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In Salute. Psoriasi, molte possibilità terapeutiche e benefici d’estate
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L’estate aiuta. Stando esposti al sole la malattia migliora, e anche l’acqua di mare dà i suoi benefici, poiché essendo salata ha un effetto antinfiammatorio. “La combinazione di mare e sole, quella che noi chiamiamo in termini tecnici elio-balneoterapia – sottolinea Stefano Piaserico, professore di dermatologia all’università di Padova e responsabile del Centro regionale per la diagnosi e il trattamento della psoriasi, presso l’Azienda ospedale-università di Padova –, è decisamente positiva per chi soffre di psoriasi”.
È, questa, una malattia infiammatoria cronica, non trasmissibile, dolorosa e talvolta invalidante, per la quale non esiste ad oggi una cura definitiva, dato che il trattamento si basa essenzialmente sul controllo dei sintomi, e che ha spesso un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti. Stando ai dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità riportati nel Global report on psoriasis del 2016, la patologia colpisce persone di tutte le età, ma è più comune nel gruppo di età 50-69 anni. La prevalenza nei diversi Paesi varia dallo 0,09% all’11,43%, rendendo la patologia un grave problema globale. In Italia interessa circa 1 milione e 500.000 persone (il 2,8% della popolazione), circa 14 milioni di persone in Europa e 125 milioni nel mondo.
“La psoriasi – continua il docente – ha una patogenesi autoimmune, una forte componente genetica, e si esprime dal punto di vista clinico con chiazze, dette placche in termini tecnici perché si sollevano rispetto alla superficie cutanea, di color rosso, eritematose, e desquamanti. Danno un impatto visivo importante, e questo è uno dei problemi della psoriasi (non l’unico), e possono avere conseguenze dal punto di vista funzionale. Se la psoriasi colpisce le mani, per esempio, il paziente non riesce più a usarle, non riesce a vestirsi, a scrivere; se invece colpisce i piedi fatica a deambulare”.
Intervista completa a Stefano Piaserico. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar
Esistono diversi tipi di psoriasi: la forma più comune, che interessa l’80% dei pazienti, è la psoriasi volgare caratterizzata da placche che appaiono soprattutto su gomiti, ginocchia, cuoio capelluto e parte bassa della schiena, anche se possono manifestarsi in qualsiasi altra parte del corpo. Di dimensioni variabili, possono dare o meno prurito, dolore, o entrambe.
“Ci sono dei fattori scatenanti, su una base genetica che è immodificabile, che possono far esordire la psoriasi oppure farla peggiorare nel tempo – sottolinea Piaserico –. Un paio tra i più importanti sono lo stress, che precede spesso la psoriasi come comparsa o può causarne un peggioramento, e i traumi fisici: dopo un intervento chirurgico, per esempio, la cicatrice può trasformarsi in placca psoriasica, e così pure una semplice abrasione, una lesione può diventare psoriasica”.
Si tratta di una malattia che non provoca solo sintomi fisici, ma è associata anche a una moltitudine di conseguenze psicologiche. La vita dei pazienti diventa particolarmente difficile quando la patologia si manifesta in aree della pelle ben visibili, come il viso o le braccia, perché può generare esclusione sociale, discriminazione e stigma che sono devastanti per il malato. Può provocare imbarazzo, mancanza di autostima, rabbia o impotenza.
Attualmente purtroppo non esiste una cura che faccia sperare in una guarigione completa della malattia, ma ci sono numerose possibilità terapeutiche volte alla remissione dei sintomi (non solo topiche ma anche sistemiche, cioè assunte per bocca o per via iniettiva) che vanno proseguite per lunghi periodi. “Oggi ci sono ormai circa 15 molecole diverse che si possono utilizzare per la terapia della psoriasi. Ci sono innanzitutto i farmaci tradizionali, quelli storici che usiamo da 15-20 anni. Questi però presentano un problema legato all’utilizzo cronico, per cui con difficoltà possono essere usati per molto tempo, proprio per i potenziali effetti collaterali che possono sviluppare. Si può ricorrere inoltre alla fototerapia, oppure si possono impiegare lampade specifiche per la psoriasi”.
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Negli ultimi anni in particolare, argomenta il docente, si sono resi disponibili dei farmaci con un buon profilo di sicurezza che si possono utilizzare per lungo tempo senza che si manifestino effetti collaterali significativi. Si tratta dei cosiddetti farmaci biotecnologici o, per crasi, biologici che agiscono bloccando in maniera selettiva l’attività di determinate sostanze (le citochine) che stanno alla base del processo patogenetico e infiammatorio che porta allo sviluppo della psoriasi. Alcuni di essi, per esempio, bloccano l’attività del fattore di necrosi tumorale alfa-TNFα (infliximab, etanercept, adalimumab), altri l’interleuchina-12 e l’interleuchina-23 (ustekinumab) e l’interleuchina-17A (secukinumab, ixekizumab, brodalumab).
La cura dei pazienti affetti da psoriasi richiede non solo il trattamento delle lesioni cutanee, ma anche l’identificazione e la gestione delle comorbidità già esistenti o che possono svilupparsi, tra cui le malattie cardiovascolari e metaboliche e le condizioni psicologiche. “La psoriasi produce infiammazione – spiega Piaserico –, il color rosso della chiazza psoriasica identifica l’infiammazione nella pelle. Ebbene, questa infiammazione si diffonde anche a livello del torrente ematico, del sistema sanguigno, e arriva fino ad altri organi, a distanza dalla pelle. La prima complicanza classica è l’artrite associata alla psoriasi, che colpisce il 20-25% dei pazienti. Vi è poi un aumento del rischio di malattie anche importanti che solitamente non vengono associate alla pelle, come l’infarto del miocardio e l’ictus, quindi tutti gli eventi cardio e cerebrovascolari. Anche la steatosi epatica può aumentare in corso di infiammazione sistemica nel paziente con la psoriasi. Da ultimo, non per importanza, si possono avere depressione e ansia, dato che l’infiammazione è un fattore di rischio per alcune malattie della sfera psichiatrica”. Sono queste le ragioni per cui è fondamentale la collaborazione del dermatologo con altre figure sanitarie come il cardiologo, l’epatologo, il gastroenterologo, lo psicologo nella presa in carico del paziente.