SCIENZA E RICERCA

Microfibre tessili naturali negli oceani del mondo

Nelle acque del Mediterraneo e dell'Antartide galleggiano enormi quantità di fibre tessili naturali. "I risultati del nostro studio concordano con altre ricerche nel dimostrare la maggior presenza in ambiente marino di fibre a base di cellulosa e indicano che studi precedenti potrebbero aver sovrastimato l’abbondanza delle fibre sintetiche", spiega Giuseppe Suaria, ricercatore del Cnr-Ismar e coordinatore, insieme al professor Peter Ryan dell’Università di Cape Town, dello studio internazionale pubblicato recentemente su Science Advances: Microfibers in oceanic surface waters: A global characterization. 

Il mare è pieno di lana, cotone e lino, fibre biodegradabili, certo, ma di cui ancora non si conoscono i tempi di degradazione. Ed è questo il punto: "Queste fibre sono ovunque, sono arrivate in zone remote del mondo, e ancora non si sa precisamente come abbiano fatto ad arrivare così lontano. E nonostante siano fibre naturali non si stanno degradando", e questo preoccupa. I motivi sono ancora sconosciuti. "Attraverso una serie di esperimenti stiamo cercando di capire qualcosa di più proprio sui tempi di degradazione". Esperimenti, questi, che possono essere già eseguiti, in attesa di tornare a lavorare sul campo, dopo lo stop forzato, determinato dal coronavirus. "Avevamo molte spedizioni in programma - racconta Suaria - ma abbiamo dovuto cancellarle e riorganizzare il complesso apparato logistico per il 2021 o addirittura 2022. Dovevamo andare in Artico, spingerci fino al Polo Nord, ma la pandemia ha bloccato tutto".

Suaria ha raccontato a Il Bo Live le fasi di raccolta e analisi, condividendo i risultati ottenuti dal suo team di ricercatori italiani, sudafricani e australiani.

Sono stati analizzati 916 campioni di acqua di mare durante 5 spedizioni internazionali condotte in 617 località tra gennaio e novembre 2017. Sono state raccolte 23.593 fibre in 6 bacini oceanici differenti, ne sono state analizzate circa 2000 con un microscopio a infrarossi (µFTIR) per poterne identificare la composizione polimerica: il 79,5% a base di cellulosa, principalmente cotone, il 12,3% a base animale, principalmente lana, e l'8,2% sintetico, principalmente poliestere. Le concentrazioni variano da una regione all'altra: da 0,02 a 25,8 fibre per litro. I numeri più alti sono stati rilevati in Mediterraneo (mentre l'Oceano Atlantico del Nord ha mostrato concentrazioni inferiori rispetto a tutti gli altri bacini) e alte concentrazioni sono state rinvenute anche in Antartide, durante una spedizione internazionale di circumnavigazione organizzata dall’Istituto polare svizzero. 

Le fibre naturali e sintetiche sono utilizzate principalmente nella produzione di abbigliamento ed entrano in ambiente quando gli indumenti si logorano o attraverso le acque di scarico delle lavatrici. “Le fibre tessili vengono spesso incluse nelle valutazioni dell'abbondanza di microplastiche in ambiente e sono state rinvenute ovunque - precisa Suaria - nelle profondità oceaniche, nello stomaco dei pesci, negli alimenti e nelle bevande e addirittura nei polmoni umani. Gli studi hanno però raramente dimostrato che percentuali significative di queste fibre ritrovate nei campioni siano effettivamente sintetiche”.

Lo studio spiega come la produzione globale di fibre, sintetiche e naturali, sia più che raddoppiata negli ultimi 20 anni, raggiungendo 107 milioni di tonnellate prodotte nel 2018. "In gran parte trainati dalla produzione di poliestere - si legge su Science Advances -, i polimeri sintetici hanno dominato il mercato tessile dalla metà degli anni Novanta, quando hanno superato il cotone come tipo di fibra dominante. Le fibre sintetiche rappresentano ora quasi i due terzi della produzione globale di fibre e il 14,5% della produzione di plastica. Con una quota di mercato del 24% e una crescita del 15% dal 2017 al 2018, il cotone è la seconda fibra più importante, seguito dalla cellulosa artificiale (per esempio viscosa/rayon), che rappresentano il 6,2% della produzione globale di fibre. Altre fibre di origine vegetale, come iuta, lino e canapa, rappresentano insieme il 5,7% del mercato globale, mentre le fibre animali (lana e seta) rappresentano poco più dell'1% della produzione annuale. [...] La dispersione di materiali in tessuto, l'usura e l'aumento dei consumi hanno portato all'accumulo di queste fibre nell'ambiente naturale. Un gran numero di fibre entra nell'ambiente attraverso le acque reflue, la deposizione aerea o fanghi contaminati su terreni agricoli. Di conseguenza, le fibre sono ora il tipo più diffuso di particelle antropogeniche rilevate dalle indagini sull'inquinamento da microplastica in tutto il mondo [...] Data la loro abbondanza, non sorprende che siano state rilevate negli alimenti, nell'acqua potabile e nei polmoni umani, nonché nei tratti digestivi di molti organismi acquatici e terrestri".

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