SCIENZA E RICERCA

Salviamo il mare (e il suo ecosistema): il nuovo rapporto dell'IPCC

Il mare non è un nemico dell’uomo. Piuttosto è vero il contrario: noi esseri umani stiamo minacciando l’ambiente marino (e di conseguenza la criosfera: la parte ghiacciata del nostro pianeta). E le conseguenze potrebbero essere molto pericolose, non solo per chi abita in zone costiere o in alta quota, ma per tutta la popolazione mondiale.

A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che rimarca come, senza interventi urgenti di riduzione delle emissioni di gas climalterante, le ripercussioni saranno pesanti.

È l’ennesimo mattone che rimanda all’urgenza di adottare politiche forti e immediate per contrastare il cambiamento climatico: non servono solo parole – come quelle ascoltate in questi giorni durante il climate summit di New York – ma interventi certi, mettendo anche all’angolo chi, come ad esempio i presidenti degli Stati Uniti e del Brasile, Trump e Bolsonaro, continua a negare l’esistenza del climate change. 

Il ruolo primario degli oceani e delle aree ghiacciate del pianeta

Lo sappiamo: oceani e aree ghiacciate della Terra giocano un ruolo primario nel funzionamento dell’ecosistema del nostro pianeta. Un totale di 670 milioni di persone vive in regioni di alta montagna, altre 680 milioni di persone vivono lungo basse aree costiere, 4 milioni vivono nella regione artica, 65 milioni all’interno di piccole isole disseminate nel globo. Tutti dipendono direttamente da questo sistema delicato.

Il riscaldamento globale ha fatto salire la temperatura di 1 grado C rispetto all’era pre-industriale. Come diretta conseguenza, l’oceano è più caldo, più acido e meno produttivo. Lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari causa un aumento del livello dei mari. La conseguenza sarà la crescita, in frequenza, di eventi meteorologici estremi.


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Ma per l’IPCC c’è ancora una finestra per cercare di preservare gli oceani e la criosfera, a patto di adottare urgenti riduzioni di gas climalteranti: “I ghiacciai, le calotte polari artiche e antartiche – spiega Hoesung Lee, chair dell’IPCC – sembrano luoghi esotici per la maggior parte delle persone. In realtà, siamo influenzati tutti direttamente e indirettamente da essi per il clima, il tempo meteorologico, il cibo, l’acqua, l’energia, il commercio, il turismo, la salute e l’identità culturale”. Ridurre l’impronta climatica non eliminerebbe il problema alla radice “ma le conseguenze potrebbero essere gestite meglio”. 

Le conseguenze nelle zone di alta montagna

Gli abitanti delle zone di alta montagna sono sempre più frequentemente esposti a rischi e cambiamenti nella disponibilità di acqua, si legge nel rapporto: “Ghiacciai, neve e il permafrost si stanno riducendo drasticamente – recita il rapporto IPCC – e continueranno a farlo”. Tuttò ciò aumenterà il rischio di slavine, frane e inondazioni. “Si prevede che i piccoli ghiacciai in Europa, Africa dell’Est, delle Ande tropicali e in Indonesia perderanno più dell’80% della loro massa attuale da qui al 2100”. E il ritiro del permafrost delle aree di alta montagna produrrà anche conseguenze sul piano economico e turistico. Non solo: con la diminuzione dei ghiacciai si andrà incontro a una variazione delle quantità idriche con conseguenze sul settore agricolo e su quello di produzione di energia idroelettrica. “Queste modifiche non colpiranno solo coloro che vivono in queste aree – afferma Panmao Zhai – ma tutte le comunità a loro collegate”.

Ghiaccio che si scioglie e altezza dell’acqua in crescita

Un altro cambiamento già in atto è facile da notare: lo sciogliersi dei ghiacciai e delle lastre di ghiaccio polari comporta un aumento dei livelli del mare e a un’espansione di aree dell’oceano più caldo. Nel XX secolo i mari sono cresciuti globalmente di 15 centimetri. Ai giorni nostri il tasso di risalita è più che raddoppiato (3,6 mm all’anno) e sta ancora accelerando. “Se non si attueranno politiche di contenimento dei gas serra il livello del mare potrebbe raggiungere i 30-60 cm entro il 2100, anche se riuscissimo a limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi C rispetto all’era preindustriale”. 

Aumento di fenomeni estremi all’altezza del mare

L’IPCC mette in guardia: senza politiche adatte l’aumento del livello del mare porterà a una recrudescenza di fenomeni meteorologici estremi come l’aumento delle inondazioni: “Alcune isole potrebbero diventare totalmente inabitabili”. D’altra parte l’aumento in frequenza di uragani, venti e fenomeni piovosi sta già minacciando gli habitat costieri: “Se i gas climalteranti emessi nell’atmosfera non diminuiranno, i fenomeni si faranno ancora più intensi”. 

I cambiamenti nell’ecosistema marino

L’aumento della temperatura del mare sta già intaccando numerose specie con un impatto sul sistema ecomarino e sugli abitanti che dipendono da esso. 

Ad oggi il mare ha intrappolato al suo interno più del 90% dell’eccesso di calore: entro il 2100 gli oceano riceveranno valori da 2 a 4 volte superiori rispetto al periodo compreso tra il 1970 e oggi se il riscaldamento globale sarà limitato entro i 2 gradi di aumento. In caso contrario i valori saliranno da 5 a 7 volte rispetto allo stesso periodo di tempo

Le conseguenze, già in atto, comportano una riduzione delle risorse ittiche nel mare che potrebbero mettere a rischio le comunità che dipendono in modo importante da questa forma di sostentamento. 

L’ultimo accento viene posto sulla velocità con cui si sta assottigliando il ghiaccio nel Mare artico e sui cambiamenti del Permafrost. Quest’ultimo mantiene al suo interno grandi quantità di carbonio organico, circa il doppio rispetto a quello presente in atmosfera. Il carbonio organico se rilasciato avrebbe il potenziale di aumentare in modo significativo la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. L’IPCC riporta come non sia ancora chiaro se ci sia già un rilascio di questo tipo a causa dello scongelamento del Permafrost.

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