CULTURA

Perle, luminose storie di potere e di eleganza

Perla, dal latino perula, piccola pera, o pirula, sferetta: una serie strati di carbonato di calcio (che costituisce circa il 90% del peso) intorno a un nucleo di conchiolina. Tecnicamente la risposta di un mollusco, quello delle ostriche margaritiferae, a uno stimolo irritante. Sorta di cisti, meraviglioso frutto di una reazione allergica, questo inaspettato dono del mare è diventato nei millenni gemma, segno di purezza e di castità, ma anche di lusso e talvolta di voluttà. Prodotti naturali, sono ineluttabilmente destinate a deteriorarsi e consumarsi nel tempo; le perle insomma – a differenza dei diamanti – non sono per sempre, e anche in questo sta il segreto del fascino che sprigionano ma anche dei loro usi più bizzarri: Plinio narra come Clodio le facesse servire tavola, mentre Caligola e Cleopatra le scioglievano nell'aceto per trangugiarle.

Proprio le perle sono protagoniste del libro appena pubblicato con Il Mulino dai tre storici Maria Giuseppina Muzzarelli, Luca Molà e Giorgio Riello: Tutte le perle del mondo. Storie di viaggi, scambi e magnifici ornamenti, che ricostruisce a 360 gradi la storia di uno degli oggetti più preziosi e desiderati, dal ruolo nella cultura e nella società all’importanza nei traffici e nell’apertura delle nuove rotte commerciali. “Siamo partiti anni fa dallo studio delle leggi suntuarie, che soprattutto durante medioevo e rinascimento regolavano l’ostentazione del lusso e proibivano regolarmente l’esibizione delle perle – spiega a Il Bo Live Maria Giuseppina Muzzarelli, già docente presso l’università di Bologna di storia medievale e di storia della moda –. Sappiamo però che venivano usate eccome, anche perché di solito per aggirare le norme bastava pagare una multa. Oltre a essere preziose le perle sono inoltre associate una molteplicità di elementi simbolici che le hanno rese uniche, soprattutto prima dell’affermarsi nel Settecento dei diamanti”.

Dalla vita alla morte (tutt’oggi le perle sono tra i pochi gioielli ammessi ai funerali), dalla purezza all’eleganza sono tanti i significati attribuiti alle sferette iridescenti che nel corso dei secoli hanno adornato corone e paramenti, regine e cortigiane ma talvolta anche gli uomini. E che hanno un ruolo assolutamente peculiare nella storia dell’arte, come testimonia il ricchissimo apparato iconografico scelto dagli autori, che non si limita a illustrare ma integra il testo e dialoga con esso. Non c’è solo il celebre ritratto dipinto da Vermeer a metà del Seicento, il periodo d’oro per le perle: queste sono ad esempio onnipresenti nelle Madonne rinascimentali, ed è da un’ostrica perlifera che Sandro Botticelli fa nascere la sua Venere.

Qual era però il ruolo sociale ed economico del superfluo, in società che riuscivano a malapena ad andare oltre la mera sussistenza? “Del lusso si possono avere esperienze e vissuti diversi – continua Muzzarelli –: per regnanti e ambienti di corte è uno strumento essenziale per mostrare e mantenere il potere; c’è però anche il piccolo lusso, quello della moglie dell’artigiano o del ricco borghese che a un certo punto può permettersi qualche gioiello. Che soprattutto per la donna rappresenta anche un bene rifugio, può essere impegnati per ottenere prestiti o utilizzato per piccole o grandi operazioni economiche: proprio vendendo alcune perle Lucrezia Borgia riesce infatti ad avviare un allevamento di bufale per produrre mozzarelle”. In società strettamente gerarchiche i monili segnalano inoltre con grande precisione la posizione sociale di chi li indossa, assieme ai tessuti indossati e talvolta persino alla lunghezza degli abiti: “La parure formata da girocollo e orecchini di perle distingueva ad esempio le spose novelle e dopo le nozze potevano essere portate per un periodo limitato, che variava da uno a un massimo di tre anni a seconda della città”.

Proprio i generi di lusso, assieme alle spezie, sono anche i primi a conoscere una vera e propria globalizzazione dei mercati, stimolando le esplorazioni geografiche: Marco Polo torna a Venezia dall’oriente con una gigantesca perla da 575 carati, dono di Kublai Khan, segnando una svolta nella secolare vicenda del desiderio e dell’uso delle perle: “Non è un caso che la copia del Milione appartenuta a Cristoforo Colombo sia glossata ai margini proprio nelle parti in cui se ne parla – prosegue la studiosa –. L'America si rivelerà ricca di giacimenti perliferi, soprattutto al largo dell’odierno Venezuela, e tra il 1515 e il 1542 arrivano a Siviglia 11 quintali di perle: un capitolo anche oscuro perché questo sfruttamento intensivo si basa su quello degli indigeni e poi degli schiavi”.

Le vicende raccontate dai tre storici conoscono un’ulteriore svolta con l’invenzione della coltivazione delle perle alla fine dell’Ottocento ad opera di Kokichi Mikimoto: da oggetto esclusivo le sferule secrete dai bivalvi diventano fenomeno di massa a cui può ambire ogni ceto e classe sociale. E oggi? “In un’epoca dominata dal consumo frenetico di oggetti e di abiti la moda assume nuove forme, meno appariscenti e più di sostanza. Lusso può anche essere il tempo libero o l’aria pulita: l’importante è che continui ad essere esclusivo e in una certa misura socialmente riconoscibile”. Anche nel terzo millennio però le bianche iridescenze hanno ancora qualcosa da dire: “Senza essere mai veramente cadute in disuso le perle erano però entrate un po’ di crisi con le giovani generazioni degli anni ‘60 ’70 – conclude Maria Giuseppina Muzzarelli –. Oggi però sembrano di tornare in uso anche tra i giovani, le portano senza problemi Chiara Ferragni come Kate Middleton, ma anche i Måneskin e Harry Styles. Ecco, se una novità c’è, questa è proprio l’uso sempre più frequente da parte degli uomini”. La storia insomma, come il filo di una collana, continua.

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