CULTURA

Il paese che ha smesso di leggere. E prova a rimediare

Dello scrittore messicano David Toscana è uscito in Italia un solo romanzo, L'ultimo lettore (Bookever 2007) che ha per protagonista il bibliotecario di una cittadina sperduta nel deserto, tenace e temerario custode di libri ormai abbandonati da tutti. Grazie a loro, a quelle parole considerate inutili, Lucio riesce, più e meglio degli altri, a penetrare dentro la realtà, anche quando si trova di fronte fatti tragici e terribili, come la morte misteriosa di una ragazzina. Un tema, quello della (fine della) lettura, che evidentemente preme molto allo scrittore il quale pochi giorni fa, il 5 marzo, ha pubblicato sul New York Times un editoriale intitolatoThe Country That Stopped Reading, “Il paese che ha smesso di leggere”. Toscana parla del Messico, e tuttavia le sue osservazioni colpiscono anche da questa parte dell'Atlantico, non soltanto per le affinità fra il quadro che lui descrive e quello che abbiamo sotto gli occhi (un aumento del tasso di scolarità cui non corrisponde un aumento della lettura, campagne “promozionali” che si concentrano sui libri e non sui lettori, riforme scolastiche che sistematicamente ignorano la questione), ma soprattutto perché lo scrittore messicano si interroga sul significato che diamo all'atto stesso di leggere: si tratta di decifrare i segnali stradali o gli sms sullo schermo del telefonino? di sfogliare distrattamente un giornale o una rivista? o di affrontare i grandi classici della letteratura? Toscana non ha dubbi: quando parliamo di leggere, parliamo di libri come il Don Chisciotte ed è verso questo obiettivo che va allenato il “muscolo” della lettura (secondo la spiritosa definizione di Alan Bennett nel suo La sovrana lettrice). Il problema – e questo Toscana non lo dice – è che questo “muscolo”, a differenza di quelli reali che usiamo per camminare o per parlare, è ancora molto rudimentale. Come ricorda Maryanne Wolf, autrice di Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge (Vita e pensiero 2009), in una intervista a Marco Dotti uscita sull'ultimo numero di Alfabeta2 all'interno di un nucleo di articoli dedicato appunto alle evoluzioni contemporanee della lettura, “strutturalmente il nostro cervello non è molto diverso da quello degli uomini pre-letterati di milioni di anni fa”. Ci vorrà tempo, insomma, “tempo – è ancora Wolf a parlare – per riflettere, per dare ai nostri ragazzi il modo di fruire di quelle possibilità riflessive che la lettura ci ha offerto”, di comprendere, come aveva già splendidamente detto Proust, che leggere è “il fruttuoso miracolo di una comunicazione nel mezzo di una solitudine”. Proprio la condivisione di questo miracolo è, in un certo senso, la scommessa su cui si basa la pratica dei gruppi di lettura, radicati da molti anni nel mondo anglosassone e oggi sempre più diffusi anche in Italia, come ha dimostrato il convegno Ecco s'avanza uno strano lettore, che si è tenuto nel novembre 2012 presso la biblioteca di Cologno Monzese. Esperienza davvero singolare, quella del gruppo di lettura, dove il corpo a corpo solitario che ognuno ha intrattenuto con il testo viene messo in circolo insieme a quello degli altri, senza gerarchie di nessun tipo. E ancora su questa linea, che vede l'individualità del leggere affiancarsi, e non contrapporsi, all'idea del confronto, si pone una recentissima iniziativa avviata dal gruppo romano Monteverdelegge (di cui chi scrive è coordinatrice) e dal Centro diurno del locale Dipartimento di salute mentale (Asl Roma D): appunto in una sala del Dsm ha trovato sede  la prima bibliolibreria gratuita italiana, “Plautilla”, dal nome di una architetta romana del Seicento, che operò in quello che è oggi il quartiere di Monteverde e che fu poi dimenticata. A meno di due mesi dall'inaugurazione, avvenuta il 28 gennaio, “Plautilla” conta attualmente oltre 2.000 volumi (molti dei quali provenienti da una generosa donazione di Lisa Ginzburg) che, dopo essere stati catalogati, si dispongono a incontrare i loro lettori secondo uno statuto di assoluta libertà: possono essere letti – e magari commentati – in sede, portati a casa, poi restituiti o invece tenuti, proprio perché ogni lettore e lettrice,  alle prime armi o già collaudato, scelga il rapporto da stringere con quel determinato libro. Gratuita e aperta a tutti (in uno spazio pubblico che non è destinato solo ai lettori abituali, e anzi coinvolge persone segnate dal disagio psichico, e spesso per questo stigmatizzate), “Plautilla” potrebbe essere il prototipo di un modo nuovo, e meno effimero, di promuovere la lettura?

Maria Teresa Carbone

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