SOCIETÀ

“Fratelli tutti”: le certezze e i dubbi di papa Francesco

Lettere circolari – questo significa encicliche – che in origine erano indirizzate a vescovi e comunità cristiane. Una volta venivano copiate a mano o stampate; oggi c’è la potenza di internet ma il senso è più o meno lo stesso: chiarire e fissare uno o più punti della dottrina della Chiesa, il cosiddetto magistero ordinario (per quello straordinario, ad esempio necessario per stabilire un nuovo dogma, è necessario un concilio ecumenico o una pronuncia ex cathedra del pontefice).

Così anche papa Francesco lo scorso 3 ottobre ha firmato ad Assisi la sua terza enciclica, la seconda concepita interamente da lui: la Lumen Fidei infatti, pubblicata poco dopo la sua salita al soglio, era già stata impostata dal predecessore. Fratelli tutti segue la precedente dopo una gestazione di cinque anni: mentre però la Laudato si’ si occupava soprattutto della salvaguardia del creato, il nuovo documento definisce l’insegnamento di Francesco sulla fratellanza universale, con le conseguenze che questo comporta a tutti i livelli, compreso quello sociale e politico. Un testo che fin da subito ha fatto discutere: c’è chi ha parlato di ‘scomunica’ del sovranismo ma anche del neoliberismo, e chi invece è rimasto colpito da altri passaggi, come quelli in cui viene messa in discussione la comunicazione sui social.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio; montaggio di Elisa Speronello

L’importanza del dialogo interreligioso

Quali sono il senso e la portata della Fratelli tutti? È lo stesso papa a definirla al sesto paragrafo un’enciclica sociale, che piuttosto che definire fede e morale mira ad affrontare da un punto di vista cristiano le questioni oggi in primo piano, in primis povertà e migrazioni. “Il documento ricapitola, anche se non in maniera sistematica, il pensiero di papa Francesco: un compendio che cementa e solidifica molti suoi pronunciamenti su una crisi globale che è ambientale, economica, sociale, spirituale e anche psicologica – spiega lo storico Massimo Faggioli, docente presso il dipartimento di teologia e studi religiosi della Villanova University di Philadelphia –. Dall’altro lato Fratelli tutti unisce il focus iniziale del pontificato, incentrato sulla Chiesa nel mondo globale che attraversa la crisi, a un discorso di fratellanza universale tra le religioni, con un riferimento specifico all’Islam”.

In questo senso per lo studioso il testo rappresenta il passo successivo rispetto alla dichiarazione di Abu Dhabi, firmata il 4 febbraio 2019 assieme al grande imam di al-Ahzar, una delle massime autorità morali dell’Islam sunnita, proprio sul tema della ‘fratellanza universale’. Da subito infatti lo spazio dato nell’enciclica al grande imam Al-Tayyeb, che a sua volta non ha nascosto il suo apprezzamento, è stato uno degli elementi che hanno catalizzato maggiormente l’attenzione, nel bene e nel male: “Viene citato cinque volte, molto più di altri pensatori cristiani – continua Faggioli nella sua intervista a Il Bo Live –. Si tratta dunque di un documento che ha un riferimento multireligioso e interreligioso e in questo il grande imam è un interlocutore privilegiato, non solo dell’enciclica ma del pontificato intero, così come il patriarca ecumenico Bartolomeo II lo era stato con Laudato si’. Una triade che in un certo senso manca di un interlocutore di rilievo istituzionale da parte ebraica, e anche questo è interessante”.

'Fratelli tutti' da una parte ricapitola il pensiero di papa Francesco, dall'altra parla di fratellanza universale tra le religioni, con un riferimento specifico all’Islam Massimo Faggioli

