CULTURA

Guida tascabile per maniaci dei libri

 "Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome.

Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene),

 che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale!”.

(Elsa Morante, L’isola di Arturo, 1957)

Le pagine sono oltre cinquecento, difficile metterlo in tasca. Del resto, il progetto richiedeva un certo spazio perché l’elenco conta ben 1100 opere fondamentali. Guida tascabile per maniaci dei libri – recentemente pubblicato da Edizioni Clichy e curato da The Book Fools Bunch, collettivo formato da editor, scrittori, lettori e professionisti dell’editoria italiana - è un catalogo di titoli ma anche di autori, trame, incipit (di cui riportiamo qualche esempio), citazioni, vite e persino ricette letterarie e cocktail d’autore: dalla zuppa di piselli de Le streghe di Roald Dahl al pasticcio di funghi, porri e bacon de Il signore degli anelli di Tolkien, dalle frittelle di riso dalla Storia di chi fugge e di chi resta di Elena Ferrante alle triglie fritte all’algerina de Lo straniero di Albert Camus, per chiudere con un Gin Gimlet, cocktail preferito di Philip Marlowe, protagonista di Il lungo addio di Raymond Chandler, o il White Angel di Holly Golightly in Colazione da Tiffany di Truman Capote.

Non mancano poi le curiosità: forse non sapete che la prima edizione di Moby Dick di Herman Melville non conteneva l’epilogo per un errore di stampa, che Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain è il primo libro a essere mai stato redatto con una macchina da scrivere, che Alexandre Dumas assunse un ghostwriter per aiutarlo a scrivere I tre moschettieri e Il conte di Montecristo, si chiamava Auguste Maquet e portò Dumas in tribunale, perché non gli furono mai riconosciuti la fama e un adeguato compenso per il lavoro svolto.

“Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io e i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie! Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezi! Non fate potacci! Sbrodeghezi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire”

(Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, 1963)

L’insolita guida non raccoglie solo i più premiati e i best seller (dentro troviamo titoli da milioni di copie vendute: il Racconto di due città di Charles Dickens e Vita di Pi di Yann Martel, ma anche Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry e Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Màrquez), i libri diventati film, i libri che parlano di libri e quelli che parlano di cibo, ma anche una breve storia dell’editoria, che inizia nel 1041-48 con il primo sistema di stampa a caratteri mobili, in terracotta, realizzato dal tipografo cinese Bi Sheng, e soprattutto una lunga lista con le più celebri, e il più delle volte spietate, stroncature di opere e autori. Come quella riservata a Il bianco veliero di Italo Calvino da Elio Vittorini, che scrive: “Tra pagina 56 e pagina 197 c’è una gran fretta da bambocciata. C’è infantilismo e basta. Io gli direi di riprenderlo, rileggerlo a freddo, e vedere se non può riscrivere, dico riscrivere, tutte le pagine dalla 56 alla 197”; oppure le dure critiche di Nabokov a Per chi suona la campana: “Parlando di Hemingway, l’ho letto per la prima volta all’inizio degli anni Quaranta. Qualcosa su campane, palle e tori (gioco di parole in lingua originale: bells, balls and bulls, ndr): mi ha disgustato”. E ancora, Faulkner diceva di Hemingway: “Non risulta aver adoperato mai parola che costringesse il lettore a consultare il dizionario”, viceversa Hemingway di Faulkner: “Povero Faulkner. Davvero crede che i paroloni suscitino forti emozioni?”. Friedrich Nietzsche definiva Dante Alighieri “una iena che scriveva poesie sulle tombe” e Platone “uno strazio”.

Per il New York Times, Lolita di Nabokov si presenta come “una novità nel mondo dei libri. Ma, questa, purtroppo è una cattiva notizia. Ci sono due motivi, entrambi molto gravi, per cui non vale la pena di leggerlo. Il primo è che è noioso, noioso in un mondo pretenzioso e maliziosamente fatuo. Il secondo è che è ripugnante”, e su Via col vento di Margaret Mitchell: “Ci siamo ritrovati a credere che questo libro sarebbe stato infinitamente migliore se ne fossero state tagliate, diciamo, 500 pagine”. Virginia Woolf definisce Aldous Huxley “completamente rozzo, immaturo e oppositivo”; per Joseph Conrad, invece, David Herbert Lawrence è “sozzura, nient’altro che oscenità”, e Gore Vidal considera Truman Capote “in tutto e per tutto una casalinga del Kansas, pregiudizi compresi”.

“Generalmente s’inizia a dedicarsi all’arte dopo aver vissuto. Ho l’impressione che a me sia accaduto il contrario, che io mi stia dedicando alla vita dopo avere iniziato la mia attività artistica”

(Yukio Mishima, Lezioni spirituali per giovani samurai, 1970)

In Italia non si legge più, o meglio, non si leggono più libri. In tanti scrivono e la vita delle persone è piena di parole e messaggi ma, a quanto pare, nessuno sembra interessato a prendersi del tempo per leggere un buon libro. I dati Istat di fine 2017 hanno regalato un quadro desolante della lettura nel nostro Paese: i lettori dai sei anni in su sono passati dal 42% del 2015 al 40,5% del 2016 (stesso livello del 2001). Dal 2010, anno in cui è stato registrato il picco massimo con il 46,8%, si è verificata una costante flessione. Non si legge, dunque, se non si è obbligati a farlo per motivi scolastici o professionali. Rispetto a tutte le altre classi d’età, i lettori più forti sono i giovani tra gli 11 e i 14 anni e l’effetto della familiarità influisce nelle abitudini: legge libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 18 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 30,8% tra i figli di genitori che non leggono libri. Nell’opinione degli editori, a determinare la modesta propensione sarebbero il basso livello culturale della popolazione e la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura.

“Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di metter su la pagina culturale, perché il Lisboa aveva ormai una pagina culturale e l’avevano affidata a lui”.

(Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, 1994)

In questo panorama si inserisce un “atto d’amore” rivoluzionario, così i curatori definiscono la guida: “Amore per i libri, amore per le storie, amore per la bellezza e per l’orrore, amore per le donne e per gli uomini che hanno vissuto prima e accanto a noi e per quelli che verranno dopo di noi, amore per la memoria, per la vita, per l’amore. Tutte cose che sono dentro i libri e che stanno nei libri come non potrebbero stare in nessun altro luogo al mondo”. Un manifesto sentimentale, a cui si aggiunge una indicazione tecnica, anzi due, per non confondere le idee, perché la lettura è una questione personale e, come scriveva Proust, “ogni lettore, quando legge, legge se stesso”, così una selezione di opere non potrà mai essere da tutti condivisa: “La prima: il criterio principale è sempre quello cronologico, perché come insegnava Lorenzo Milani ai suoi ragazzi di Barbiana, l’essenziale è collocare le cose, tutte le cose, nel corso del tempo. La seconda: le scelte che abbiamo fatto sono ovviamente discutibili, ma sono nostre. Ce ne assumiamo ogni responsabilità. È gradito il dibattito. Buona lettura”.

Francesca Boccaletto

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