CULTURA

Tra le due anime della materia. L'arte negli spazi della scienza

"Favorire nei ricercatori e negli studenti l’apertura ad orizzonti più ampi di immaginazione e di ricerca”. Questo l'obiettivo del professor Luigi Chieco Bianchi (1933-2023), tra i padri dell’oncologia moderna, che credeva nella forza ispiratrice dell’arte. Nel 2001, per sua iniziativa, nasce la collezione d’arte contemporanea della sezione di oncologia e immunologia del dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell’ateneo di Padova. 

Negli spazi destinati alla ricerca per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori dello IOV, l’lstituto oncologico veneto di Padova, oggi si possono ammirare dipinti, sculture, installazioni di Manfredo Massironi, Fabrizio Plessi, Giovanni Soccol, Pompeo Pianezzola, Sandra Marconato, Fabrizio Plessi, Renato Pengo, Giorgio Camuffo, Nina Nasilli, Lee Babel e molti altri. Tutte opere donate. “Mi rivolgevo a un amico artista, gli parlavo delle nostre ricerche, dei nostri nuovi laboratori e gli chiedevo direttamente: doneresti una tua opera all'Università di Padova? Chi accoglieva la mia richiesta, veniva a visitare i laboratori e, sulla base dell'ambientazione e di qualche nostra indicazione, sceglieva l'opera che voleva destinarci", raccontava il professore, in una intervista, pochi mesi prima della sua scomparsa.

Già nel giardino esterno, prima ancora di entrare nella palazzina dei ricercatori di via Gattamelata, l’accoglienza è affidata al tronco di Dorgali di Alessio Tasca, scultura oggi incompleta perché danneggiata durante alcuni lavori, a cui si affianca, all'interno, un Senza titolo sempre dell'artista di Nove, unica opera acquistata dal dipartimento proprio a seguito del danneggiamento del primo lavoro donato dall’artista.

Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Interrogativo Uomo di Giorgio Camuffo è la prima opera della collezione, donata dal grafico e docente veneziano nel 2001. Si tratta di una grande sagoma umana stilizzata in legno verniciato con un enorme punto interrogativo al centro del busto, che, ancora oggi, si trova nell'atrio d'ingresso dei laboratori e, per usare le parole di Chieco Bianchi, "rende con efficacia l'interrogativo costante che marca la vita dei ricercatori". La figura spersonalizzata invita chiunque la osservi a identificarsi, avviando così un personale processo di riflessione e indagine. 

"La raccolta è il risultato di un'operazione corale che ha il preciso scopo di dare vita a una azione e non si esaurisce con la donazione dell'opera, ma trova la sua compiuta realizzazione attraverso la fruizione da parte dei reali destinatari della donazione, cioè coloro che lavorano e studiano nei laboratori del dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche, e gastroenterologiche di Padova", racconta Giovanni Bianchi, docente di Storia dell'arte contemporanea all'università di Padova (DBC) e curatore del volume dedicato alla collezione. "Lo scopo era quello di umanizzare, attraverso l'arte, i luoghi di lavoro". 

La ricerca come ponte tra le due anime della materia è il titolo dell'opera di Fabrizio Plessi, una stampa su pannello in alluminio realizzata nel 2001 come omaggio alle ricerche svolte all'interno dei laboratori, ora collocata in aula magna della sezione di oncologia del dipartimento. Per questo lavoro Plessi ha scelto di non affidarsi al video ma di esplorare un nuovo linguaggio espressivo: la superficie riflettente di un pannello in alluminio, come uno specchio, coinvolge in prima persona l'osservatore e accoglie una serie di immagini, numerate da 1 a 9, legate alla ricerca medica. Così, riconosciamo lo studio anatomico e quello cellulare, la ricerca sui filamenti del DNA, sui virus e l'immagine della scultura di fine Ottocento Jenner vaccina il figlio di Giulio Monteverde, tributo allo scienziato Edward Jenner (1749-1823) chse introdusse il vaccino contro il vaiolo, con una attenzione particolare alle emozioni dell'essere umano che trapelano dalle espressioni del volto. Agli estremi del pannello due fotografie, tratte dalla serie Le due anime della materia del 1996, mostrano tronchi d'albero sospesi che, ruotando, tracciano una luce blu, l'acqua, e una rossa, il fuoco. 

Manfredo Massironi è stato una figura determinante per l'arte, non solo a livello locale. Fondatore del Gruppo N, con Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa ed Edoardo Landi, la sua opera, come quella di Plessi, si trova all'interno dell'Aula Magna: Closed Flat Knot del 1992, donata nel 2002, fa parte di una serie di sperimentazioni sulla percezione dei nodi. E di serie si parla anche per Sandra Marconato, autrice di lavori realizzati con fibre di cellulosa attraverso un processo paziente e accurato. Le opere dell'artista padovana sono numerate in ordine crescente e negli spazi dei laboratori si trova Stele n.4, che risale al 1985, donata all'università nel 2002. 

