“Il fumetto nelle edicole arranca, in compenso si sta sviluppando il mercato libraio, quando fino a poco tempo fa i fumetti in libreria erano davvero una rarità. Questo comporta delle conseguenze: diverso tipo di concezione, approccio e presentazione. La questione è complessa. In libreria arrivano i graphic novel che hanno una struttura e un modo di raccontare diversi dal fumetto a cui siamo abituati. Per qualcuno si tratta di due proposte differenti ma non è così, è lo stesso medium”. Inizia così l’intervista a Pier Luigi Gaspa, una conversazione a tutto campo sullo stato di salute del fumetto in Italia (con uno sguardo anche all’estero). Laureato in biologia, Gaspa si interessa di fumetti e dell’uso dei media dell’immagine come strumenti di comunicazione. Come traduttore, ha collaborato e collabora con case editrici come Magic press, Disney Italia, Panini, solo per citarne alcune, e in ambito scientifico ha tradotto diversi saggi per Raffaello Cortina editore. Dal 1996 collabora con Lucca comics & games, per la quale ha curato esposizioni e ideato e condotto incontri culturali, ed è autore di libri e saggi: La scienza tra le nuvole (2007, con Giulio Giorello), Per la libertà, la Resistenza nel fumetto (2009, con Luciano Niccolai), Verso Selene. Il romanzo dell’uomo sulla Luna, dall’immaginazione alla scienza (2009), Madame Curie, indipendenza e modernità (2016), Buffalo Bill. L’uomo, la leggenda, il West (2016), Giardini del fantastico (2017, con Giulio Giorello) e Frankenstein. Il mito tra scienza e immaginario (2018, con Marco Ciardi).
Concentriamoci sui graphic novel, una storia di Gipi risultò tra i finalisti del Premio Strega nel 2014, uno dei più importanti riconoscimenti letterari italiani. Stiamo dunque parlando di letteratura?
Non ci sono dubbi. Ovviamente, non tutti i fumetti possono essere considerati letteratura, così come non tutti i film possono meritare una candidatura all’Oscar, non tutte le opere teatrali hanno il valore delle opere di De Filippo e non tutti i romanzi sono all’altezza di quelli scritti da Hemingway. Diciamo che in questi anni alcuni autori del fumetto sono riusciti a ottenere un grande successo: è un bene che ci siano Gipi, Zerocalcare o Sio. Si tratta di un tipo di letteratura particolare, caratterizzata da un modo di narrare precipuo: non può essere scambiato per altro perché è una narrazione per immagini, da non confondere con i fotogrammi del cinema. Dovrebbe forse essere considerato più propriamente cultura, perché letteratura potrebbe portarlo altrove. Questo va tenuto in conto quando si fanno discorsi sulla qualità del fumetto contemporaneo.
Il fumetto può aiutarci a comprendere questioni complesse: può avvicinarci alla scienza, alla storia, a eventi passati che ci aiutano a leggere il presente…
Certamente, oggi in particolar modo il fumetto è uno strumento di comunicazione straordinario, perché con poche immagini ci permette di raccontare la storia, la scienza e persino la filosofia. Faccio un esempio: quest’anno Vittorio Giardino, uno dei massimi autori di fumetti, ha pubblicato la terza parte di una lunga storia che ha come protagonista Jonas Fink, un ebreo cecoslovacco che attraversa tutta la seconda parte del Novecento, con la Cecoslovacchia dell’epoca sullo sfondo ad accompagnare la sua vicenda personale. È emarginato, perché figlio di un dissidente politico, perseguitato, spiato, costretto a nascondersi e a nascondere i suoi interessi e le sue amicizie. Seguendo la vita di Jonas Fink, Giardino è riuscito a offrire uno spaccato della situazione storica del Paese, dagli anni Cinquanta alla primavera di Praga e, superando i confini, fino alla caduta del muro di Berlino. Attraverso la storia di un singolo viene raccontata la storia collettiva: il lettore del fumetto può così entrare nel clima e sospendere la propria incredulità. In questo senso, a volte, il fumetto funziona più di un saggio, perché per quanto un saggio possa essere preciso e approfondito non sempre riesce a coinvolgere, a calarci emotivamente in un contesto e a permettere l’immedesimazione.
Apriamo una finestra sull'editoria per ragazzi: le biografie illustrate di scienziati e personaggi storici si stanno moltiplicando. Lei cosa ne pensa, ritiene che sia la strada giusta?
Il tentativo è lodevole, ma il problema va affrontato a monte. Faccio un passo indietro. Oggi l’editoria a fumetti per bambini e ragazzi è un capitolo quasi chiuso, non esiste più il fumetto per i più piccoli. È rimasto Topolino e poco altro, ma la proposta che c’era fino a due, tre decenni fa è praticamente scomparsa. Noi lettori di fumetti siamo stati bambini e nell'infanzia abbiamo ricevuto un imprinting, che è quello che conta. Se non avviene l’imprinting non vengono forniti i codici per comprendere profondamente il fumetto, manca proprio il manuale di comprensione e questo è un problema perché un fumetto va capito. Sono codici che si possono anche acquisire in età adulta, ma non è così semplice. Per quel che riguarda i libri illustrati, trovo che sia una proposta utilissima e andrebbe approfondita e sviluppata: ho dei dubbi però sull'effettivo successo, i numeri sono ancora limitati. È un bel tentativo, ma è una tendenza recente, ci vuole tempo e vanno instaurati cicli e abitudini, tenendo presente che i ragazzi oggi ricevono una miriade di altri input: bisognerebbe capire come riportare i ragazzi alla carta e convincerli a sfogliare pagine stampate piuttosto che scrollare una pagina internet sul telefonino. C’è da dire, comunque, che esiste anche un’editoria a fumetti online, lo stesso Zerocalcare è nato su internet ed è poi approdato alla carta (poi al cinema, ora al Maxxi di Roma con la mostra Scavare fossati, nutrire coccodrilli, ndr). Quindi, per rispondere alla domanda, trovo molto interessanti queste biografie a fumetti, proposte nuove per raccontare le vite di personaggi della scienza e della storia, ma la verità è che costruire un’abitudine di lettura non è facile, in questo momento è più facile rivolgersi all'appassionato che può trovare soddisfazione nelle proposte attuali. Agganciare nuovi lettori è una operazione difficile.
