La Ferrante fever colpisce ancora. L’attesa è finita: dopo 5 anni dalla pubblicazione del quarto e ultimo “capitolo” della quadrilogia de L’amica geniale (E/O), la scrittrice osannata anche negli USA torna in libreria con il suo nuovo romanzo, La vita bugiarda degli adulti, pubblicato sempre per la sua ormai storica casa editrice.
E i suoi estimatori non ne resteranno delusi. Lei è ancora lei. Si ritrovano sulla pagina la stessa lingua, le stesse tematiche, lo stesso modo di narrare che hanno decretato il successo della quadrilogia. Diversamente c’era stata una cesura abbastanza netta tra quest’ultima e i lavori precedenti (Amore molesto, I giorni dell’abbandono, La figlia oscura), e poiché non è fatto mistero che quello di Elena Ferrante è uno pseudonimo, senz’altro c’era da chiedersi cosa, e soprattutto chi, avremmo trovato tra le nuove pagine.
E in questo ultimo romanzo, che pare decisamente il “primo capitolo” di una nuova serie, visto che il finale non chiude ma lascia intuire che la storia sia ancora tutta da scrivere, troviamo tutto quello che già avevamo trovato ne L’amica geniale e che gli affezionati alla serialità probabilmente si auguravano di riabbracciare:
1. Napoli. Meno protagonista che nei precedenti, è però sempre ben presente, con i suoi spazi, i suoi odori, la sua parlata, il suo fascino e le sue debolezze: la vicenda si svolge solo di striscio nel Rione e i personaggi ci portano in giro per la città “di sopra” (si incontrano davanti al Gambrinus in Piazza del Plebiscito, per esempio).
2. Il Bildungsroman. La protagonista, Giovanna, è una adolescente alle prese con l’autodeterminazione e l’affrancamento dalla famiglia, e in lei non possiamo fare a meno di sentire l’eco di Lenù, una delle due protagoniste bambine e adolescenti (almeno nel primo volume) de L’amica geniale e voce narrante della vicenda. Come Lenù (Elena), Giannì (così la “cattiva” zia Vittoria ha battezzato Giovanna) è insicura e alla spasmodica ricerca di cosa sia giusto e cosa non lo sia. Sente dentro di sé la confusione che fa da specchio al terremoto che sconvolge la sua vita familiare; così, come la prima, anche la seconda trova ristoro nei libri e comincia ad intuire che forse una possibile fuga passa di là. Anche perché così ha fatto Roberto, napoletano “emigrato” a Milano per insegnare all’università, promesso sposo di un’amica, personaggio che ricorda in qualche modo quello che ne L’amica geniale era divenuto il marito di Elena, docente alla Scuola Normale. Poco ci viene raccontato (per ora) del potenziale amore di Giannì per Roberto, che è l’uomo di un’altra, ma questo (possibile) triangolo richiamerebbe alla mente quello della quadrilogia tra Lenù, Lila (la sua amica del cuore) e Nino…
3. Il fascino oscuro del femminile. Se nei precedenti romanzi l’incarnava Lila, ragazza (e poi donna) perduta di una bellezza poco convenzionale ma magnetica, qui la Circe ingannatrice (un po’ invecchiata e inacidita) è la zia Vittoria (“di una bellezza così insopportabile che considerarla brutta diventava una necessità”) e come lì anche qui dai suoi umori, dalle sue bizze, dal suo modo istintivo di affrontare la vita scaturiscono gli eventi, che a domino si ripercuotono sulla vita di tutti.
4. L’amicizia e l’amore. L’amica geniale, come suggerisce il titolo, è quasi una dissertazione fatta romanzo sull’amicizia (specialmente quella femminile), invece ne La vita bugiarda degli adulti il tema c’è ma non è quello attorno al quale s’impernia la storia. Giovanna ha due carissime amiche, Angela e Ida, che in qualche misura le saranno sorelle, ma a farla da padrone in questo libro sono le relazioni difficili, e non tanto tra gli adolescenti, ma soprattutto tra gli adulti, la cui complessità interiore però non è sempre approfondita come il lettore esigente vorrebbe. Andrea a parte: il padre di Giovanna è un uomo bifronte capace di inquietare persino la figlia e di sedurre chiunque gli capiti a tiro, ed è forse uno dei personaggi meglio riusciti del romanzo.
