stella, lo scorso 26 marzo è transitato a sole 0.32 unità astronomiche dal Sole (pari a circa un terzo della distanza Terra-Sole) e gli strumenti a bordo hanno consentito di ottenere immagini mai viste prima d'ora.

Il coronografo Metis, uno strumento ottico a guida italiana molto complesso, ha infatti osservato per la prima volta uno switchback solare: un fenomeno, legato all’inversione del campo magnetico nella corona, che era stato già rilevato in passato grazie all'uso di magnetometri, ma del quale non erano ancora mai state catturate immagini dirette.

I dati ottenuti da Metis, pubblicati sulla rivista Astrophysical Journal Letters, sono di particolare rilevanza non solo perché hanno permesso di risolvere il “mistero” della formazione degli switchback, identificandone l’origine, ma anche perché potrebbero aiutare a far luce sui processi che accelerano il vento solare e lo riscaldano a grandi distanze dal Sole.

L’indagine, coordinata da Daniele Telloni dell’Istituto nazionale di astrofisica - Osservatorio astrofisico di Torino che ha riconosciuto l’evento associandolo a uno studio sugli switchbacks proposto nel 2020 dal professor Gary Zank dell’università dell'Alabama, è frutto di un'ampia collaborazione internazionale che per l'Italia ha coinvolto scienziati dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Agenzia spaziale italiana, del Consiglio nazionale delle ricerche e delle università di Firenze, Padova e Urbino. 

Il ruolo del team padovano è stato incentrato soprattutto sull'attività di supervisione durante le fasi di realizzazione del coronografo Metis, in tutti i suoi aspetti tecnologici. Parliamo infatti di uno strumento molto complesso da un punto di vista ottico ed è il primo nel suo genere ad essere in grado di osservare la corona solare simultaneamente nella banda visibile e ultravioletta. 

Il professor Giampiero Naletto, docente del dipartimento di Fisica e astronomia dell'università di Padova, ha avuto il ruolo di experiment manager nella fase di realizzazione di Metis e ci ha spiegato più nel dettaglio le caratteristiche di questo strumento, le implicazioni della prima osservazione di uno switchback e i prossimi obiettivi della missione Solar Orbiter

Il professor Giampiero Naletto del dipartimento di Fisica e astronomia dell’università di Padova spiega il fenomeno degli switchbacks solari e le particolarità dello strumento Metis. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Cosa è uno switchback

Nell’articolo pubblicato su Astrophysical Journal Letters e intitolato Observation of a Magnetic Switchback in the Solar Corona si descrive la prima osservazione mai stata fatta di un enigmatico meccanismo responsabile delle improvvise inversioni del campo magnetico del vento solare

"C’erano evidenze scientifiche dell'esistenza di questo fenomeno ma nessuno lo aveva mai realmente fotografato. Il fenomeno si chiama switchback ed è generato dal Sole: la nostra stella emette continuamente verso l’esterno il vento solare che è un flusso di particelle energetiche cariche che dal disco si propaga in tutte le direzioni", spiega il professor Giampiero Naletto.

Ci sono però dei momenti in cui il normale movimento del vento solare risulta alterato da improvvise "frustate". "Lo switchback è una configurazione del campo magnetico in cui c’è una parte di flusso che va in una direzione e un’altra parte che invece ritorna verso il Sole", La comprensione del fenomeno è stata possibile in occasione di un passaggio ravvicinato della sonda, durante il quale è stato possibile assistere da vicino a uno di questi fenomeni. "Osservando le immagini si può vedere come la parte anteriore si propaga verso sinistra, allontanandosi dal Sole, mentre la parte verso destra rimane fondamentalmente quasi ferma, il che vuol dire che non si sta allontanando dal Sole", continua il docente del dipartimento di Fisica e astronomia dell'università di Padova e coautore dell'articolo.

Verso una possibile spiegazione dell'accelerazione del vento solare

L'importanza di questa straordinaria osservazione non si limita alla risoluzione del mistero dell'origine degli switchback ma potrebbe arrivare a spiegare anche  l'accelerazione del vento solare.

"Le implicazioni sono piuttosto importanti perché il vento solare, noto ormai da decenni, ha un punto non ancora compreso. Mi riferisco al fatto che si origina sulla superficie del Sole, dove la temperatura è di alcune migliaia di gradi, ma quando andiamo a misurare la sua energia allontanandoci un po’ e arrivando sulla corona si scopre che raggiunge temperature di milioni di gradi. La sua energia quindi aumenta e questo vuol dire che viene accelerato ma non si è ancora capito quale sia il meccanismo che acceleri il vento solare. Inizialmente si pensava che fosse un meccanismo di tipo termico ma si è visto che non è così. Adesso abbiamo compiuto il primo passo verso una possibile nuova spiegazione: questi cambi nel campo magnetico potrebbero infatti accelerare effettivamente il vento solare", approfondisce Naletto.

Come spiegato anche da Daniele Telloni dell'Inaf, primo autore dello studio, "continuando a studiare il fenomeno potremmo riuscire a far luce sui processi che accelerano il vento solare e lo riscaldano a grandi distanze dal Sole. Il passo successivo sarà, quindi, correlare le immagini degli switchback osservate da remoto con le loro misure locali". 