Torniamo a parlare di Zerocalcare e Gipi: considerando il loro successo, il fumetto sembrerebbe godere di ottima salute. È davvero così?
Sono casi isolati, sono due fenomeni. Il successo del medium non può essere valutato su queste punte, perché si trovano alle estremità ed escono dalla cosiddetta gaussiana. La verità è che solitamente la tiratura di un fumetto raggiunge circa le mille copie, un autore può anche decidere di provarci ma, detta in maniera brutale, non ci campa. Se un autore riuscisse a vivere con il suo lavoro, allora potremmo avere molti più fumetti di qualità. Nelle librerie i numeri sono ancora troppo bassi e il lettore, come abbiamo già detto, non va più a cercare il fumetto in edicola.
Spostiamo lo sguardo all’estero. Quali sono i Paesi dove i fumetti vengono venduti di più?
Il Giappone, senza dubbio. I fumetti giapponesi hanno tutta una serie di target differenziati: il lettore in questo modo riesce a immedesimarsi. Gli adolescenti leggono fumetti per adolescenti, che parlano di turbamenti e ricerca di identità. Da noi questo non esiste, il fumetto italiano non ha protagonisti adolescenti. E sto parlando di fumetto a larga diffusione, non di casi particolari. Un adolescente non si ritrova in Tex Willer, perché è un personaggio granitico e vince sempre, è più facile identificarsi in un personaggio come Dylan Dog, che infatti vent'anni fa ebbe un successo clamoroso. Oltre il Giappone, citerei la Francia, con dei format che da noi funzionano meno: propongono il fumetto come allegato dei giornali e l’ultimo numero di Asterix può vendere un milione di copie ma, anche queste, sono punte, la media è ben diversa e sta decrescendo. Negli Stati Uniti i fumetti di supereroi non vanno benissimo, vengono trainati dalla versione cinematografica, sono oggetti quasi collaterali, e non dovrebbe essere così se consideriamo che il film nasce proprio dal fumetto. In Svezia esiste la Egmont, casa editrice che produce per l’Europa gran parte del materiale Disney. C’è la Spagna, dove il fumetto riveste un ruolo sempre più marginale: si sta tutto parcellizzando, non c’è più il movimento della scuola latina che esisteva fino a qualche tempo fa, resiste solo la scuola francese che è estremamente valida e curata. Molti autori dell’Est Europa sono confluiti nel fumetto francese: si pensi a Thorgal, uno dei personaggi più noti del fumetto francese, calato in un mondo vichingo dai toni fantasy, è disegnato dal polacco Grzegorz Rosinski, notato e portato in Francia dove è diventato una stella. Altri Paesi producono poco e importano, come la Germania e l’Inghilterra che, per anni, ha importato autori italiani e argentini. Gli autori si rivolgono ai mercati più dinamici perché altrimenti, in casa propria, non potrebbero emergere, non avrebbero sbocchi editoriali. Al momento, dunque, la tendenza non è una ascesa, a volte può sembrare tale perché ci sono una miriade di volumi in circolazione ma pochissimi superano le mille copie di venduto, per rendersene conto basta andare al Lucca comics & games, la più importante manifestazione del settore in Europa e la seconda al mondo. Non si può parlare di un successo del medium, ma di punte.
I classici resistono?
Quest’anno il Tex Willer tutto italiano compie settant’anni. Settant’anni di pubblicazione ininterrotta. Continuano a essere pubblicati anche Superman e Batman, nati negli anni Trenta. Sono personaggi entrati nell'immaginario collettivo, ciononostante anche loro patiscono, non per l’età ma perché, oggi, si trovano a concorrere con molte altre proposte. Tex non raggiunge più la tiratura di qualche decennio fa. Anche la Disney resiste, ma fa comunque fatica. I gusti cambiano, per restare sul mercato bisogna stare al passo con le trasformazioni e i nuovi interessi ma un fumetto non si realizza in pochi giorni, richiede tempo, e magari viene pubblicato anche dopo uno o due anni: il rischio è di arrivare in libreria ed essere già vecchio.
In questa epoca social, in cui tutto si consuma velocemente, il fumetto sembra dunque non riuscire più a trovare il suo posto.
Il fumetto è come un elastico: il lettore può leggerlo, pagina dopo pagina, fino ad arrivare alla fine, ma può anche scegliere di tornare indietro, in qualsiasi momento. Nell'intrattenimento questo solitamente non avviene: quando vai al cinema devi seguire l’andamento del film, lo stesso vale per un videogioco, devi procedere. Ma il libro, e in particolar modo il fumetto, ti permette di ritornare su una pagina, per elaborare e comprendere. Dovremmo mantenere questo privilegio che ci regala il libro. È una riflessione che ci dice molto di quel che siamo e saremo in futuro. Procedere troppo velocemente limita la nostra capacità di comprensione. È importante invece fermarsi, per poter leggere dietro le righe. La fruizione rapidissima risponde a ritmi dettati da altri e questo è un problema. Preciso, non è una critica ai ritmi ma un invito a rallentare. È una percezione sottile che la lettura di un fumetto aiuta a mantenere. Darwin diceva: “È l’uso che sviluppa l’organo”.