Foto: contrasto
La scomparsa di Remo Bodei, stroncato da un male crudele dopo lunghe sofferenze, ha suscitato un’ondata di commozione che è andata ben al di là delle consuete, per quanto sincere, manifestazioni di cordoglio. Oltre alle commemorazioni ufficiali, e ai numerosissimi articoli pubblicati sulla stampa nazionale, colpiscono le testimonianze spontanee di tante persone che, pur non rivestendo ruoli riconosciuti nel mondo accademico, hanno tuttavia avvertito l’esigenza di esprimere il rimpianto per una perdita così dolorosa. Gente comune, giovani studenti, studiosi di ambiti disciplinari lontani dalla filosofia, hanno manifestato la loro personale partecipazione al lutto che ha colpito in primo luogo la comunità dei filosofi.
Come sempre accade in circostanze di questo genere, e con intensità anche maggiore, il triste evento ha offerto l’opportunità a molti di tratteggiare la figura intellettuale di Bodei. Si è ricordato che egli è stato autore di alcuni testi illuminanti, destinati a restare permanentemente nella bibliografia dei contributi imprescindibili (fra i molti: “Sistema ed epoca in Hegel”, “Ordo amoris”, “Multiversusm”, “Scomposizioni. Forme dell’individuo moderno”, “Geometria delle passioni”, “La vita delle cose”, fino al recentissimo “Dominio e sottomissione”); si è sottolineata la sua infaticabile attività di docente e conferenziere che lo aveva condotto a svolgere corsi e seminari letteralmente in tutti e cinque i continenti, fino a diventare di gran lunga lo studioso italiano di filosofia più famoso nel mondo; si è menzionata la sua straordinaria conoscenza delle lingue, maturata durante lunghi periodi di insegnamento all’estero.
Tutto vero. Bodei era la testimonianza vivente di quanto di meglio sia stata in grado di esprimere la comunità dei docenti di filosofia: grande competenza filologico-storiografica, vigile acribia nell’interpretazione dei testi dei maggiori autori ( da Sant’Agostino a Hegel), respiro internazionale della ricerca, attenzione all’innovazione, senza subire i limiti di confini disciplinari precostituiti, indomabile curiosità culturale.
Eppure, anche se il ritratto ora sbozzato può essere considerato in larga misura una fedele rappresentazione del profilo dell’autore scomparso, limitarsi a ciò che si è scritto finora lascia insoddisfatti. E’ netta la percezione di uno scarto fra l’immagine che è stata restituita dalle tante celebrazioni, e la realtà genuina dell’uomo. Certo, Bodei è stato docente, studioso, filosofo, intellettuale, di altissimo livello, senza confronti o paragoni possibili. Ma, nel ribadire queste caratteristiche, ci si avvede di non essere riusciti a far emergere quali fossero i tratti più significativi della persona. La sua dolcezza, la sua generosità, l’attaccamento all’amicizia, l’apertura verso gli altri, la sua modestia, la sua semplicità, il suo senso dell’umorismo, la sua signorilità. Qualità abitualmente ignorate, perché troppo spesso del tutto assenti nelle relazioni del mondo universitario. Qualità che testimoniano uno spessore umano e morale che eccede di gran lunga gli angusti confini delle controversie accademiche. Tutto ciò si è espresso anche nella decisione che Remo aveva assunto all’incirca vent’anni fa, quando aveva anticipatamente lasciato la cattedra nell’università italiana per trasferirsi all’Università della California, Los Angeles. Restare in Italia avrebbe comportato il rischio di essere coinvolti nelle squallide manovre delle corporazioni che lo avevano emarginato per via della sua irriducibilità alle logiche delle cordate e delle cupole. Avrebbe implicato cedere a compromessi, dai quali egli si era sempre tenuto lontano. Per non venir meno alla rettitudine di un comportamento mai inficiato da accomodamenti strumentali, quasi in punta di piedi, senza attizzare polemiche, senza puntare il dito verso coloro che, più o meno direttamente, lo avevano indotto a questa scelta, con la dignità di sempre, Remo aveva preso commiato dall’università italiana.
Resta, intatto, l’esempio della sua integrità. In chi lo ha conosciuto da vicino, e ha avuto il privilegio di poterlo annoverare fra gli amici più cari e sinceri, resta il vuoto di una perdita non risarcibile.