Proprio Telloni ha riconosciuto le caratteristiche dello switchback nelle immagini ottenute da Metis durante il primo passaggio di Solar Orbiter al perielio e ha subito  contattato il professor Gary Zank, dell’università dell’Alabama ad Huntsville, che qualche anno fa aveva pubblicato un articolo sulla formazione degli switchback.

"La prima immagine scattata da Metis che Daniele Telloni mi ha mostrato – ha raccontato Gary Zank – ha suggerito da subito una corrispondenza con il modello matematico che abbiamo sviluppato tempo fa. Ma entrambi abbiamo dovuto frenare il nostro entusiasmo fino a quando la comparazione di analisi più dettagliate prodotte dal coronografo ha confermato l’ipotesi attraverso risultati assolutamente spettacolari". 

Metis: uno straordinario strumento a guida italiana

A rendere possibile l'osservazione del fenomeno è stato il coronografo Metis, uno strumento sofisticato progettato da Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), università di Firenze, università di Padova, Cnr-Ifn, e realizzato dall’Agenzia spaziale italiana con la collaborazione dell’industria italiana. 

"Metis è uno strumento ottico piuttosto complicato: un coronografo solare che riesce a mascherare il disco consentendo così di vedere la luce della corona, la stessa che si vede durante le eclissi solari. Bisogna però tenere conto del fatto che la luce della corona è almeno un milionesimo e fino a un miliardesimo di volte più debole e per questo motivo quando oscuriamo il disco dobbiamo essere sicuri che non ci sia luce diffusa che entra nello strumento e che impedisca di vedere la corona.

Metis è inoltre il primo coronografo solare che lavora simultaneamente su porzioni diverse dello spettro elettromagnetico nel senso che riesce a ottenere immagini sia nel visibile, sia nell’ultravioletto. La combinazione di queste due immagini ci ha consentito di osservare questo switchback ed è una peculiarità assoluta di questo strumento", spiega il professor Giampiero Naletto.

"Il team padovano - aggiunge il docente - si è occupato nel dettaglio dell’attività di supervisione della realizzazione dello strumento, in tutti i suoi aspetti tecnologici. E in parte abbiamo collaborato anche alle valutazioni scientifiche. Inoltre stiamo contribuendo, insieme ai colleghi dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie, alle attività della calibrazione in volo. Lo strumento infatti è ormai lontano, nell’orbita intorno al Sole, e noi collaboriamo al monitoraggio del suo stato".

La sonda Solar Orbiter, ricorda Naletto, nel suo punto di maggiore vicinanza al Sole si porterà ad una distanza addirittura inferiore rispetto a quella di Mercurio, il pianeta più interno del sistema solare e il più vicino al Sole. "Questo significa che sulla superficie frontale del satellite si raggiungono temperature superiori ai 500 gradi centigradi. Per evitare che gli strumenti si fondano, il satellite ha davanti uno schermo protettivo di 40 centimetri che blocca una parte di radiazione termica. Nonostante questo gli strumenti lavorano a temperature che si aggirano sui 60 gradi e l’ambiente quindi è caldo".

I flyby con Venere per ottenere una migliore visione dei poli solari

Ma la sonda Solar Orbiter si spingerà ancora oltre, servendosi della collaborazione di Venere. "Sebbene il satellite sia partito orbitando nel piano dell’eclittica, e dunque con lo stesso punto di vista della Terra rispetto al Sole, grazie ai gravity assist offerti dai flyby con Venere potrà inclinare sempre più la sua orbita e si porterà fino a 38 gradi, consentendoci così di vedere per la prima volta i poli del Sole. Finora nessuno li ha mai visti. Questo satellite sarà il primo che ci permetterà di osservare cosa accade esattamente in quella regione del Sole e questo ci permetterà nei prossimi anni di capire meglio anche il comportamento del vento solare perché da lì parte il vento solare più veloce", spiega il professor Naletto. 

L'orbita della sonda Solar Orbiter e il ruolo dei flyby di Venere, tappe cruciali che permetteranno alla sonda di ottenere una migliore visione dei poli solari

"Ho iniziato a lavorare a questo satellite nel 1998, il lancio è stato nel 2020. 22 anni prima di vederlo partire. Adesso sta portando le prime immagini. La missione durerà però ancora molti anni e ci auguriamo che soprattutto con le immagini dai poli si potrà avere un ritorno scientifico decisamente interessante e innovativo e che i decenni di attività su questo oggetto possano effettivamente essere un grande risultato scientifico per tutta la comunità e per le future generazioni di scienziati", conclude Naletto.

Quello del 26 marzo è stato il primo di una serie di passaggi ravvicinati nei quali Solar Orbiter osserverà simultaneamente diversi strati dell’atmosfera solare, fornendo importanti informazioni utili alla comprensione dei fenomeni solari che governano l’eliosfera e la meteorologia spaziale. Il prossimo passaggio ravvicinato è previsto per il 13 ottobre 2022.

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