L'Adige e Verona - foto: Contrasto
Continua la serie dedicata ai fiumi che nascono, attraversano o concludono il loro viaggio in Veneto. Dopo aver raccontato il Po (con un focus dedicato al Delta), il Tagliamento e il Piave, ecco l'Adige che, con i suoi 410 chilometri, è il secondo fiume più lungo d'Italia (dopo il Po). Un tempo navigabile, via di comunicazione e scambio di merci e culture, attraversa due regioni, il Trentino Alto Adige e il Veneto. Nasce a 1550 metri di altitudine, presso il Passo di Resia, nella Alta Val Venosta, in Alto Adige, in uno scenario incantato (non lontano dal lago da cui spunta il suggestivo campanile del paese sommerso di Curon). "Dopo un lungo viaggio di oltre quattrocento chilometri sfocia nel Mar Adriatico, tra i comuni di Chioggia e Rosolina, attraversando quindi ambienti e culture diversi. Dal Sud Tirolo, attraverso le valli del Trentino, fino alla pianura veneta", spiega Elena Dai Prà, geografa e docente dell'Università di Trento, invitata da Il Bo Live a raccontare storia, caratteristiche e trasformazioni del fiume.
"Un tempo questo fiume è stato navigabile, dal mare fino alle soglie di Bolzano, perché collegava il mondo culturale italiano con quello tedesco, il Mediterraneo con l'Europa centrale. Il bacino ha un'ampia superficie e comprende ben 369 comuni, dalla provincia di Bolzano a quella di Venezia, e una piccola porzione nel Cantone svizzero dei Grigioni, a cui si aggiunge una piccola porzione oggi nel cantone svizzero dei Grigioni. Nel bacino ricadono 185 ghiacciai, di cui 155 alimentano il fiume. La valle in cui scorre assume vari nomi: Val Venosta, tra la sorgente e Merano, Valle dell'Adige tra Merano e Trento, Val Lagarina tra Trento e Verona, e Val Padana, tra Verona e la foce. Ha due volti, quello montano, racchiuso in una profonda valle di origine glaciale, e quello pianeggiante, in cui il fiume scorre pigro e lento nel cuore della campagna padano-veneta".
L'Adige raccontato da Elena Dai Prà, Università di Trento - Montaggio Elisa Speronello
"È il fiume simbolo del Grand Tour, che ha accolto schiere di viaggiatori mitteleuropei e nordeuropei nel loro viaggio verso l'Italia", continua Dai Prà, studiosa appassionata, direttrice di GeCo, Centro geo-cartografico di studio e documentazione con sede a Rovereto, coinvolta attivamente nel progetto Etsch2000 dedicato allo studio dell'evoluzione dell'Adige negli ultimi 2000 anni, in particolare tra Merano e Borghetto, in relazione alle pressioni dirette (rettificazioni) e indirette (cambiamenti del regime idrologico e dei sedimenti), sia di natura antropica che climatica. Etsch, nome tedesco dell'Adige, propone un approccio interdisciplinare che integra ricerche di geografia storica, analisi geomorfologica e modellazione matematica, con l'obiettivo di realizzare una ricostruzione storico-morfologica del sistema fluviale su scale spaziali (150 km) e temporali (2000 anni) alquanto estese. Il progetto vede l'ateneo di Trento in prima linea nel lavoro di ricerca, studio e indagine ma ha potuto contare anche sulla collaborazione del dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova, con il professor Nicola Surian.
“ Fiume monte cielo / ogni cosa dal vuoto / chiamata a nascere / nel nome Chandra Livia Candiani
Nel corso del tempo questo fiume è stato più volte modificato: devastanti alluvioni, opere di bonifica, regimazione e rettifica dell'alveo, ne hanno cambiato le morfologie. Spiega Dai Prà: "Nella parte montana, le maggiori operazioni definitive di normalizzazione ebbero luogo a partire dall'Ottocento, sia per la sua regolazione che per lo sfruttamento idroelettrico, per ampliare la superficie coltivabile, ma anche per la costruzione di infrastrutture di comunicazione. Tra queste azioni ricordiamo la deviazione del corso del fiume nei pressi di Trento, l'Adige passava nel cuore della città antica ma poi venne estromesso. E ancora, i lavori di rettifica del corso tra Merano e Rovereto e la costruzione di briglie per trattenere i materiali trasportati dalla corrente. Ma già prima di queste grandi opere di canalizzazione, l'Adige era stato alternato dal punto di vista morfologico da numerose opere di difesa che ne seguivano il tracciato. Il fiume mostrava una morfologia molto articolata che non possiamo più apprezzare oggi: barre di sedimento, isole con vegetazione sparsa, canali secondari, forte interazione con la piana circostante. Presentava poi larghezze da due a quattro volte superiori a quelle attuali: lo abbiamo appurato nel corso di un recente studio interdisciplinare finanziato dalla provincia di Bolzano. Inoltre, si susseguivano tratti ad alveo intrecciato, molto più larghi, con morfologie meandriformi. Le informazioni estratte dalle fonti cartografiche storiche e dalle fotografie aeree recenti rivelano che l'Adige è stato ristretto in modo molto più accentuato rispetto ad altri corsi d'acqua alpini, come per esempio il Reno, nonostante i due siano simili per portate di piena, per dimensioni dei sedimenti e per pendenza della valle".