Evento di Pompeo Pianezzola è un'opera in ceramica del 2001 che si sviluppa in orizzontale ed è ripartita in settori dai bordi definiti. I toni del blu fanno pensare al colore del cielo e un sottile segno dorato attraversa la superficie, come una stella cadente. Dipinti, ceramiche, sculture ma anche fotografie: all'ultimo piano troviamo gli scatti realizzati in giro per il mondo di Aldo Leoni, medico dermatologo, collezionista e, appunto, fotografo. Dal Bacio incantato, nella Venezia del 1979, alla Pausa di gruppo al Covent garden del 1987, in cui Leoni immortala quattro giovani punk a Londra, per passare alla donna di spalle intenta ad ammirare un'opera al British museum e alla Dolce intesa di una mamma e il suo bambino, incontrati nello stesso anno in Marocco. Medico e docente è anche Antonio Siccardi, presente tra gli spazi dello IOV con Laurie meets Kandinsky, opera che prevede la piegatura a fisarmonica del manifesto di una mostra milanese del 2003 dedicata alla musicista Laurie Anderson. Mamma Giocasta di Nina Nasilli, donata nel 2007, è esposta al primo piano della palazzina. L'opera si ispira al libro Edipo interiorie. La presenza del verbo nel mito greco di Annick de Souzenelle. Una rilettura del mito di Edipo, figlio dei sovrani di Tebe che, ignorando la sua vera identità, uccise il padre Laio e sposò la madre Giocasta.

"Queste opere sono per noi qualcosa di insolito. Siamo abituati a lavorare in ambienti asettici, tra cappe di laboratorio, banconi e pipette ma, passando lungo un corridoio, semplicemente per andare a fare una fotocopia, fa piacere imbattersi nell'arte. Nel corso degli anni, ho avuto modo di apprezzare l'interesse dei ricercatori più giovani nei confronti delle opere esposte: conoscono meno la storia di questa collezione ma abitano uno spazio permeato di scienza e di bello", commenta Antonio Rosato, docente di Immunologia e direttore UOC Immunologia e diagnostica molecolare oncologica. 

"L'Università di Padova vanta uno straordinario patrimonio storico-artistico che, attraverso i secoli, l'ha vista protagonista dello studio e della ricerca in ambito internazionale", spiega a Il Bo Live Chiara Marin, conservatrice del Patrimonio storico artistico di ateneo, Centro di ateneo per i musei/Cam. "In particolare, il periodo più noto legato alla storia dell'arte dell'ateneo è quello novecentesco. Gli interesse artistici del rettore Carlo Anti e la collaborazione dell'architetto Gio Ponti fanno dell'università un punto di riferimento per l'arte italiana del ventesimo secolo, con nomi di spicco come Severini, Campigli, Funi. Pagine di storia dell'arte dipinti sulle nostre pareti. Nel secondo Novecento l'impegno dell'ateneo continua e si arricchisce attraverso una serie di donazioni e acquisizioni di opere, anche di arte pubblica, per promuovere il senso del bello. Attraverso la bellezza è possibile far sentire partecipi della nostra eredità culturale gli studenti, i docenti e il personale: in questo quadro si inserisce l'iniziativa di Chieco Bianchi che ha scelto di caratterizzare in maniera specifica la sua collezione destinandola proprio agli spazi della ricerca. Si tratta di qualcosa di unico".

Nel corso dei suoi viaggi il professor Chieco Bianchi aveva potuto incontrare esperienze di incontro tra la scienza e l'arte. Questo era successo ad Harvard, con i murali di Rothko realizzati nel 1962 per la sala da pranzo dell'attico del Holyoke center dell'università. Chieco Bianchi inizia a interrogarsi sul ruolo dell'arte per la salute e il benessere degli individui e così, tornato a Padova, "nel 2001 dà vita alla collezione e fino al 2014 continua a raccogliere opere, con l'obiettivo di umanizzare il luogo di ricerca delle persone che frequentavano e frequentano lo IOV", conclude Giovanni Bianchi.

"Le opere non sono chiuse negli studi dei docenti ma riempiono gli spazi comuni, pubblici, di passaggio, quelli attraversati da tutti. La ricerca artistica si può associare a quella scientifica: su fronti diversi, infatti, gli artisti e gli scienziati sono sempre impegnati in una sorta di sperimentazione. Gli ambiti sono differenti, ma lo spirito è lo stesso. Ciò che davvero è importante è nutrire la propria immaginazione e ampliare i campi di ricerca". 

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