SOCIETÀ

Siamo otto miliardi

Il 15 novembre 2022 è un giorno storico: è la “Giornata degli 8 miliardi”, come è stata battezzata dalle Nazioni Unite. Otto miliardi sono gli esseri umani che, da oggi, vivono su questo pianeta. Con un margine d’errore, in realtà, di alcune centinaia di milioni: la data è in effetti simbolica, scelta dall’ONU sulla base di stime e modelli che sono attendibili ma non certi.

È una notizia positiva o negativa? La risposta è tutt’altro che scontata, e dipende dai parametri che si decide di prendere in considerazione.

Luci

Se intendiamo l’incredibile rapidità con cui la nostra specie si è moltiplicata negli ultimi cento anni come un indicatore di progresso – termine scivoloso ma inaggirabile, almeno in alcune discussioni –, certamente possiamo considerare il raggiungimento di questo obiettivo come un segnale positivo che, ancora una volta, conferma con nettezza il contrasto tra la tendenza positiva di questi decenni e la relativa stabilità che ha caratterizzato la popolazione mondiale umana fino al XX secolo. Quel che è cambiato, nell’ultimo secolo o poco più, è la possibilità di accedere a condizioni di vita più dignitose per una platea sempre più ampia di persone: cure mediche di base, risorse alimentari, acqua pulita, innovazioni tecnologiche; e, soprattutto – condizione necessaria per tutti questi miglioramenti – energia a basso costo.

A partire dal XX secolo, l’industrializzazione rampante ha schiuso le porte di una crescita economica e di un progresso sociale inediti, che hanno consentito a sempre più persone di migliorare le proprie condizioni di vita, hanno ridotto i tassi di mortalità infantile e hanno alzato radicalmente l’età media (che oggi si attesta intorno ai 71 anni).

https://www.unfpa.org/8billion

Non è stato – non lo è neppure oggi – un processo unitario e omogeneo: vi sono ancora grandi differenze, in termini di qualità della vita, tra Paesi ricchi e Paesi poveri, o “in via di sviluppo”. Eppure, anche tra questi ultimi le condizioni di vita sono andate lentamente migliorando. Considerando che la maggior parte della popolazione mondiale vive in Paesi a basso reddito, proprio il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione di mortalità infantile e l’aumento dell’età media sono i fattori principali per spiegare l’incredibile aumento della popolazione che è stato registrato soprattutto negli ultimi decenni.

Ombre

D’altra parte, come accennavamo, il raggiungimento della quota di otto miliardi porta con sé anche molte ombre. In primo luogo, vi è da considerare il crescente impatto ambientale di una popolazione che si è quasi decuplicata in circa 200 anni (nel 1800 eravamo poco meno di un miliardo). Per sostenere le crescenti necessità materiali di una popolazione sempre più ampia e che, al tempo stesso, ottimizzava le proprie condizioni di vita essenzialmente aumentando i propri consumi, è stato necessario aumentare l’estrazione di risorse naturali. Ciò si è tradotto, ad esempio, nell’allargamento delle aree agricole coltivate con metodi intensivi – a discapito delle aree naturali e di quelle coltivate a bassa intensità –, dovuto anche alla crescente richiesta di mangimi per un’industria della carne in piena espansione (oggi alleviamo, ogni anno, più di due miliardi di animali tra bovini, maiali e pollame, senza contare gli animali acquatici e la selvaggina - I dati sono ricavati da diverse fonti disponibili al sito www.ourworldindata.org).

Sono aumentati a dismisura l’estrazione e l’utilizzo di combustibili fossili, l’elemento fondante su cui è costruito l’intero sistema economico globale odierno. Credo non sia necessario ricordare al lettore quale sia il costo ambientale della combustione di fonti energetiche fossili: questa pratica, ‘scoperta’ e attuata soltanto da duecento anni a questa parte, è stata capace di innescare un cambiamento del clima su scala globale, i cui effetti iniziano ormai a far parte della nostra quotidianità.

Vi è, infine, da considerare l’enorme quantità di scarti che la nostra economia lineare (basata sul modello produzione-consumo-rifiuto) produce nel tentativo di sfamare, scaldare, far muovere 8 miliardi di persone. Plastica, detriti, scarti di ogni genere hanno inondato la Terra, e la loro gestione rappresenta una delle più intricate crisi sociali e ambientali del nostro tempo.

Possibilità

In occasione della “Giornata degli 8 miliardi”, le Nazioni Unite hanno incentrato le celebrazioni sul fatto che il simbolo del numero otto, se rovesciato, indica l’infinito: una popolazione mondiale di 8 miliardi di persone (numero che, essendo pressoché impossibile da immaginare, si approssima – nelle nostre menti – all’infinito) aprirebbe “infinite possibilità” (con tanto di hashtag: #8BillionStrong).

Secondo lo United Nations Population Fund (UNFPA), infatti, la domanda – sollevata già negli anni ’60 del Novecento da numerosi studiosi – circa la capacità del pianeta di sostenere così tante persone ha una risposta positiva. In primo luogo, bisogna riconoscere che la tendenza di crescita sta rallentando: raggiungendo un certo livello di benessere materiale, con l’innalzarsi dei tassi di scolarizzazione e della possibilità, per le donne, di programmare autonomamente la maternità, i tassi di fertilità e natalità calano progressivamente. È quanto è avvenuto nei Paesi ad alto reddito, che oggi contribuiscono in misura piuttosto marginale all’aumento della popolazione mondiale (dovuta principalmente a India e Cina), ed è quanto ci si aspetta, nel prossimo futuro, anche dove questi obiettivi non sono ancora stati raggiunti, e dove la popolazione aumenta ancora molto rapidamente.

Inoltre, vi è una strada che – almeno in linea teorica – può consentire di sostenere una popolazione in aumento e soddisfarne, al tempo stesso, le esigenze di benessere e dignità: lo sviluppo sostenibile. Chiaramente, infatti, il pianeta potrà sostenerci soltanto se cambieremo il modo in cui questa crescita demografica viene mantenuta. L’insostenibilità dell’attuale sistema di produzione e consumo è evidente, e non potrà durare ancora a lungo. La necessità di cambiare è impellente, e il costante aumento della popolazione – che proseguirà ancora, nonostante il timido declino dei tassi di fertilità – sottolinea ancor di più l’urgenza di questo cambio di passo.

Gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 comprendono tanto la tutela dell’ambiente – obiettivo primario ed imprescindibile, poiché in una biosfera non funzionale le nostre società non potrebbero sopravvivere – quanto il rispetto di diritti umani basilari come la salute, l’autodeterminazione, l’istruzione. Sostenibilità ambientale e sociale sono intimamente legate, ed entrambe dipendono dalla nostra capacità di rendere sostenibile anche il sistema economico: la transizione necessaria per raggiungere questa meta non potrà essere graduale e indolore – come vorrebbero alcuni attori politici ed economici, che hanno grandi interessi nel non cambiare il sistema attuale – ma dovrà essere rapida e trasformativa.

Raggiunti gli 8 miliardi in soli 11 anni, e con i 9 miliardi alle porte (si stima che raggiungeremo questo ulteriore limite intorno al 2037), la scelta è ormai obbligata. Le possibilità non sono infinite, ma la possibilità di scegliere quale strada imboccare è ancora aperta.

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