5. L’oggetto simbolico. Lì una bambola, qui un braccialetto, che, quasi fosse lo strumento con cui si compie un maleficio, è capace d’ingenerare conflitti e traghetta il lettore avanti nella storia. Passa di mano in mano, si scopre per caso al braccio di chi non l’avrebbe dovuto avere, viene dimenticato accidentalmente e così spariglia le carte. Un feticcio che, se davvero ci sarà un seguito (ed è così verosimile, anche solo per ragioni commerciali), è sensato pensare di ritrovarlo…
6. Turning page. Ancora una volta l’autrice riesce a scrivere un libro che non lascia al lettore la libertà di posarlo e smettere di leggere. Complice una scrittura che si mette a servizio della trama ma resta regina, Ferrante indovina quel giusto equilibrio tra letterarietà e intrattenimento che cattura i lettori trasversalmente. C’è da aspettarsi che anche questo romanzo (e i successivi) diventino best seller, di nuovo.
7. Starnone. C’è chi dice che dietro al nome di Elena Ferrante ci siano quelli dei coniugi Starnone-Raja, lui romanziere, lei traduttrice (proprio per E/O, l’editore di Ferrante). L’ipotesi sarebbe suffragata da evidenze bancarie e da studi universitari di tipo linguistico e, nel caso de La vita bugiarda degli adulti, si sente una non troppo celata affinità di tematiche proprio con Lacci, romanzo dello scrittore napoletano uscito nel 2014, in cui si racconta di un matrimonio agli sgoccioli, del crescere dell’estraneità tra i coniugi, di quel meccanismo cioè (che coinvolge inevitabilmente anche i figli) che porta al collasso una famiglia e che nell’ultimo libro di Ferrante è ben esemplificato dalle vicende dei genitori di Giovanna.
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Perché, se c’è invece un elemento di novità nell’ultimo lavoro di Elena Ferrante, è proprio il tema che ne pervade le pagine, ossia la disamina di cosa sia l’inganno, di come questo si manifesti silenziosamente all’interno di una coppia, e come agisca, pur nella buonafede di chi lo mette in pratica. Carnefici e vittime sono a malapena distinguibili, cosa che nella vita reale, così come nei migliori romanzi, accade quasi sempre. È come se una forza esterna, magnetica, impedisse “agli adulti” di agire diversamente, o anche, molto banalmente, di dire. E nella menzogna, che diviene corale, è più facile perdersi, anche per chi non ne è direttamente coinvolto. E all’inganno, alla bugia, a quello che, in modo più polite, chiamiamo compromesso o buonsenso, finiamo per arrivarci tutti, crescendo.
Verso la fine Giovanna dice: “Fu l’ultima tappa della lunga crisi di casa mia e, insieme, un momento importante della faticosa approssimazione al mondo adulto. Seppi – proprio nello stesso momento in cui presi la decisione di mostrarmi cordiale […] – che era impossibile fermare la crescita. […] Ero stata ingannata in tutto, nemmeno i capelli erano belli […] Quanto alla faccia, sì, non aveva nessuna armonia […] ma l’errore era stato farne una tragedia. Bastava guardare anche solo per un attimo chi aveva il privilegio di una bella faccia fine e si scopriva che nascondeva inferni non diversi da quelli espressi da facce brutte e grezze”.
Non resta davvero che vedere cosa succederà a Giannì, crescendo. Se Elena Ferrante, o chi per lei, avrà voglia di raccontarcelo.
“ Bastava guardare anche solo per un attimo chi aveva il privilegio di una bella faccia fine e si scopriva che nascondeva inferni non diversi da quelli espressi da facce brutte e grezze Elena Ferrante