Cultura
Il Mussolini di Scurati, tra storia e fiction
Ha vinto lo Strega, il più prestigioso premio letterario italiano, è piaciuto molto ma è stato anche molto criticato. Parliamo ovviamente di M. Il figlio del secolo (Bompiani 2018), che fin dalla copertina si dichiara un romanzo, per poi subito specificare all’interno che i “Fatti e personaggi non sono frutto della fantasia dell’autore”, e che anzi “ogni singolo accadimento, personaggio, dialogo o discorso qui narrato è storicamente documentato e/o autorevolmente testimoniato da più di una fonte”.
Una pluralità di piani di lettura, o se vogliamo un’ambiguità, che si riflette anche nella forma e nella stessa struttura del libro, in cui i capitoli non sono legati tra loro da un evidente filo narrativo ma si giustappongono quasi come una sorta di documentatissimi tableaux vivants, disposti dall’autore con la maestria di uno scenografo e di uno sceneggiatore. Capitoli che spesso si alternano a estratti di discorsi, articoli di giornale, lettere e memorie, che hanno al tempo stesso la funzione di fonti documentarie e di note a piè di pagina: senza che peraltro la struttura narrativa ne risulti indebolita, anzi.
Una ricetta che l’autore sintetizza nella formula di ‘romanzo documentario’, in cui il rigore dello storiografo dovrebbe intersecarsi con gli strumenti narrativi propri del narratore: “Quello che ho ricercato è una nuova forma di romanzo, che stabilisse con il pubblico un diverso rapporto di comunicazione della storia nazionale”, spiega Antonio Scurati prima dell’incontro tenutosi a Palazzo Luzzato Dina nell’ambito dei seminari organizzati dal Centro Interuniversitario di Storia Culturale. E aggiunge: “Credo che la letteratura sia una forma di conoscenza, non solo di intrattenimento, e che con la saggistica possa costituire due forme di conoscenza specifiche, ciascuna con le proprie peculiarità e capacità e quindi assolutamente complementari”.
Il risultato di questa complessa operazione evidentemente funziona, stando al responso del pubblico sovrano: 300.000 le copie vendute finora solo in Italia con 21 edizioni, mentre sono in corso le traduzioni per 37 Paesi. “Ci sono centinaia di migliaia di italiani, e io sento molto la responsabilità di questo, che conosceranno la storia del Fascismo attraverso un'opera letteraria e non attraverso studi storici – dice l'autore nella sua intervista a Il Bo Live –. Magari solo in prima battuta, perché uno dei miei auspici è che questo libro induca poi molti lettori ad approfondire”.
Romanzo e saggistica sono due forme di conoscenza, ciascuna con le proprie peculiarità e capacità e quindi assolutamente complementari
Un successo che induce a interrogarsi non solo sulle qualità del volume, ma anche sulle ragioni dell’interesse suscitato: “Non vi è dubbio che M sia un romanzo sul Fascismo e gli accadimenti di 100 anni fa, ma anche sull'Italia e l'Europa del 2018”, continua Scurati. “Io non mi lusingo e non mi illudo pensando che tutte queste persone abbiano letto M soltanto perché ne apprezzavano la qualità letteraria: so che una motivazione che ha spinto tanti lettori ad accostarsi a questo libro è la volontà di comprendere ciò che accadde 100 anni fa, per capirsi e per capire ciò che accade oggi”.
Ma l’opera di Scurati è soprattutto un libro sul potere della parola, sulla sua capacità di incidere nella storia e di cambiarla. La parola comburente dei discorsi di Gabriele D’Annunzio, per certi versi coprotagonista del libro come lo fu del periodo storico in cui esso è ambientato, ma anche quella stampata nelle decine, poi centinaia di migliaia di copie del Popolo d’Italia, il giornale che fu tassello fondamentale nell’ascesa del fascismo e di Mussolini. Sangue, onore, nazione, orgoglio… Le stesse parole che, sempre più minacciose, tornano ad aleggiare nel mondo di oggi.