SCIENZA E RICERCA

Le spugne marine e la loro sofferenza causata dal cambiamento climatico

Quando la temperatura del mare è troppo alta, le spugne non riescono più a smaltire le tossine e muoiono letteralmente intossicate. Che le spugne non fossero così resistenti ai cambiamenti climatici e all’innalzamento delle temperature non è una novità, ma ora, una ricerca pubblicata su ISME Communications da un team di ricercatori australiani e neozelandesi ha finalmente svelato il perché. Quando l’acqua è troppo calda, proprio come i coralli perdono l’alga simbionte e sbiancano, le spugne perdono alcuni batteri simbionti fondamentali che si occupano di eliminare alcuni metaboliti tossici e vanno in necrosi.

«La scarsa resistenza delle spugne all’innalzamento della temperatura del mare è cosa nota» spiega Emmanuelle Botté dell'Università del Nuovo Galles del Sud, autrice principale dello studio. «Abbiamo già assistito alle ondate di caldo che hanno provocato grosse morie di spugne nel Mediterraneo o in Nuova Zelanda. Ma finora nessuno aveva capito perché, cos’è che provoca la morte della spugna».

Per scoprirlo, il team si è concentrato sul microbioma delle spugne: anche i poriferi - questo il nome scientifico delle spugne - proprio come noi vivono in simbiosi con migliaia di batteri che digeriscono e riciclano i nutrienti, producono energia, difendono la spugna da predatori e malattie, e si occupano persino di disintossicarla. Batteri che agiscono, di fatto, come fossero “il fegato e i reni” della spugna.

Il gruppo guidato da Emmanuelle Botté si è concentrato in particolare su una specie molto comune lungo la Grande Barriera Corallina australiana, nell’oceano Pacifico e nell’Indopacifico, la Stylissa flabelliformis, nota per la sua sensibilità all’aumento della temperatura. Un innalzamento di soli 2°C - specificatamente dai 28,5°C ai 31,5°C, per la Stylissa flabelliformis fanno la differenza tra la vita e la morte. E purtroppo, la temperatura di 31,5°C dell’acqua marina corrisponde proprio a quella registrata in Australia durante le ultime ondate di calore, fenomeni che si prevede saranno sempre più frequenti.

Il team ha dunque analizzato il microbiota della Stylissa flabelliformis a diverse temperature, scoprendo che cambiava drasticamente. Alla temperatura di 28,5°C - quando la spugna era viva e in salute - la comunità batterica simbionte della spugna era composta per oltre il 50% da Gammaproteobatteri, per il 10% da un gruppo di archeobatteri chiamato Thaumarchaeota; per un altro 30% circa di Alfaproteobatteri e Deltaproteobatteri, e poi c’era in media l’1,5% di Nitrospira e poco altro. Ma una volta raggiunta la temperatura di 31,5°C, la spugna si presentava morente, necrotica e il microbioma era completamente diverso: la quota di Gammaproteobatteri si era ridotta drasticamente, fino a collassare al 10%; mentre erano aumentati Alfaproteobatteri e Deltaproteobatteri, clostridi e batteri gram-negativi del genere Chlamydia fino a costituire circa il 60% della comunità. Ma soprattutto, con l’aumentare della temperatura erano completamente spariti i batteri Nitrospira e i Thaumarchaeota, necessari alla spugna per disintossicarsi dall’ammoniaca prodotta e per sintetizzare amminoacidi e vitamine.

Proprio come noi, anche le spugne - tra gli animali più antichi della Terra, comparsi oltre 500 milioni di anni fa - hanno bisogno di un microbioma sano per sopravvivere

In acque così calde, quindi, le spugne marine vanno in disbiosi, subiscono una fortissima alterazione del microbiota, che le porta rapidamente alla morte per intossicazione. «Abbiamo scoperto che i Thaumarchaeota sono gli unici batteri in grado di eliminare l’ammoniaca prodotta dalla spugna. E senza questi batteri l’ammoniaca si accumulata nel tessuto con effetti drammatici, ma a quanto pare la simbiosi tra la Stylissa flabelliformis e i Thaumarchaeota non riesce a sopravvivere alle alte temperature, che diventeranno la normalità entro la fine del secolo. Nello studio abbiamo scelto apposta parametri che rappresentano non solo gli estremi climatici odierni, ma anche quelle che saranno le temperature medie future, visto che in Australia abbiamo assistito più volte a un aumento di 2-3°C della temperatura marina, durata per settimane» continua Botté.

Proprio come noi, anche le spugne - tra gli animali più antichi della Terra, comparsi oltre 500 milioni di anni fa - hanno bisogno di un microbioma sano per sopravvivere. Il cambiamento climatico rischia di erodere la biodiversità di animali spesso poco considerati, che invece sono fondamentali per la salute degli oceani e più in generale per la vita sul nostro pianeta: le spugne filtrano migliaia di litri di acqua di mare ogni giorno, riciclando i nutrienti; forniscono riparo e cibo a moltissime creature marine, e ospitano batteri che potrebbero essere la chiave per alcune delle sfide mediche più urgenti da affrontare. Conoscere cosa provoca la morte delle spugne, quali meccanismi metabolici vengono destabilizzati dalla disbiosi innescata dai cambiamenti climatici è il primo passo per trovare - si spera presto - una soluzione per aiutare le spugne che vivono in acque sempre più calde. Lo si sta già facendo con i coralli, spesso con discreto successo. Ora è il momento di allargare gli sforzi di conservazione anche alle meno carismatiche spugne.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012