SCIENZA E RICERCA

Quale Agenzia per quale Ricerca

Nei giorni scorsi, l’11 luglio per la precisione, il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, ha illustrato le sue linee programmatiche al Senato, parlando alla Commissione VII (Istruzione pubblica, Beni culturali) del Senato e VII (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera, riunite congiuntamente.

Negli ambienti scientifici ha suscitato, insieme, attenzione e perplessità il seguente passaggio:

Gli Enti Pubblici di Ricerca italiani (EPR) svolgono oggi attività essenziali per lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione del nostro Paese. Il modello italiano prevede un sistema estremamente frammentato, scarso coordinamento fra gli enti e un carente coinvolgimento sulle questioni di assoluta rilevanza strategica in materia di politiche per lo sviluppo del Paese. Per coordinare e raccordare strutturalmente gli Enti e Centri di ricerca sarà creata un’Agenzia Nazionale della Ricerca.

Marco Bussetti ha ragione nel sostenere che esiste una certa frammentazione e uno scarso coordinamento nelle attività degli Enti Pubblici di Ricerca, non fosse altre perché se 12 sono vigilati dal MIUR, altri afferiscono a una pletora di altri ministeri. Sarebbe bene che ci fosse, anche a livello di governo, un minimo di coordinamento. Ma quello che manca è un serio Piano Nazionale della Ricerca, che definisca, esso sì, gli assi strategici dell’attività scientifica nel paese e li finanzi adeguatamente.

Ma Marco Bussetti ha parlato di un’Agenzia Nazionale della Ricerca che dovrebbe avere il compito di coordinare e raccordare gli Enti e i Centri di Ricerca.

Ed è questo che ha generato l’attenzione e, insieme, le perplessità di una parte della comunità scientifica. Le parole del ministro sembrano indicare la creazione di una sorta di superEnte che coordini e raccordi le specifiche ricerche degli attuali Enti e Centri. Il che si presta a due critiche, affatto diverse. Nel progetto non sa fa cenno alla ricerca universitaria. Che ne sarà. Sarà fuori dal raccordo e dal coordinamento? L’altra critica, riguarda l’autonomia dei vari Enti e Centri di ricerca. Non è auspicabile un centro che coordini nel medesimo tempo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ente generalista con oltre cento istituti che coprono l’intero scibile umano, e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) o l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) che invece svolgono la loro attività di ricerca in settori altamente specifici con progetti fortemente internazionalizzati, il primo nel campo della fisica delle alte energie e il secondo nel settore, come dice il nome, dell’astrofisica.

Sarebbe bene che il nuovo Ministro, chiarisse meglio cosa intende per Agenzia Nazionale della Ricerca e quali ruoli le assegna

Men che meno si può pensare a un’integrazione stretta tra enti di ricerca pura come questi ed enti, come l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che afferisce al Ministero dell’Ambiente che svolge sia attività di ricerca pura sia, soprattutto, attività di servizi tecnici altamente specializzati. La stessa cosa vale per l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ente vigilato dal Ministero della Salute.

Sarebbe bene, dunque, che il nuovo Ministro, Marco Bussetti, chiarisse meglio cosa intende per Agenzia Nazionale della Ricerca e quali ruoli le assegna.

Tanto più che l’uso di questa specifica dizione genera un’ulteriore ambiguità. Sono anni, infatti, che la creazione di un’Agenzia Nazionale della Ricerca viene proposta dal Gruppo 2003, una libera associazione tra molti degli scienziati italiani più citati nella letteratura scientifica internazionale. Ma proprio oggi il Gruppo 2003 ha rilasciato una dichiarazione che prende le distanze dalla proposta del ministro.

Recita così:

La stampa riporta l'intenzione del Ministro del MIUR Marco Bussetti di istituire una Agenzia Nazionale della Ricerca, che richiama la proposta storica del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica. Alcune interpretazioni giornalistiche fanno intendere però che tale Agenzia proposta dal governo dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento unico degli enti di ricerca, ora vigilati da diversi ministeri. In questo caso si tratterebbe di una proposta ben lontana dall'idea originale del Gruppo 2003. 

Secondo il Gruppo, infatti, l'Agenzia nazionale della Ricerca avrebbe il compito primario di accorpare e gestire non gli enti, bensì tutti i fondi destinati alla ricerca competitiva: una struttura che dovrebbe essere snella, trasparente e autonoma dalla politica.  

Un'Agenzia con questi chiari compiti, insieme a un considerevole incremento dei finanziamenti, sono due condizioni essenziali per il rilancio della ricerca e sviluppo nel nostro Paese.

Il Gruppo 2003 chiederà un incontro con il ministro Bussetti per un chiarimento e la condivisione su questi punti programmatici.

Caro Ministro gli scienziati italiani sono buoni ma pochi

Quella che propone il Gruppo 2003 non è un’Agenzia Nazionale della Ricerca non è un superEnte che raccorda e coordina l’attività di tutti gli Enti e i centri di ricerca – impresa difficile e indesiderabile – ma la costituzione di un’Agenzia terza rispetto agli Enti di ricerca e rispetto al governo che finanzi i migliori progetti di ricerca, secondo modalità tutto sommato simili a quelle della National Science Foundation (NSF) degli Stati Uniti.

Il Gruppo 2003 chiede a Marco Bussetti di precisare quali delle due declinazioni possibili della locuzione Agenzia Nazionale della Ricerca intende.

Noi, con molto rispetto e umiltà, ci permettiamo di aggiungere altre due richieste. Prima di varare una riforma significativa del sistema di ricerca italiana il Ministro ascolti la comunità scientifica italiana, senta cosa pensano i ricercatori italiani. Approfondisca cosa succede all’estero. E poi decida. In altri termini, ci sembra troppo presto per una proposta simile, maturata, per di più, senza ascoltare nessuno.

In secondo luogo, Marco Bussetti eviti gli errori commessi da molti dei suoi predecessori: la reiterata celebrazione di nozze con i fichi secchi. Il più grave problema della ricerca scientifica italiana non è la frammentazione e la mancanza di coordinamento. È la mancanza di finanziamenti e come si dice, con brutta espressione, di capitale umano.

Caro Ministro gli scienziati italiani – lo dicono tutte le analisi internazionali – sono buoni ma pochi. Ogni idea di razionalizzazione della loro attività, per essere seria, presuppone due passaggi inderogabili: l’aumento di risorse finanziarie (oggi alla ricerca l’Italia destina l’1,3% del suo Prodotto Interno Lordo, contro il 2,9% della Germania, il 2,0% della media europea e mondiale) e il reclutamento di giovani, negli Enti come nelle Università. Sono troppi anni che il numero di ricercatori negli Enti e nelle Università diminuisce.

Senza i giovani, signor ministro, anche la migliore tradizione è destinata a sfiorire.

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