Società

10 Aprile 2019

La riduzione delle disparità socio-economiche tra studenti passa attraverso le emozioni

Sono indubbiamente molto rilevanti, se non strepitosi per chiarezza, semplicità e implicazioni pratiche fattibili, i risultati della ricerca di Rozek, Ramirez, Fine e Beilock  (2019), Reducing socioeconomic disparities in the Stem pipeline through student emotion regulation, pubblicata recentemente nei Proceedings of the National Academy of Science.

Lo studio del ruolo delle varie emozioni, positive e negative, attivanti e deattivanti, in contesto scolastico è relativamente recente (Pekrun & Linnenbrink-Garcia, 2014), ma l’ansia da valutazione ha costituito oggetto di ricerca da maggior tempo (Zeidner, 1998). Sappiamo che essa si associa con un peggioramento di molte delle competenze indispensabili agli studenti per svolgere compiti che richiedono di prestare attenzione prolungata e richiamare, aggiornare o mantenere informazioni in memoria. Inoltre, livelli di ansia elevati diminuiscono la motivazione e rendono difficile l’auto-regolazione nell’apprendimento. La relazione tra ansia e prestazione risulta essere reciproca, ossia alti livelli di ansia – con il carico di pensieri intrusivi che sottraggono risorse cognitive necessarie all’esecuzione del compito − si associano a strategie e atteggiamenti motivazionali che deteriorano la prestazione cognitiva, e uno scarso risultato scolastico porta ad aumentare ulteriormente l’ansia. L’ultima rilevazione Pisa (Programme for international student assessment), promossa dall’Ocse (2018), che ha coinvolto centinaia di migliaia di studenti quindicenni in numerosi Paesi, evidenzia come nelle prove di matematica la differenza di prestazione ai livelli più alti tra ragazze e ragazzi, a favore di questi ultimi (media Ocse di 19 punti), scompaia se si considerano la fiducia nelle proprie capacità e l’ansia provata per questa materia, cioè due fattori motivazionali-emotivi sfavorevoli alle prime che riportano meno fiducia e più ansia dei coetanei maschi (Di Castro, 2017).

Disparità socio-economiche e rischio di insuccesso e abbandono scolastico

Se teniamo presente anche il dato complessivo che gli studenti italiani, più dei loro coetanei degli altri Paesi Ocse, provano ansia scolastica, tanto che l’85% è preoccupato di prendere un brutto voto e il 77% diventa nervoso quando non sa come fare un compito a scuola (le medie Ocse sono di circa 20 punti in meno), appare del tutto evidente l’importanza di insegnare loro, fin dalla scuola primaria, come gestire l’ansia e regolare la risposta di stress non solo per stare meglio e provare benessere psicologico a scuola, ma anche per fare meglio, in particolare nelle materie ritenute in genere maggiormente difficili, come quelle Stem (acronimo per Science, technology, engineering, mathematics). La letteratura scientifica riporta chiaramente come crescere in contesti svantaggiati caratterizzati da basso livello socio economico, storie migratorie, famiglie poco presenti o problematiche sia un fattore di rischio per l’insuccesso o anche l’abbandono scolastico (e.g., Hughes & Devine, 2019; Goodman et al., 2010). I bambini e i ragazzi che crescono in ambienti a rischio sono costretti ad investire moltissime energie per adattarsi al loro contesto di sviluppo e hanno a disposizione molte meno risorse dei compagni (Romero et al., 2009) per regolare la propria risposta di stress quando si trovano ad affrontare le sfide della scuola. Questo dato va tenuto in seria considerazione in un momento in cui in Italia gli insegnanti si trovano di fronte classi molto eterogenee con un numero sempre più elevato di studenti che hanno alle spalle storie famigliari complesse e spesso difficili.

Regolare la risposta emotiva

Il risultato decisamente interessante riportato nello studio di Rozek e colleghi è che per aiutare i ragazzi a migliorare hanno insegnato loro come regolare la propria risposta emotiva, non potenziato le abilità cognitive, solo in apparenza più direttamente connesse alla prestazione scolastica. Inoltre, gli interventi proposti dagli autori sono semplici e non richiedono lunghi training o grandi investimenti. I ragazzi coinvolti nello studio, attraverso la scrittura espressiva, hanno diminuito i livelli di preoccupazione e usato invece una forma di ristrutturazione cognitiva per dare un valore positivo al livello elevato di attivazione percepito. Queste strategie, ampiamente usate nella pratica clinica per la gestione dello stress, si sono dimostrate in grado di ridurre il livello di ansia degli studenti e migliorare la loro prestazione. Molte scuole nel mondo stanno da tempo investendo in programmi di intervento e prevenzione per insegnare strategie di regolazione emotiva agli studenti e hanno empiricamente dimostrato un miglioramento significativo del loro benessere fisico e mentale, nonché del rendimento scolastico (Ursache, Blair, & Raver, 2012; Blair, & Raver, 2015). Lo studio di Rozek e colleghi conferma nuovamente che vale la pena aiutare gli studenti a potenziare le proprie abilità di gestione dello stress e a regolare la propria risposta emotiva ai fini di un migliore rendimento, quindi del successo scolastico. L’insegnamento di semplici strategie di regolazione emotiva, fin dai primi anni della scuola primaria, può essere facilmente integrato nel piano dell’offerta formativa ad un costo relativamente basso (per esempio attraverso la formazione degli insegnanti), contribuendo ad agevolare l’apprendimento ed elevare l’esito scolastico degli studenti più svantaggiati.

Proprio alla luce di questi dati e delle recenti ricerche nell'ambito delle emozioni vissute in contesto educativo, il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione propone da quest’anno, rivolto agli insegnanti, Emozioni e apprendimento nella scuola di oggi: indicazioni praticheun corso per l’apprendimento permanente con l’obiettivo di fornire ai partecipanti elementi pratici per poter sperimentare dei curricoli didattici che prevedano l’integrazione di apprendimenti socio-emotivi finalizzati a facilitare la regolazione emotiva e il benessere psicologico degli studenti (e degli insegnanti), migliorando di conseguenza la loro prestazione scolastica.