SOCIETÀ

Il governo impossibile di Israele

Benjamin Netanyahu potrebbe essere arrivato al capolinea, a un passo dalla resa, lui che sul coraggio (spesso spregiudicato) ha costruito un’immagine e uno stile di vita. L’incarico di formare un nuovo governo ricevuto il 25 settembre scorso dal presidente israeliano Reuven Ravlin (abbastanza inaspettato dopo aver incassato il sorpasso di Blu-Bianco alle ultime elezioni), si sta incanalando verso un tunnel senza uscita. Perché al Likud mancano sia numeri, sia alleanze per sperare di arrivare a formare una maggioranza con un minimo di solidità. Ma soprattutto perché Benny Gantz, leader del partito Blu-Bianco, di fatto vincitore delle elezioni di settembre, sì è addirittura rifiutato d’incontrarlo. King Bibi aveva teso una mano, nel tentativo estremo di cercare una qualche forma di accordo che salvasse le apparenze e un po’ di sostanza tanto da mettere in piedi un nuovo esecutivo. Ma l’ex capo di Stato Maggiore dell’esercito ha fatto sapere che “non ci sono le condizioni” per tenere una riunione. Più avanti, forse. Ma non ora. Netanyahu, scrive il quotidiano israeliano Haaretz, si è detto “sbalordito” della decisione, e ha invitato Gantz a riconsiderare la sua posizione. Ma questo, almeno per ora, non accadrà. 

Tre inchieste per corruzione, frode e abuso d’ufficio

Perché ben altro, contemporaneamente, sta accadendo a Gerusalemme. Altro che vede sempre Netanyahu nel ruolo di protagonista, ma questa volta su tutt’altro scenario. Mercoledì mattina si è aperta l’audizione di garanzia nel procedimento che vede il premier incaricato sedere sul banco degli imputati, con l’accusa di corruzione, frode e abuso d’ufficio. Il rischio che si arrivi a un’incriminazione è davvero alto. Probabilmente Benny Gantz deve aver pensato che non è proprio il momento adatto per stringere accordi con il rivale: meglio tenersi a debita distanza e aspettate il corso degli eventi. 

L’incriminazione di Netanyahu era stata “consigliata” nel dicembre del 2018 dalla polizia al termine di tre distinte e poderose inchieste. La più recente in ordine di tempo (“caso 4000”) accuserebbe il premier di aver elargito favori al proprietario del sito d’informazione Walla, per ottenere in cambio una copertura giornalistica favorevole a lui e al suo governo. Poi, a ritroso, il “caso 2000” e il solito schema di manipolare l’informazione: Bibi avrebbe deliberatamente danneggiato, con provvedimenti governativi, il free press Israel Hayom, offrendo invece agevolazioni al quotidiano moderato Yediot Ahronot. Il “caso 1000” riguarda infine i regali di lusso (tra l’altro casse di champagne e sigari per un valore di oltre 230mila euro) che lo stesso Netanyahu e la sua famiglia avrebbero ricevuto da una serie di imprenditori e di uomini d’affari israeliani in cambio di favori. La polizia continua invece a indagare su una quarta inchiesta (il “caso 3000”), la più spinosa e grave, se confermata: riguarda la vendita a Israele di cinque sottomarini classe Dolphin, di produzione tedesca, armati (si ritiene) con testate al plutonioTra le pieghe di questa enorme fornitura si nasconderebbe un colossale giro di tangenti.Un’inchiesta complessa e spinosa, che ha bisogno del suo tempo per arrivare a conclusione. Per il momento resta un rumore di sottofondo.