Nel testo ci sono poi i duri giudizi sui populismi, che ‘usano demagogicamente per i loro fini il disprezzo per i deboli’, ma anche per il liberismo ‘al servizio degli interessi economici dei potenti’ (paragrafo 155). Non si tratta comunque di novità assolute: “Molte cose non sono nuove ma sono in qualche modo aggiornate – continua lo storico –. Ad esempio il tentativo della Chiesa Cattolica di ritagliarsi uno spazio alternativo rispetto sia alle ideologie nazionalistiche, sia a un certo cosmopolitismo neoliberale è un tema che c'è già negli anni ’20-’30: oggi però ha un valore diverso perché la Chiesa parla a un mondo in cui la globalizzazione è in crisi conclamata. Su alcune questioni inoltre il papa spinge verso un'evoluzione: ad esempio sul bando della pena morte, sul razzismo e sulla necessità di ripensare la dottrina della guerra giusta, con una condanna non solo all'uso ma anche al possesso delle armi nucleari. Temi che cominciano già con il Concilio Vaticano II, ma sono ripresi e riaffermati da papa Francesco perché oggi anche la Chiesa è diventata più globale, quindi meno preoccupata di corrispondere a una tradizione di linguaggio europeo e occidentale”.

Un ripensamento del ruolo dell’Occidente che, secondo Faggioli, “trova un interlocutore polemico privilegiato – non solo sul versante politico ma anche su quello ecclesiale – negli Stati Uniti, che negli ultimi anni sono diventati, soprattutto dopo la Laudato si’ e con l’arrivo di Donald Trump alla Casa bianca, il simbolo di una globalizzazione a guida occidentale che pare essere sulla via dell'autodistruzione”.

L’invito a impegnarsi nella società

Dunque Fratelli tutti, pur partendo da una prospettiva religiosa – il secondo capitolo è interamente dedicato all’analisi e all’interpretazione della parabola evangelica del buon samaritano – non evita di riflettere sulla politica e sulla società. “Parlare di migliore politica (il titolo del quinto capitolo, ndr) è senza dubbio un elemento di grossa di novità – spiega a Il Bo Live l’economista Stefano Zamagni –. Per troppo tempo i credenti sono stati a guardare alla finestra, lasciando che i meccanismi della finanza, dell’economia e delle istituzioni venissero espressi nelle forme che sappiamo. Qui il papa dà una tirata di orecchi ai cattolici, che non possono dichiararsi tali solo perché vanno a messa ma devono tradurre in atto i principi cui hanno liberamente aderito”.

Zamagni ha avuto e ha un’influenza importante sulle posizioni odierne della Chiesa cattolica, non solo perché presiede la Pontificia accademia delle scienze sociali ma anche perché proprio su questi temi ha attivamente collaborato con gli ultimi due pontefici. “Il papa nell’enciclica parla soprattutto di fraternità, solo occasionalmente di fratellanza – cerca innanzitutto di chiarire –. I due concetti sono profondamente diversi: fratellanza nasce e si diffonde con l’illuminismo e viene dal basso, dalla comune appartenenza alla specie umana, mentre la fraternità in senso cristiano viene dall’alto, dal riconoscimento della paternità di Dio. Allo stesso modo l’enciclica distingue la vicinanza dalla prossimità, la quale fa riferimento alla fraternità. C’è un errore diffusissimo – ad esempio in Veneto, che conosco bene – di considerare prossimo solo chi è vicino fisicamente, magari nello stesso quartiere. Il papa invece vuole dirci che dobbiamo uscire da questo schema e considerare prossimo anche l’immigrato, o magari il povero che resta in Africa”.

Il cuore ‘politico’ dell’enciclica è soprattutto nel quinto e nel sesto capitolo: “Qui Francesco dimostra di capire quello che molti intellettuali e professori non comprendono – prosegue Zamagni –. I problemi che lamentiamo derivano da regole del gioco sbagliate, così come sono sbagliate le istituzioni economiche, finanziarie e politiche. Solo la politica può correggere questi mali: ad esempio chiudendo i paradisi fiscali e cambiando le regole del Fondo monetario internazionale e dell’Organizzazione Mondiale del commercio, che finora hanno operato soprattutto nell’interesse dei Paesi ricchi. Ecco allora perché il papa dice a tutti, non solo ai credenti, di entrare in politica e di trasformarla”.

