Otto. Esattamente otto. È tanto o poco, otto? Beh, dipende. C’è un famoso sito internet che ti dice che otto corrisponde a “uno ogni 490 tigri al mondo” o “uno ogni trentun grattacieli di New York” e che comunque è “meno del numero dei racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer”.
Il che può essere utile a un giornalista che stia cercando un attacco brillante per il suo ultimo articolo, ma può essere divertente per tutti. E alla lunga, forse, istruttivo. L’idea di chi ha sviluppato quel sito internet è infatti di promuovere l’alfabetismo numerico, cioè di rendere a tutti più comprensibili i numeri e il loro significato. Adesso quel sito internet diventa un libro e si pone un obiettivo importante: aiutarci a diventare cittadini responsabili e consapevoli.
Forse troppo importante, ma se restiamo nei confini dell’alfabetismo numerico, e abbiamo voglia di divertirci esercitando le nostre capacità di afferrare al volo i significati di calcoli e misure, il libro può dare diverse soddisfazioni. Si intitola È grande questo numero?, lo ha scritto lo statistico Andrew C.A. Elliott ed è tradotto in italiano da Valeria Lucia Gili per Raffaello Cortina Editore, e il sito internet (dall’aspetto un po’ antico e graficamente meno efficace) è www.isthatabignumber.com.
I numeri, spiega Elliott, contano. Contano talmente tanto che sono diventati importanti nella nostra storia quando è nata la civiltà e abbiamo cominciato a commerciare, recintare, viaggiare, scambiare. Con l’aumentare della complessità delle nostre società, però, è cresciuta anche la complessità dei numeri che le sostengono, e alla fine questa è diventata tanta e tale da richiedere specialisti: matematici, statistici, misuratori. Così oggi anche i più svegli di noi possono non avere dimestichezza coi numeri e possono così non essere in grado di prendere decisioni consapevoli in autonomia. C’è anche una ragione, diciamo, strutturale della nostra psicologia. Da bambini abbiamo una capacità innata di riconoscere piccole quantità sotto il quattro: sappiamo bene la differenza tra due biscotti e tre biscotti anche prima di cominciare a sapere dire “biscotto”. Si chiama “subitizzazione” e nel tempo si arricchisce della capacità di riconoscere pattern evidenti e pian piano ovviamente si indirizza con l’istruzione e tutto quanto. Così crescendo diventiamo man mano in grado di maneggiare numeri sempre più grandi. Ma non grandissimi: tra i cento e i mille infatti entriamo quasi tutti nelle nebbie dei generici “grandi numeri” e perdiamo la capacità di afferrare al volo di che cosa si stia parlando.
Diventa a questo punto necessario imparare a fare confronti: per qualcuno sono soprattutto immagini mentali, per altri numeri di riferimento da imparare a memoria, si possono fare raggruppamenti, c’è anche chi conta “cantando” cioè affidandosi al suono che hanno le parole. E questo vale più o meno per tutti, prova ne sia che anche i nostri vocabolari si fermano a mille (poi non ci sono parole specifiche per “diecimila”, ma diciamo appunto “dieci” e “mille”) e anche molti sistemi numerici si fermano lì: i numeri romani finiscono a M, poi c’è una notazione per i multipli di mille, e il sistema metrico usa parole fino a mille (mille metri) e milli- (millimetri), poi si salta di mille in mille (chilo, mega e giga, e sotto: milli, micro e nano).
Confronti e ragionamenti, ma come si fa? Il libro è sostanzialmente questo: una guida agli ambiti in cui si usano i numeri e un elenco di punti di riferimento. Tra i tanti utili, ce ne sono di del tutto inutili, ma anche riconoscere quelli inutili è un esercizio. Nella British Library ci sono mille libri per ogni orso polare vivente sulla Terra e un aereo a elica può raggiungere un’altezza pari a cinque volte il Kilimangiaro. Così per dire. Ci sono indicazioni su come misurare lo spazio e il tempo. E spiegazioni del perché sia a volte così difficile: il tempo per esempio lo misuriamo sulla base di misure esterne, non arbitrarie, e variabili, come durata del giorno e durata dell’anno, che non sono nemmeno proporzionali l’una con l’altra. E insieme con una serie di misure arbitrarie, nemmeno tanto comode perché in base sessanta (la Rivoluzione Francese aveva provato a decimalizzarle ma non c’è riuscita) e fissate da una lunga storia che è stata un susseguirsi di attribuzioni, nomi, rimisurazioni, approssimazioni, calendari…
Poi istruzioni e consigli su come imparare a misurare i volumi o le superfici di Terra e gli stati e gli elementi della geografia, i pesi, le velocità, l’energia… ma anche l’informazione, che si può misurare in parole (Guerra e Pace ne contiene mezzo milione), o in bit o in fotogrammi. E quando si ha a che fare coi soldi, e allora numeri apparentemente piccoli come tassi di inflazione possono smuovere intere economie.
Dopo un po’ il rischio è quello dell’elenco di curiosità: un canguro salta a distanza maggiore della lunghezza di un autobus inglese, un mattone pesa come cinquemila penne Bic, al mondo ci sono il doppio di sportelli bancomat rispetto alle alci. E va benissimo per chi ha voglia di curiosità, ma forse può essere utile anche a chi deve insegnare la matematica ed è in cerca di esempi divertenti o a chi vuole capirla in una maniera diversa dal solito. Io per esempio cercherò di infilarmi una volta per tutte nella zucca la seguente sequenza: l’equatore è lungo 40 000 km, la Luna dista dalla Terra circa 400 000 km, il Sole dista 400 volte di più e ha un diametro 400 volte maggiore. Chissà se sarò in grado di ripeterlo domani.