Quattro audizioni, la decisione entro dicembre

Tre inchieste dunque, approdate nell’ufficio dell’Avvocato Generale dello Stato, Avichay Mandelblit, coadiuvato da una ventina di collaboratori, tutti funzionari del ministero della Giustizia che in questi anni (dal 2016) hanno seguito fin nei minimi dettagli le varie inchieste. Netanyahu è assistito da uno staff di dieci legali,che avranno il compito di smontare le accuse e di evitare così al premier uscente l’incriminazione. Le audizioni saranno in tutto quattro: l’ultima si terrà lunedì prossimo, 7 ottobre, alla vigilia dello Yom Kippur, la ricorrenza ebraica che celebra il giorno dell’espiazione. La decisione definitiva sull’incriminazione o meno dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno. E Netanyahu (che ha accettato di prendere “un permesso di assenza temporaneo” in caso di incriminazione) continua a proclamarsi innocente: "Sono vittima di un’operazione orchestrata per rimuovermi dalla carica di premier, basata su interpretazioni arbitrarie e tendenziose delle leggi vigenti", ha dichiarato. Uno dei suoi avvocati, Ram Caspi, come riporta l’Huffington Post, prima dell’udienza ha commentato: "Il Primo Ministro non è al di sopra della legge, ma non è neanche al di sotto". Un altro dei suoi legali ha aggiunto: "Siamo certi che quando avremo finito di presentare le nostre prove non ci sarà altra scelta che chiudere il caso. Un patteggiamento non è all’ordine del giorno".

King Bibi è quasi all’angolo

Lo spazio di manovra per King Bibi sembra ormai al minimo storico. Con la questione giudiziaria da gestire (con un danno palese d’immagine e di credibilità) e quella politica da affrontare, tra veti e aperture. Ma il verbo arrendersi nel suo vocabolario non esiste. Sa bene che solo sfruttando il ruolo di futuro premier potrebbe in qualche modo agevolare, per usare un eufemismo, la positiva soluzione della questione giudiziaria. Perciò va avanti, tenace e testardo. Secondo la legge israeliana, il membro della Knesset a cui è stato assegnato il compito di formare un nuovo governo ha 28 giorni per farlo, dopo di che può richiedere un'ulteriore proroga (motivandola) fino a 14 giorni in più. In tutto ha 42 giorni per trovare una via d’uscita, non oltre il 6 novembre (ma sono in molti a fissare per fine ottobre la dead line). La partita, anche se è diventata ormai più personale che pubblica, è ancora lunga.

Lo stallo delle trattative politiche

Per tentare di attenuare la luce dei riflettori giudiziari e indirizzarli verso la questione politica, Netanyahu ha convocato immediatamente un nuovo incontro con Avigdor Lieberman, leader del partito Israel Beytenu, l’uomo che ha fatto cadere l’ultimo governo Netanyahu perché inflessibile nello scontro con i partiti ultra ortodossi (alleati del Likud, Bibi li definisce “partner naturali”). In campagna elettorale Netanyahu è arrivato a definire Lieberman "un uomo di sinistra, perché abbatte i governi di destra". Ma, com’era prevedibile, non c’è stato alcun passo in avanti. L’incontro è durato meno di un’ora. In campagna elettorale Lieberman si era detto favorevole a un governo di convergenza con Likud (ma senza i partiti ultra ortodossi) e Blu-Bianco (escludendo qualsiasi ipotesi di appoggio dei partiti arabi). Uno stallo totale.

A questo punto, dando per esclusa l’ipotesi che Netanyahu riesca a mettere in piedi una coalizione di governo, restano soltanto due strade percorribili per il presidente Ravlin. La prima è offrire il mandato al leader di Blu-Bianco, Benny Gantz, alleato con i laburisti, che può contare sull’appoggio esterno della Arab Join List, i quattro partiti arabi riuniti in un’unica lista, che alle ultime elezioni ha conquistato 13 seggi. Ahmad Tibi ha però posto una condizione: «Numeri alla mano, esiste la possibilità di dare vita a un governo senza il Likud di Netanyahu e i partiti della destra più oltranzista», ha dichiarato Tibi, immaginando appunto un’alleanza tra Blu-Bianco, laburisti, la sinistra di Meretz e gli ebrei ultra ortodossi. «Non entreremmo a far parte dell’esecutivo, non vogliamo ministeri. Ma a certe condizioni potremmo dare il nostro appoggio esterno, permettendo così il raggiungimento della maggioranza di 61 seggi». Strada comunque impervia. E, anche nel caso si riuscisse a raggiungere una sorta di accordo, l’alleanza sarebbe comunque fragilissima. La seconda ipotesi, per il presidente Ravlin, è prendere atto che formare una maggioranza con questi numeri è impossibile. E dunque tornare a votare per la terza volta (dopo le elezioni di aprile e di settembre). Sembra proprio quest’ultima l’ipotesi più plausibile. 

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