Francesco dimostra di capire quello che molti intellettuali e professori non comprendono: i problemi derivano da regole del gioco sbagliate, e solo la politica può cambiarle Stefano Zamagni

C’è un modello economico o sociale che il papa predilige, una sorta di ricetta? “L’enciclica non lo dice espressamente ma il pensiero va soprattutto alle forme tipiche dell’economia civile di mercato, su cui purtroppo soprattutto in Italia c’è molta ignoranza. Mi spiego: l’economia di mercato non ha alternative ma non è un unicum, ce ne sono almeno tre versioni: oltre a quella neoliberista e a quella neostatalista, entrambe rifiutate dal papa, c’è anche l’economia civile, che poggia non solo su Stato e mercato ma anche sulla comunità, a cominciare dal terzo settore e dall’associazionismo”.

Sull’annoso problema della presenza in politica dei cattolici, orfani in Italia non solo da più di un quarto di secolo della Democrazia Cristiana ma anche di una leadership forte (ancorché discussa) come quella del cardinale Camillo Ruini, l’enciclica non si pronuncia espressamente. Una cosa però è certa: papa Francesco chiama tutti, non solo i credenti, a un nuovo impegno sociale e politico. Un invito che lo stesso Zamagni ha cercato di raccogliere con una nuova formazione presentata in questi giorni: “Lo scriva, gli intellettuali e gli accademici devono smettere di stare alla finestra e riscoprire il servizio della società e del bene comune, andando al di là di interessi e timori e secondo quello che è il ruolo storico elle università”.

I punti deboli e le questioni in sospeso

Come detto, l’enciclica sta suscitando apprezzamenti ma anche diverse critiche, e non solo dalla parte più conservatrice della Chiesa. Per Massimo Faggioli “questo documento afferma alcuni punti forti, ma anche diversi punti deboli di questo pontificato, che specialmente nell'ultimo anno ha mostrato una certa riluttanza a procedere ad alcune riforme interne. In questo immagino che Francesco senta di non avere la forza e il consenso necessari, ma ci sono anche limiti culturali e teologici: ad esempio il fatto che nelle 288 note della Fratelli tutti non sia mai citata neanche una donna. Nemmeno Santa Chiara o Santa Francesca Cabrini”.

Un punto di svolta nel pontificato è ravvisato da alcuni nell’esortazione Querida Amazzonia, che non ha recepito alcuni punti votati a larga maggioranza dai vescovi che hanno partecipato al sinodo precedente. Su temi di capitale importanza come l’ordinazione di preti sposati e l’accesso delle donne agli ordini parte dell’ala più progressista della Chiesa cattolica non ha nascosto la sua delusione, e lo stesso Faggioli ha recentemente scritto di un “serio rischio che Papa Francesco perda il supporto dei suoi sostenitori”.

Papa Francesco firma l'enciclica "Fratelli tutti" il 3 ottobre 2020 ad Assisi

“Questa enciclica spinge molto sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo, offre un immaginario globale sulle questioni sociali ed economiche, ma allo stesso tempo non offre un immaginario ecclesiale – continua lo storico –. È indicativo ad esempio che non si parli di sinodalità, di clericalismo e nemmeno della questione degli abusi sessuali: tutte questioni che hanno un effetto immediato sulle fraternità nella Chiesa e sulla sua capacità di parlarne all'esterno”. Il documento insomma si concentrerebbe soprattutto sul mondo invece che sulla Chiesa, lasciando in sospeso diverse questioni urgenti: “Bisogna riconoscere che papa Francesco ha lasciato libertà totale di discutere anche su temi che una volta avrebbero potuto costare il posto non solo a teologi, ma anche a vescovi e sacerdoti. Questo però è quanto. Credo che ad esempio la questione del ruolo della donna sia veramente decisiva per futuro di chiese come quella tedesca e quella australiana, e in un certo senso anche di quella statunitense, ma per il momento non ci sono risposte”.

Le riforme insomma sarebbero al palo per mancanza di convinzione o per scongiurare il pericolo di una divisione. “Per il momento il rischio di uno scisma formale è alle spalle – conclude Faggioli –. I rischi più evidenti ci sono stati nel 2018 con il caso Viganò ma il tentativo di assalto al pontificato è fallito, sia sul versante ecclesiale che su quello politico con Steve Bannon. L'unità però rischia di essere conservata a costo della sopravvivenza e alla vitalità della Chiesa in certi contesti. Questo a mio avviso è il vero dramma per un pontificato che si è trovato di fronte a scosse e a minacce di divisione molto più reali di quanto mai accaduto in tempi recenti”.

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