Descrizione della carta storica (qui sopra), fornita dal Centro Geo-Cartografico di Studio e Documentazione (GeCo). Gian Bartolomeo Scotini, Corpo della Fersina dall’origine fino alle sue foci nell’Adige con la delineazione di tutti influenti, valli laterali, monti, piani campagna, lago Caldonazzo, abitati con profili di livellazione dell'alveo, rispettivi ripari Anteriore al 1771, 155x76 cm Venezia, Archivio di Stato Sea Diversi Rotolo 39 Dis. 137 Nota: della stessa carta è anche presente una copia di Aloisio Ferrari del 1771 conservata presso il Castello del Buonconsiglio; tale versione è leggermente differente, in particolare nel titolo e nel formato. Corso della Fersina dall’orign. sino alle sue foci con la delineazione di tutti gli influenti valli, latterali monti, e piani di campagna co’ suoi profilli di livellazione dell’alveo rispettivi ripari, e piani sudeti. copiata da Aloisio Ferrari agrims.e’ 1771, disegno a penna, acquerellato, su carta, 732 x 1960 mm Trento, Castello del Buonconsiglio Monumenti e collezioni provinciali (Mpa Museo provinciale d'arte)
Descrizione della carta storica (qui sopra), fornita dal Centro Geo-Cartografico di Studio e Documentazione (GeCo). Commissione Idraulica del Polesine, Mappa idrografica del suolo compreso tra il Lago di Garda, Mincio, Po e l’Adige dalle Alpi Trentine sino all’Adriatico. Tratta questa delle migliori Carte de’ parziali Territori e messa insieme dalla Commissione Idraulica del Polesine di Rovigo per servire singolarmente alla conoscenza de Fiumi, Canali e Condotti di Scolo di tutte le acque che in esso Polesine decorrono sino al mare 1802. Disegno a penna e acquerello su carta, 20,1 x 25 cm Verona, Archivio di Stato Fondo Dionisi-Piomarta 42
“ Guardo davanti a me. / Un pioppo. / Il fiume. / Un cartello / nebuloso, e il confine / ormai "a un tiro di schioppo" "Vista", Giorgio Caproni
In territorio veneto, nella parte pianeggiante, i lavori di arginatura risalgono già ai secoli XII e XIII, "ma è nel Cinquecento che la terraferma veneta cambia fisionomia: da pianura liquida, con grandi estensioni di terreni paludati spesso definiti laghi, attraverso gli interventi messi in atto dalla Serenissima, si trasforma in un altro scenario paesaggistico - continua Elena Dai Prà - .Gli interventi di bonifica e riassetto dell'epoca volevano, da una parte, limitare il rischio di interramento della laguna e favorire la navigazione interna, dall'altra, attenuare gli effetti delle periodiche piene, per un più razionale sfruttamento agricolo dei suoli. Questa intensa attività di bonifica che ruota attorno al fiume Adige nel suo tratto pianeggiante si protrarrà per i secoli successivi, ad opera poi dei consorzi di bonifica e con l'uso di tecnologie sempre più elaborate, macchine a vapore, idrovore, contribuendo quindi in modo determinante alla trasformazione della struttura della pianura padano-veneta".
"Storie di terre e d'acqua: Adige Etsch" di Vittorio Curzel (2018)
Un documentario di Vittorio Curzel del 2018 racconta il fiume attraverso immagini, musiche originali di Dante Borsetto e un bel racconto, scritto dallo stesso Curzel e affidato alla voce di Denis Fontanari. In poco più di un'ora, regala un viaggio a ritroso che, dalla foce a sud di Chioggia, nel Parco del Delta del Po, raggiunge la sorgente al Passo Resia.
Dal mare alle montagne, attraversando paesaggi, città, lingue e culture, tra natura, persone e memoria storica, quest'ultima segnata dalle trasformazioni ottocentesche di un territorio rimasto immutato per secoli (la ferrovia del Brennero, per esempio, viene ultimata nel 1867), dalle inondazioni (le due maggiori: nel settembre 1882 e nel novembre 1966), dalle opere di bonifica, di regimazione e rettifica dell’alveo. Si intitola Storie di terre e d'acqua: Adige Etsch. Il regista inizia descrivendo una scena insolita, una banda di montagna in visita alla foce veneta del fiume, e offre l'incontro tra l'acqua e la gente venuta per celebrarla: "Quando ho iniziato a pensare a questo viaggio lungo il fiume - racconta -, l'intenzione era quella di partire dalla sorgente, perché è così che si fa di solito, invece eccomi qua, nel luogo dove il fiume entra nel mare, mentre ascolto una banda che arriva dalle montagne dove il fiume nasce".
