SOCIETÀ

Europa: il tiepido accordo tra i ministri delle Finanze

Un mezzo accordo, alla fine, è stato raggiunto tra i ministri delle Finanze europei, chiamati a decidere quali strumenti finanziari adottare per tentare di fronteggiare l’emergenza Covid-19. Un compromesso che riproduce al millimetro la profonda spaccatura che nei giorni scorsi aveva paralizzato l’azione politica di Bruxelles. C’è l’ok all’utilizzo del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità (come pretendevano Germania e Olanda), anche se a condizioni più morbide per tutti i paesi che decideranno di farvi ricorso (si tratta di un pacchetto da 240 miliardi), condizioni che però si annullano se i fondi saranno usati per investimenti legati alle urgenze sanitarie. Via libera anche ai 100 miliardi previsti dal programma Sure (garanzie per salvare posti di lavoro) e ai 200 della Bei, la Banca Europea per gli Investimenti, per offrire liquidità alle imprese. Sulla quarta gamba dell’impianto, i tanto contestati Eurobond (richiesti da Italia e Spagna e osteggiati dai paesi del Nord), resta il no, ma si apre uno spiraglio per i Recovery Fund proposti dalla Francia. «L’Eurogruppo è d’accordo a lavorare a un fondo per sostenere la ripresa, temporaneo e commisurato ai costi straordinari della crisi», si legge nel documento finale siglato ieri sera. La palla passa ora ai capi di governo, al Consiglio Europeo che si riunirà la prossima settimana.

Davvero hanno vinto tutti?

Una soluzione che alla fine consente a tutti di esultare, ed era anche questo l’obiettivo. La firma sull’accordo raggiunto giovedì sera in videoconferenza dai ministri dei 5 paesi più esposti (Italia, Francia, Spagna, Germania e Olanda) è stato accolto da un lungo applauso condiviso, liberatorio. Per il ministro delle Finanze italiano, Gualtieri «Un ottimo primo tempo, ora dobbiamo vincere la partita in Consiglio Europeo». «E’ stata eliminata ogni condizionalità dal Mes, si è introdotto uno strumento facoltativo, una linea di liquidità fino al 2% del Pil, che può essere attivato senza condizione», ha poi aggiunto. Per l'Italia si tratta di 35 miliardi disponibili fino alla fine dell'emergenza. Il commissario Gentiloni ha brindato su Twitter: «L’Eurogruppo ha trovato l’accordo. Un pacchetto di dimensioni senza precedenti per sostenere il sistema sanitario, la cassa integrazione, la liquidità alle imprese e il Fondo per un piano di rinascita. L'Europa è #solidarietà».

Ma fanno festa anche gli olandesi, i più rigorosi nel tenere il punto sul no agli Eurobond. «I Paesi Bassi vincono la battaglia europea» titola il De Telegraaf. Mentre il ministro delle Finanze Hoekstra ha spiegato, in conferenza stampa: «Non sarò mai d’accordo con gli Eurobond perché è mia convinzione profonda che non solo siano ingiusti nei confronti del contribuente olandese, ma che alla fine sarebbero una cosa che aumenterebbe, anziché diminuire, i rischi per l'Unione Europea nel suo complesso. E la maggioranza dei paesi europei è contraria». Hoekstra ha poi aggiunto che comunque «quello approvato dall'Eurogruppo è un grande pacchetto: è una combinazione di solidarietà e di saggezza, va bene nel breve periodo e nel lungo periodo e io come ministro olandese delle Finanze sono molto soddisfatto». Sulla stessa linea il suo omologo tedesco, Scholz: «Oggi è un grande giorno di solidarietà e forza europea». Mentre il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Centeno, esalta il risultato raggiunto pur nella difficoltà del trovare una sintesi: «Ci sono voluti un totale di sedici ore e mezza di incontri, ma ci siamo riusciti». Mentre il ministro francese Le Maire ha twittato: «Eccellente accordo».

Ma per la Bce serviranno 1500 miliardi di euro

Bisognerà vedere se basterà. Anzitutto sarà necessario aspettare il Consiglio Europeo della prossima settimana e l’eventuale decisione dei capi di governo sui Recovery Fund, sempre tenendo conto che a oggi soltanto 9 paesi su 27 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Irlanda, Grecia e Lussemburgo) si sono dichiarati favorevoli a emettere  titoli di debito il cui rimborso sia garantito non da un singolo stato ma da tutti i paesi dell’euro. Una sua approvazione sembra, oggi, tutt’altro che scontata, anche se l’ex cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, ha dichiarato che questa soluzione non deve essere un tabù. Insomma l’accordo raggiunto dai ministri delle Finanze può essere considerato al massimo un punto di partenza, non certo di arrivo. Ci saranno ancora tensioni, fibrillazioni, minacce e scontri. Non è tornata la concordia tra paesi europei. Inoltre: 540 miliardi di euro sembrano una buona base da cui partire per immaginare un tappeto di salvataggio per le economie. Ma diventano una soluzione modesta al confronto di quanto prospettato due giorni fa dalla Banca Centrale Europea, che ha diffuso le sue stime sulla recessione in arrivo: per contrastarla, a giudizio dell’Eurotower (che secondo un’indiscrezione pubblicata dalla Reuters avrebbe già inviato le previsioni ai ministri dell’Economia e delle Finanze), sarebbero necessari 1500 miliardi di euro, il triplo di quanto stanziato finora.

Un’Europa suddita delle nazioni

Dunque servirà ben altro. La sensazione di fondo, che si consolida con il passare dei giorni e l’acuirsi della crisi da Covid-19, è che gli interessi dei singoli stati continuino a prevalere sul “senso comune” che dovrebbe legare gli appartenenti all’Unione Europea. Che le ragioni “interne” (la tenuta delle maggioranze, le fibrillazioni economiche provocate dall’emergenza, l’assalto, spesso scomposto, delle opposizioni per far sentire a qualsiasi costo la loro voce) stiano condizionando le risposte dell’Europa. Un’Unione sempre più suddita degli umori delle singole nazioni e non viceversa. Non c’è traccia di solidarietà, di condivisione di obiettivi, tantomeno di strategie e di visioni per immaginare il domani. Si litiga sull’oggi e subito per spartirsi la parte migliore della torta. Guy Verhofstadt, presidente del gruppo dei liberali (Alde) al Parlamento Europeo, aveva tracciato alcuni giorni fa in un’intervista alla Stampa un quadro drammatico, per sostanza e per prospettiva:  «L’emergenza coronavirus segna il fallimento dell’Europa», ha sostenuto il leader belga. «Avremmo bisogno di un’unica cabina di regia. Invece abbiamo ventotto centri di decisione, e altrettante linee di comando. Se non avremo il coraggio di riformare le nostre istituzioni usciremo da questa crisi devastati e spezzati».

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