CULTURA
Dal fuoco nel bosco al microonde
"Cessate il cuoco!" L'implorazione di Alessandro Bergonzoni è impeccabile e c'è poco da aggiungere; l'inflazione di approfondimenti televisivi ed editoriali di vario genere in tema culinario ha raggiunto livelli impressionanti. La cucina si è infiltrata negli interstizi del tempo libero: si è letto tutto e vi si vede tutto, comprese cose molto serie e interessanti, ma forse è troppo. Competizioni per sadici governate da chef amabili come un virus gastrointestinali, sciure col grembiule cui va il merito di averci dimostrato che se ce la fanno loro ce la facciamo tutti anche senza Bimby, sfilate di moda ispirate ai menu. Eppure non siamo mai sazi, dal Food non si scampa (a Palazzo delle Esposizioni fino al 1 marzo la mostra del National Geographic), specie nell'anno dell'Expo - sfamiamo il pianeta che, in attesa di dispiegarsi da maggio a dicembre, ha già mostrato nei mesi scorsi una certa propensione dei suoi eroi italici al più classico dei magna magna.
Eppure "Cotto", del giornalista americano (e docente di giornalismo) Michael Pollan, pubblicato in Italia da Adelphi non è il solito libro di cucina: piuttosto un saggio, tra antropologia, chimica ed economia, sulla trasformazione degli alimenti in qualcosa di edibile; e non è una furba perifrasi.
In un tomo avvincente di oltre 400 pagine Pollan in effetti più che di cucina parla di cottura (e segnatamente della sua personale iniziazione a questo processo) attraverso quattro vie legate ad altrettanti elementi: i soliti aristotelici e astrologici acqua, fuoco, terra e aria, più ovviamente l'amore, come anche Luc Besson comanda. Il tutto condotto con il brio dell'inchiesta giornalistica e la credibilità della prima persona.
Parte dall'assunto Pollan che solo l'uomo, tra le bestie, cucina e cuoce - fatta eccezione per certi uccelli che lasciano germinare nel gozzo i semi freschi perché gli enzimi comincino a mobilizzare i minerali, o per lo scoiattolo che sotterra le ghiande in giardino per farle fermentare e diventare più digeribili; o per i primati, o certi uccelli, che prediligono la frutta fermentata perché piacevolmente alcolica... ma questo non è esattamente cuocere.
Il primo metodo di cottura esaminato ed esperito da Pollan è quello a mezzo fuoco, anzi su fuoco: il barbecue che, a dispetto di quanto pensiamo noi e quanto credeva anche lui a inizio avventura, non significa grigliare quattro hamburger in giardino, ma piuttosto far cuocere un maiale intero tutta la notte in forni interrati su braci ottenute da legna buona e profumata. Procedura questa che ha le sue radici nell'arrostimento degli animali dopo il sacrificio, dovo il fuoco e il fumo sono il veicolo a disposizione dell'uomo per dialogare con le sfere celesti, destinatarie del sacrificio in questione. Non sono tutte teorie nuove, quelle di Pollan, e non vogliono esserlo: richiama spessissimo Levi Strauss e fornisce in note e bibliografia una grande copia di letture suggerite.
Però in "Cotto" vengono messe a sistema e alla prova, le dichiarazioni di molti illustri indagatori del settore alimentazione che spesso lambiscono le regioni della spiritualità e si estendono fino alle neuroscienze con la neurogastronomia.
Se il barbecue nato nel Sud degli States, e annualmente celebrato in apposito festival a New York, è dominato dagli uomini, la cucina per aquam è cosa da donne, liquide per definizione.
Arrostire è vigilare (compito militare), domare il fuoco e attorno ad esso vantarsi in pubblico delle proprie abilità venatorie; al contrario soffriggere, sobbollire, brasare, sono azioni poco cool da esibire. Non a caso cuocere scenograficamente è l'unica azione casalinga in cui normalmente il maschio si cimenta con orgoglio (il reality sulla pulizia dei bagni o lo stiraggio delle camicie non lo fanno neanche in Islanda) e la cucina-performance tutta fuochi e fiamme è stretto appannaggio di chef maschi tanto da aver fatto avvertire l'esigenza di una riflessione condivisa sulle potenzialità femminili nel mondo della gastronomia a Bilbao il prossimo marzo. Michael Pollan però si è insinuato e ben rintanato nei recessi, i cucinotti casalinghi, dove le streghe rimestano nei pentoloni e ha scoperto così la magia esercitata dall'acqua su cibi anche molto economici (tagli meno pregiati di carni esaltati da brodi vegetali) imparando a praticare una pazienza ripagata dall'aroma: quello capace di stanare dalla stanza il figlio adolescente del giornalista e richiamarlo al desco familiare, ad attingere dallo stesso tegame con padre e madre. Bisogna tenere conto che la cultura o noncultura alimentare in cui si muove Pollan è quella degli Stati Uniti, un posto dove si cucina (nel quotidiano e spenti i riflettori di master chef) molto meno che da noi e il microonde è un alleato imprescindibile che provvede a un pasto per volta, con la conseguenza che ogni membro della famiglia mangia per conto suo. Non a caso la tovaglietta singola detta all'americana circoscrive la solitudine di un piatto unico da cui si servono commensali-isole.
Impressionante in tal senso la descrizione dei reparti surgelati nei supermercati Usa: per quanti salti in padella si facciano ormai in Italia, la vastità della gamma del cibo frozen americano, sciorinata in un paragrafo dedicato all'esperimento di una serata "micro onde" dopo mesi di vero spadellamento, è inarrivabile.
Il percorso di cottura dominato dall'elemento aria è dedicato alla panificazione ed è un inno all'azione del lievito naturale di una pasta acida capace di rendere i semi delle graminacee più nutrienti per gli esseri umani. L'analisi delle trasformazioni che avvengono nell'impasto, e che Pollan chiama "coreografia di mutuo sfruttamento tra coltura microbica e cultura umana", è in effetti troppo affascinante per decidere di ignorarla per ragioni che non siano la nostra impazienza o "il desiderio di esercitare un controllo invece di eseguire una danza o cavalcare un'onda" (ricordiamo che l'autore lavora in California).
Il capitolo più sorprendente è però forse proprio l'ultimo, dove si parla di terra e quindi fermentazione: di ortaggi, latte, succhi della frutta, miele e cereali. Seguendo al microscopio la nascita di crauti, formaggi, idromele e birra Pollan si stupisce di quanto il concetto di morte e corruzione ci sia vicino nel quotidiano: nella patina di lieviti su un frutto maturo e in ogni altra colonia di germi responsabile in futuro della nostra, brrr, dissoluzione. L'argomento è poco appetitoso e molto quaresimale ma raggiunge, specie nei paragrafi dedicati all'attività casearia condotta al fianco di una suora francese, vette di grande saggezza (e porta idee quali l'introduzione di formaggi come il gorgonzola nel rito eucaristico a significare la morte e resurrezione) e approfondimento sociolinguistico: come quello sul mondo schiuso dal termine terroir, che i francesi usano per riferirsi al legame di un formaggio al luogo dove è stato prodotto.
Alla fine del libro anche l'autore di Cotto (per fortuna in Adelphi non hanno aggiunto "e mangiato") non resiste alla tentazione e lascia al lettore quattro ricette di numero, una per elemento, insieme alla consapevolezza che sfornare pane, brasare il maiale, prodursi una "Ale" personalizzata, tutte le trasformazioni culinarie insomma, sono tutti modi per ricavare dalla natura, oltre a nutrimento ed energia, anche preziosi supplementi di significato.
Silvia Veroli