Concentrando l'attenzione sul percorso veneto del fiume, della relazione tra l'Adige e la città di Verona parlano Giorgio Osti, sociologo dell'Università di Padova, e Natalia Magnani, veronese, sociologa dell'Università di Trento, tra gli autori del libro Fiumi e città, un amore a distanza, curato dallo stesso Osti, e in corso di pubblicazione con Padova University Press. Il caso veronese rappresenta un'eccezione: "Verona infatti si distingue tra le città del Nord Italia per essere caratterizzata a livello morfologico da un rapporto molto stretto con il suo fiume, l’Adige, che si presenta passante rispetto a essa, la contiene e allo stesso tempo la attraversa".
Come sottolineato da Giorgio Massignan nel saggio L’Adige racconta Verona (citato da Magnani), il fiume è stato l’urbanista naturale di Verona, questo si intuisce già rintracciandone le tappe della sua storia urbanistica della città. Rispetto al fiume, "Verona è punto d'intersezione tra mondo tedesco e italiano, tra montagna e pianura e, in qualche modo, tra Lombardia e Veneto", commenta Giorgio Osti, che, subito, passa la parola e chiede a Natalia Magnani di provare a mettere a fuoco la dimensione storica di Verona partendo dai suoi rapporti con il fiume.
"L'Adige ha rivestito un ruolo centrale nella storia urbanistica e nello sviluppo economico di Verona - spiega Magnani - e questo è evidente sin dalle origini della città che vengono fatte risalire intorno al 500 a.C. quando alcune popolazioni di Euganei e poi di Reti costruirono un villaggio sulle pendici di un colle a ridosso di un guado sull'Adige. Successivamente furono i Romani a inserire la città all'interno dell'ansa del fiume, che appariva una scelta strategica sia per quanto riguarda lo sviluppo dei commerci che per la difesa militare della città. L'Adige resta centrale anche in epoca medievale, durante il dominio della Serenissima, quando l'attività economica prevalente era il commercio e la lavorazione della lana, che veniva fatta proprio nell'Adige, dove si faceva il purgo della lana. E il fiume era anche la forza motrice per oltre 400 mulini che erano presenti nel comune che macinavano farina ma anche polveri per i colori delle stoffe". La svolta arriva nel 1882, con la grande piena: l'acqua superò i tre metri: è a quel punto che l'Adige inizia a essere considerato un elemento naturale pericoloso e da controllare. "L'amministrazione comunale decise dunque di canalizzare il fiume nel tratto urbano attraverso la costruzione di argini di difesa".
Conversazione tra Giorgio Osti, Università di Padova, e Natalia Magnani, Università di Trento. Montaggio di Elisa Speronello
La relazione tra la città e il fiume cambia e iniziano a essere scelte strategie di distanziamento. Il fiume resta un simbolo della città ma viene separato dalle attività umane, dalla vita cittadina.
"Nel XX e XXI secolo, addirittura, il fiume inizia a essere considerato dalla politica, per citare Massignan, come una sorta di abusivo che occupa uno spazio centrale, prezioso ma difficile da utilizzare: viene visto come un ostacolo alla macchina della crescita economica incentrata sul consumo di suolo oppure come parco di divertimenti, un'idea, quest'ultima, emersa da una serie di proposte improbabili avanzate dalla politica nei primi anni Duemila, dall'idea dei parcheggi sotto il fiume al bando, andato deserto, per la navigazione commerciale a motore. A un certo punto si ipotizza addirittura la costruzione di un manufatto che possa creare un'onda da surf sul fiume".
Ma, guardando oltre la fase del distanziamento, quali sono invece i progetti più interessanti per la valorizzazione e la tutela dell'Adige? "Per permettere all'acqua di diventare occasione di incontro, pace e armonia", commenta Osti. Risponde Magnani: "Nel vuoto della politica emergono attori periferici che mettono in atto azioni di socializzazione leggere, dalla canoa al rafting, che possono ricucire il rapporto tra città e fiume". Adige Rafting e Canoa club, Museo del fiume, Teatro del fiume sono realtà che hanno lavorato in questo senso, per ricreare questa relazione, partendo dalla riqualificazione dell'antica dogana nel quartiere Filippini: un tentativo di valorizzazione e riutilizzo di spazi legati alla storia del fiume.
Una cosa la possiamo dire, conclude Osti, siamo di fronte a un risveglio dell'attenzione nei confronti dell'Adige. "Siamo ottimisti, pensiamo si possa arrivare a una protezione importante e globale della città e del fiume".