SOCIETÀ
La New York Public Library va sul web
La sala di lettura principale della New York Public Library. Foto: Reuters/Mike Segar MS/JDP
Oltre 180.000 regali (per la precisione 187.000) fuori stagione e provenienti dalla New York Public Library per i potenziali navigatori del web: sono i documenti che la biblioteca pubblica newyorkese (la terza più grande del Nord America) ha digitalizzato. Sono così consultabili gratuitamente da chiunque non solo libri ma anche stampe antiche, mappe, atlanti, cartoline, fotografie, lettere, spartiti musicali. Tutto di dominio pubblico: il che vuol dire che si può godere delle collezioni digitali (scaricabili ad alta risoluzione) e riutilizzarle in modo pressoché illimitato, senza dover chiedere permesso e senza restrizioni salvo rara eccezione; di norma basta citare la fonte e far girare il progetto nella più illuminata filosofia open source così poco praticata e familiare nel Bel Paese nostro.
Il contenuto digitale della biblioteca appare come quello di una wundercamera impressionante ma anche bene organizzata: i suoi variegati ospiti sono classificati per secolo di nascita, genere (corrispondenza, litografie, opuscoli…), collezione d'appartenenza e persino per colore come in un catalogo pantone. Per la cronaca la tinta più presente è senz'altro il marrone, seguito dal giallo e arancione, che sono i toni caldi dell'invecchiamento dei materiali tangibili, come evidente nell'imbrunire del rame e nell'ingiallimento della carta; eppure esiste una sequela di documenti verdi come visti attraverso gli occhiali d'obbligo a Emerald City e dove una buona porzione è rappresentata dai numeri della Green Book: si tratta di una guida - ovviamente verde - che prende il nome da quello del suo autore, Victor Green, afroamericano, postino nel New Jersey residente ad Harlem che dal 1936 al 1966 stilò l'elenco degli alberghi, ristoranti, saloni di bellezza, night club, bar, stazioni di servizio, dove i viaggiatori neri sarebbero stati i benvenuti anche in quegli anni di segregazione e linciaggio. Nel sito della NY Public Library, che invita a giocare con i suoi tesori, è anche possibile tracciare la mappa di un viaggio da una città a scelta all'altra degli States all'epoca in cui Rosa Parks non cedeva il suo posto nel bus al passeggero bianco e individuare, lungo un itinerario prescelto, i luoghi allora raccomandabili per mangiare dormire o fare il pieno. "Verrà il giorno in un futuro prossimo in cui questa guida non dovrà più essere pubblicata... E sarà un grande giorno quello in cui potremo sospenderne la pubblicazione perché potremmo andare dove ci pare e piace e senza imbarazzo. Ma fino ad allora continueremo a pubblicare queste informazioni ogni anno...", scrive Green nell'introduzione e anche con Obama in Casa Bianca (e nonostante la persistenza di una questione razziale americana) è di molto interesse poter visitare l'America cogli occhi e nei panni di chi subiva allora certe discriminazioni.
L'archivio funziona da macchina nel tempo laddove consente di mettere a confronto e navigare foto d'epoca (della Fifth Avenue) con visioni 2015 della medesima fornite da Street View, e promette divertimenti ludico architettonici permettendo di studiare e ricostruire planimetrie di edifici della New York dei primi anni del secolo scorso. Foto di scena di attrici teatrali degli anni Trenta (come Katharine Cornell nell'Età dell'Innocenza) convivono accanto ai manoscritti di Whitman, Thoreau e Hawthorne e a quello che è considerato il primo libro fotografico della storia, "Photographs of British Algae": lo ha realizzato nel 1843, una donna, botanica e fotografa, l'inglese Anna Atkins, con la tecnica della cianotipia e ritrae alghe appunto in una poetica rapsodia in blu per immagini. Se conoscere il menù di antiche tavole calde americane, ammirare cartoline illustrate in regalo nei pacchetti di sigarette (ancora non ritraevano referti medici raccapriccianti ma immagini come quelle delle figurine Miralanza, per chi se le ricorda) o provare ricette d'antan appaga incidentalmente il sogno più sfrenato del bibliofilo incallito e del collettore seriale di memorabilia (e “memorabiblia”) l'operazione rimane fondamentalmente, un atto di grande generosità e avvedutezza: si salvano le tracce del passato illustre e pop che sia, infilandole in bottiglia e affidandole alla curiosità e all'ingegno di chi vorrà e saprà farne qualcosa. Non a caso l'idea viene a una biblioteca che tra le sue 87 filiali ne conta una completamente dedicata ai non vedenti e che nella home page del suo sito, oltre a promuovere una mostra d'are medievale e un contest sull'uso creativo delle immagini messe a disposizione del pubblico dominio, offre ai lettori una lista di libri da non perdere: quelli preferiti da David Bowie.
Silvia Veroli