CULTURA
“A casa”. La graphic novel sul dramma delle migrazioni raccontato dalle donne
Credit foto: Tunuè
“Dove vuoi andare, cuore mio?” domanda Mona in silenzio al piccolo che le cresce in grembo, mentre vaga in quell'aeroporto greco ormai trasformato in un campo per rifugiati. “Ti mostrerò la mappa del mondo, la lista delle destinazioni esotiche. Ma il nostro aeroporto è soltanto un vicolo cieco. I suoi aerei sono arrugginiti e sulle piste cresce la gramigna”.
Mona, fuggita dalla Siria insieme al marito a bordo di un gommone, e Monika, ostetrica del Centro Medici del Mondo, sono le protagoniste di A casa, opera dell'illustratrice francese Sandrine Martine pubblicata in italiano da Tunuè, con la traduzione di Stefano Andrea Cresti.
Attraverso il linguaggio visivo e immediato della graphic novel, Martin racconta una storia diversa e toccante nata dalle voci e dalle esperienze delle donne incinte ospitate nei centri di accoglienza d'Europa, una categoria spesso sottorappresentata nelle narrazioni del fenomeno migratorio.
Martin ha assistito l'antropologa Cynthia Malakasis nel suo lavoro sul campo nei centri di accoglienza in Grecia per un progetto chiamato EU border care e finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), con lo scopo di osservare le condizioni in cui vivono le donne incinte che si trovano nei diversi centri di accoglienza in Europa e valutare i servizi di cura a loro destinati. A casa si basa proprio sulle storie raccontate da cinque donne siriane ospitate in un campo di accoglienza ad Atene e raccolte da Vanessa Grotti, antropologa dell'università di Bologna e responsabile del progetto.
Dalle loro esperienze nasce il personaggio di Mona, così come quello di Monika prende vita dai racconti delle ostetriche che lavorano nelle strutture sanitarie di questi centri di accoglienza, le quali spesso disapprovano le politiche sanitarie degli ospedali e delle cliniche ostetriche greche, dove vengono effettuati molti più parti cesarei di quelli necessari e imperversa una cultura di ipermedicalizzazione che sembra impossibile da scalfire.
Tra presente e passato scopriamo la storia di Mona, che ha lasciato in lacrime la sua famiglia e la sua amata terra d'origine, la Siria straziata dai continui bombardamenti. In tasca una miscela per sigarette con lo stesso profumo del suo paese e nel cuore il sogno di diventare una scrittrice o una pittrice.
“ Consumo la me artista che ammutolisce. Guardando le persone negli occhi, come a dir loro: non sono quella che credete Mona in “A casa” di Sandrine Martin, Tunuè 2021
Arrivati finalmente in Europa, ad Atene, Mona e suo marito Suleiman, denutriti e spaventati, scoprono che stanno per diventare genitori e faranno di tutto per far sì che il bambino non nasca in quell'aeroporto diventato un campo di accoglienza per migranti.
Il loro sogno è raggiungere la Germania, dove vivono già alcuni parenti di Suleiman, ma la prassi è lunga e arzigogolata, e prevede che sia il paese d'arrivo a scegliere le persone da accogliere e non viceversa.
Credit foto: Tunuè
È in questo momento cruciale della sua vita che Mona si imbatte in Monika e trova in lei un'amica e un conforto. Monika si barcamena tra il lavoro di ostetrica al centro Medici del mondo, dove la sua opinione resta spesso inascoltata, e la cura della famiglia che lei e il marito, rimasto disoccupato, non riuscirebbero a mantenere senza l'aiuto economico degli invadenti genitori di lui. È difficile per lei sentirsi realizzata in un paese dove la crisi economica ha creato povertà e disoccupazione e dove il sogno di aprire un sua clinica ostetrica per le donne rifugiate non ha possibilità di realizzarsi.
Entrambe deluse dalla realtà che le circonda e tradite dai paesi in cui sono nate e cresciute, che non hanno dato loro i mezzi per realizzare i loro sogni, Mona e Monika si daranno forza a vicenda per prendere in mano la loro vita e affrontare ciò che il futuro ha in serbo per loro.
Credit foto: Tunuè
A casa è un racconto delicato e dolceamaro di aspettative tradite, amicizia e forza d'animo, ma anche la denuncia a un sistema di accoglienza dei migranti che fatica a prendersi cura delle donne che durante la loro fuga verso la libertà scoprono di essere incinte e devono affrontare una gravidanza in un paese che non le stava aspettando, in cui si parla una lingua che non conoscono e per di più senza documenti.
A casa ci porta all'interno della realtà contraddittoria e spesso incomprensibile che sperimentano i richiedenti asilo che devono dimostrare di meritare l'aiuto di cui hanno bisogno, nella speranza che la loro domanda di rilocalizzazione venga accettata: una spirale di burocrazia e condizioni precarie che tratta le persone come numeri, lasciandole sole e disorientate ad aspettare per mesi la data di un colloquio che, in base alle informazioni contenute in ognuno dei loro personali fascicoli, stabilirà il loro futuro.
Tra loro ci sono donne e uomini come Mona e Suleiman, che sognano una vita migliore e sperano di trovare un posto nel mondo che possa farli finalmente sentire a casa.