Spesso si sostiene che le nostre scelte individuali non abbiano un peso reale, che “se anche io mi comporto bene, ci sarà qualcun altro che ne approfitterà”: è la questione della tragedia dei beni comuni, che ci pone di fronte al dilemma se comportarci eticamente sacrificando il nostro immediato vantaggio nel presente, o se sfruttare al massimo una risorsa comune senza pensare agli altri fruitori – o al nostro stesso futuro.
I dati sugli sprechi alimentari – tanto a livello mondiale quanto su scala nazionale, come riferisce il rapporto del Barilla Centre for Food and Nutrition, “L’Italia e il cibo” – potrebbero, però, farci cambiare idea. Ogni anno, infatti, solo in Italia si spreca cibo per un valore complessivo di 15 miliardi di euro, pari a circa l’1% del PIL nazionale; e il dato, per molti stupefacente, è che la stragrande maggioranza di tutto questo cibo (il 79%) viene sprecato in ambito domestico.
A livello mondiale la situazione è drammatica: un terzo di tutto il cibo prodotto viene sprecato. Se ciò corrispondesse ai consumi di una nazione, questa sarebbe la terza responsabile di emissioni di gas serra al mondo – contribuendo per circa l’8% al totale mondiale –, sorpassata solo da Cina e Stati Uniti. Al problema ambientale, poi, si aggiunge una questione etica: mentre i paesi ad alto reddito buttano via cibo, circa 3 miliardi di persone, nel mondo, soffrono per la fame o la malnutrizione. In effetti, vi sono risorse sufficienti per sfamare l’intera popolazione mondiale, ma bisogna cambiare i metodi di redistribuzione del cibo e i modelli alimentari insostenibili di una ricca minoranza.
I dati per lo spreco alimentare domestico, dal report del progetto "Reduce" finanziato dal Ministero dell'Ambiente
L’Italia, in questo quadro, si colloca in una posizione mediana: secondo il recente rapporto della Fondazione Barilla “L’Italia e il cibo” è, a livello europeo, tredicesima su 28 Stati membri; noi italiani sprechiamo circa il 2% del cibo prodotto, situandoci così al di sotto sia della media europea (3%), sia della media dei paesi ad alto reddito (5%). Siamo invece indietro per quanto riguarda la quantità di cibo pro capite sprecato annualmente: circa 65 kg a persona, contro i 58 kg della media europea.
Un altro punto a nostro vantaggio riguarda la legislazione. In Italia, infatti, è abbastanza avanzata: vi è una legge (la “legge Gadda”, n. 166/2016) che facilita le donazioni di eccedenze alimentari; nel 2016, il Ministero dell’Ambiente ha lanciato il PINPAS (Piano nazionale per la prevenzione degli sprechi alimentari). Inoltre, sono molte le associazioni attive sul territorio nazionale che si impegnano nel recupero e nella redistribuzione delle eccedenze alimentari.
Comunque, nonostante la tendenza positiva e i miglioramenti raggiunti, il cammino verso il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 – in particolare il Goal 12, che mira a “un consumo e una produzione responsabili” – è ancora lungo, come sottolinea l’ASviS nel suo rapporto annuale.
Fonte: ASviS
Al di là delle pur necessarie iniziative istituzionali, è tuttavia fondamentale anche il contributo dei singoli. Come accennato, infatti, la maggior parte degli sprechi avviene alla fine della filiera di produzione e distribuzione, cioè nel contesto del consumo individuale: di questo sono ben consapevoli organizzazioni come il World Food Programme (WFP) delle Nazioni Unite, che infatti ha lanciato una social challenge per incentivare la riduzione degli sprechi e per sensibilizzare sul tema soprattutto i più giovani, che sono anche i maggiori fruitori dei social network.
Le regole per partecipare alla social challenge lanciata dal World Food Programme
Procede a colpi di hashtag anche la campagna di TooGoodToGo, un’organizzazione che si impegna a mettere in contatto, tramite un’app, venditori e acquirenti per evitare gli sprechi nell’ambito della ristorazione: in occasione della settima Giornata nazionale contro lo spreco alimentare, è stato lanciato l’hashtag #ilcibononsibutta; «Il fine ultimo – si legge sul sito ufficiale – è quello di coinvolgere il maggior numero di persone, informandole in primo luogo sulla problematica sprechi e lanciando poi la sfida ad agire personalmente per dare atto al cambiamento, anche e soprattutto nel proprio piccolo».
Le azioni che si possono compiere nel quotidiano sono moltissime: dalla pianificazione della spesa, al monitoraggio delle scadenze e delle proprietà nutrizionali dei cibi acquistati, fino al riciclo creativo degli scarti e ad invitare amici a casa per condividere il cibo che non riusciamo a consumare in solitudine.
Ultimo ma non ultimo, possiamo usufruire dei molti servizi che ci permettono di accedere alle eccedenze dei supermercati o di ristoranti e negozi alimentari a prezzi appetitosi: si tratta di app come MyFoody, che segnala gli sconti applicati dai supermercati nelle vicinanze su prodotti in scadenza o con confezioni difettose; Regusto, per ora attiva a Milano, Roma e Perugia, che offre piatti da asporto a prezzi ridotti; TooGoodToGo, che consente di acquistare le eccedenze di ristoranti e locali all’interno di “Magic box”, il cui contenuto è tutto da scoprire.