SOCIETÀ
Le donne in CdA: in Italia raggiunto un buon risultato ma il futuro è incerto
Ancora tre anni e poi la legge 120 del 2011, dedicata alle quote rosa ai vertici delle aziende, scadrà: le società coinvolte rispetteranno l'impegno preso anche senza una legge vincolante oppure ci sarà una retrocessione? Dall'agosto 2012, infatti, le società quotate in borsa e quelle controllate pubbliche sono obbligate a destinare almeno un terzo dei posti nei consigli di amministrazione e di controllo a persone appartenenti al genere meno rappresentato (nella maggior parte dei casi si tratta di quello femminile).
La norma, voluta dalle onorevoli Lella Golfo e Alessia Mosca, ha l'obiettivo di aumentare le quote rosa ai vertici d'azienda, incentivando così una buona pratica da esportare anche ad altre realtà economiche e imprenditoriali. Tenendo conto di questo obiettivo a lungo termine, la legge ha una validità temporale di 10 anni, si auspica che nel 2023 non ci sarà più bisogno di un obbligo normativo per portare avanti questa cultura.
Fonte: ministero per le Pari Opportunità - Quote di genere
Molti sono i dubbi in merito a ciò che le società potrebbero fare (o non fare) alla cessazione della legge. La deputata Cristina Rossello ha richiesto una proroga per altri tre mandati societari, per non disperdere i risultati raggiunti in questi anni. Secondo il gruppo di studio dell'Aidaf, associazione che unisce le donne che siedono nei CdA delle società quotate in borsa, ci sono tre possibili soluzioni: la prima è di realizzare un codice di autodisciplina per le aziende; la seconda di adeguare le clausole statutarie alla cultura di genere e la terza di prorogare le legge per altri tre mandati.
La sensazione comune è che, togliendo l'obbligo normativo, le aziende possano fare un passo indietro. Secondo l'analisi della Consob, per ottenere un effettivo cambiamento di rotta sulla parità di genere, c'è bisogno di una “massa critica” più consistente per avere degli effetti significati nell'ambito economico: l'entrata in vigore della legge Golfo-Mosca ha aumentato solo del 17% la presenza delle donne nei CdA e negli organi di controllo.
Questo dato dimostra che c'è ancora bisogno di un sostegno, sia dal punto di vista normativo che culturale, per raggiungere la parità di genere. La Consob non ha solo monitorato le società quotate in borsa ma si è anche occupata di prendersi carico delle inadempienze, attraverso delle diffide e delle sanzioni. Nella maggior parte dei casi, le società si sono adeguate alla normativa entro il primo termine ma rimane comunque considerevole la percentuale di aziende che non hanno applicato la legge Golfo-Mosca.
Per quanto riguarda le società quotate in borsa, alla scadenza del primo termine la Consob procede a inviare una diffida, dando un ulteriore lasso di tempo di 4 mesi per l'applicazione della legge; dopo questo periodo, se la società non si è ancora messa in regola, è prevista una sanzione pecuniaria amministrativa (da 100 mila fino a un milione di euro) con l'aggiunta di altri 3 mesi di tempo. L'ultimo atto della Consob in caso di procrastinata inadempienza è la decadenza di tutti i membri del CdA.
Gli effetti positivi delle donne nei CdA delle società
Numerosi studi, compiuti per la maggior parte negli ultimi dieci anni, hanno analizzato sotto più punti di vista la presenza delle donne nei consigli di amministrazione e di controllo. Nell'analisi Where Women Make the Difference, nata dalla collaborazione tra le università Bicocca e di Bergamo, si è notato che le leggi ad hoc favoriscono un incremento decisivo di donne in CdA ma gli effetti di questo cambiamento sono eterogenei, influenzati dalle differenze sociali, economiche, culturali e istituzionali di ogni paese.
Il dato più interessante, tuttavia, è il fatto che l'efficenza e la produttività di un consiglio, in cui è presente una donna, viene percepita migliore in paesi con una forte disuguaglianza di genere: nel saggio Women on Corporate board: good or bad? viene evidenziato come le donne che raggiungono posizioni alte nelle loro aziende in un contesto difficile hanno una preparazione e delle abilità eccellenti. Lo studio appena citato, tuttavia, prende in considerazioni le donne che sono elette volontariamente e non in base a una legge all'interno del consiglio di una società.
Ovviamente, donne e uomini sono diversi anche dal punto di vista caratteriale nella gestione di una società: le prime tendono a essere meno conformiste rispetto ai secondi, più tradizionalisti. Il rischio è uno dei punti in cui si percepisce un distacco netto in quanto gli uomini hanno la tendenza a “buttarsi” mentre le donne preferiscono riflettere qualche istante in più.
Alla scadenza della legge Golfo-Mosca, il futuro delle quote rosa nelle società potrebbe essere a rischio ma le misure da adottare non devono essere per forza negative: nell'articolo "La rivoluzione incompiuta delle donne ai vertici aziendali", pubblicato ne «Il sole 24 ore», si ipotizzano dei vantaggi pubblici per le società virtuose che includano politiche di genere, a partire dalle assunzioni.
Premiare invece che punire potrebbe essere la strada giusta per includere non solo le grandi società ma anche le piccole imprese nella sfida alla parità di genere.