CULTURA
Il fruscìo delle parole
Foto: Tania/A3/Contrasto
Qualche tempo fa a Maryanne Wolf, massima esperta dei meccanismi della lettura, è venuta voglia di prendere in mano un famoso romanzo di Hermann Hesse, Il gioco delle perle di vetro, negli anni Sessanta e Settanta molto amato dagli adolescenti di mezzo mondo. Cosa abbia spinto la studiosa statunitense a leggere un libro forse affascinante, ma oggi un po' impolverato, non sappiamo. Quello che invece sappiamo, perché è stata la stessa Wolf a confessarlo a Michael S. Rosenwald, del Washington Post, che ne ha poi ricavato un articolo, è che inaspettatamente la scienziata si è resa conto di non essere in grado di leggere il testo: “Non scherzo, non ce la facevo proprio. È stata una vera tortura arrivare in fondo alla prima pagina. Non riuscivo a rallentare il mio ritmo, a impedirmi di cercare le parole-chiave e di organizzare i miei movimenti oculari per produrre la maggior quantità di informazioni alla massima velocità. Ero disgustata da me stessa”.
Un vero paradosso per una studiosa che nel suo saggio Proust e il calamaro (Vita e pensiero, 2007), guida indispensabile per chi intende approfondire la conoscenza dell'argomento, ha analizzato il percorso che ha portato noi umani a diventare – non senza sforzo – gli unici animali leggenti. Se anche una profonda conoscitrice degli ingranaggi cerebrali che sovrintendono l'atto del leggere trova oggi difficoltà gravi e impreviste nell'affrontare un testo relativamente complesso, si è chiesta Wolf, cosa potranno mai fare tutti quei giovani che abbiamo l'abitudine di chiamare nativi digitali perché non hanno alle spalle anni di lettura sequenziale e concentrata?
La risposta, la studiosa l'ha trovata nei suoi stessi studi e in particolare nella constatazione, più volte sperimentata, dell'estrema plasticità del cervello, che non smette di sorprendere i neuroscienziati per la sua prodigiosa capacità di adattarsi alle situazioni più diverse. Cosi, facendosi per una volta cavia di se stessa, Wolf si è imposta di recuperare il ritmo lento che ci viene quotidianamente sottratto a colpi di email e di sms, e ha deciso di dedicare ogni giorno mezz'ora alla lettura del Gioco delle perle di vetro, eliminando ogni possibile diversivo, cellulare in primis. Dopo la catastrofica esperienza della prima sera, anche la seconda sera è stata dura, e pure la terza: “Mi ci sono volute due settimane, ma alla fine sono riuscita a godere la lettura e a finire il libro” ha raccontato Wolf che, non contenta, ha poi riletto il romanzo, con la sensazione – dice – di essere finalmente guarita.
Non a caso il suo prossimo libro si concentrerà sulle diverse modalità di lettura che abbiamo a disposizione oggi, e in particolare su un confronto serrato fra la lettura su carta e quella su schermo: attività del tutto equiparabili, secondo la recentissima campagna #unlibroèunlibro lanciata dall'Associazione Italiana Editori allo scopo (condivisibile) di allineare dal punto di vista fiscale testi cartacei e ebook, ma effettivamente – a livello cognitivo – ben distinte, come ha rivelato nel 2012 una ricerca condotta su studenti israeliani, dalla quale è emerso che un testo letto su carta si ricorda molto meglio di uno letto su schermo.
I benefici della lettura tradizionale non finiscono qui. Come ha riferito di recente Jeanne Whalen sul Wall Street Journal, diversi studi confermano che venti o trenta minuti al giorno trascorsi fra le righe di un romanzo sono più efficaci di molte medicine. Secondo una ricerca pubblicata nel 2013 su Neurology, la lettura lenta è un ottimo antidoto alla perdita di memoria in età senile, mentre Science attribuisce ai lettori abituali di testi narrativi una più sottile comprensione della psicologia altrui e di conseguenza una maggiore capacità di intessere relazioni umane solide.
Forse per questo, a fronte delle statistiche che registrano quasi ovunque, e non solo in Italia, un calo dei lettori, si moltiplicano i gruppi di lettura, spazi di incontro dove il piacere individuale della lettura si coniuga con il gusto di condividere con altri la propria personale analisi del testo. Di tipo speciale è però lo Slow Reading Club, nato a Wellington, Nuova Zelanda, qualche mese fa e già presente su tre continenti. Qui i lettori non parlano dei libri che hanno letto, ma semplicemente li leggono, ognuno per conto proprio, in silenzio, all'insegna di un motto comune: “Corpo calmo, mente curiosa, cuore aperto”. Per ora non ci sono dati certi, ma sembra che questo esercizio di concentrazione in un ambiente amichevole e tranquillo abbia effetti portentosi per la riduzione dello stress.
E per i maligni, pronti a obiettare che lo Slow Reading Club non è una grande novità, perché le biblioteche forniscono da secoli uno spazio protetto per chi vuole leggere in pace, la risposta è pronta. Il club della lettura lenta, con la sua ora settimanale dedicata ai libri e accompagnata da cuccume di caffè americano o da cocktail poderosi, ha una leggerezza attraente: si può spostare velocemente da un luogo all'altro, presuppone che alla fine i lettori spezzino il loro silenzio e comincino a parlare fra loro. In tempi liquidi e solitari, non è poco, soprattutto se a fare da tramite fra l persone è, ancora una volta, il vecchio libro.
Maria Teresa Carbone