Roberta Metsola, nuova presidente del Parlamento Ue. Foto: Reuters
L’aveva anticipato anche il compianto David Sassoli quando, appena un mese fa, aveva annunciato che non si sarebbe ricandidato alla presidenza del Parlamento Europeo «per non dividere la maggioranza europeista», la cosiddetta “maggioranza Ursula” (quella tra Socialisti, Popolari e Liberali che aveva portato all’elezione dell’attuale presidente della Commissione UE), che nel 2019 aveva concordato per quel ruolo una staffetta tra Socialisti e Popolari. E così è stato: ieri il Parlamento di Strasburgo ha eletto la Popolare Roberta Metsola, esponente del Partito Nazionalista maltese, centrodestra, che soltanto poche ore prima, in qualità di vicepresidente, aveva aperto la seduta per il commiato a Sassoli, per poi presentare formalmente la sua candidatura. «Una settimana fa abbiamo perso un grande uomo», ha detto Metsola rivolgendosi all’emiciclo. «Un fautore dell’Europa che metteva la dignità delle persone prima di ogni cosa. David voleva mettere tutti attorno allo stesso tavolo: ed è con quell’impegno di fronte alle forze costruttive dell’Europa che io intendo realizzare questo mandato, se mi darete la fiducia per essere vostro presidente». Fiducia accordata. Roberta Metsola, 43 anni appena compiuti (è stata eletta nel giorno del suo compleanno, il 18 gennaio), parlamentare europea dal 2013, avvocata, madre di 4 figli, di segno nettamente più conservatore rispetto al suo predecessore (le sue posizioni antiabortiste hanno acceso polemiche aspre nel recente passato) è la più giovane donna ad aver mai ricoperto il ruolo di presidente del Parlamento dell’Unione Europea (ruolo già ricoperto dalle francesi Simone Veil e Nicole Fontaine). Ha raccolto 458 voti (ne sarebbero bastati 309). Donne anche le altre due candidate, la spagnola Sira Rego (della sinistra radicale) e la svedese Alice Bah Kuhnke (dei Verdi), sconfitta per distacco: Rego ha raccolto 57 voti, Bah Kuhnke 101 (le schede bianche o nulle sono state 74).
Dialogante e antiabortista
Un’elezione senza storia, al primo scrutinio, con una maggioranza assai ampia (nel 2019 Sassoli fu eletto con 345 voti), segno che il “patto europeista” sta tenendo. Ma è anche segno che un’intesa è possibile quando gli schieramenti, pur diversissimi tra loro, schierano candidati “dialoganti” e non divisivi. Roberta Metsola, che nonostante le sue radici “nazionaliste” è considerata un’esponente dell’ala moderata del Ppe, ha deciso di cominciare il suo cammino a Strasburgo mettendo i piedi esattamente nel solco lasciato dal suo predecessore, e (si spera) non soltanto per cavalcare l’onda emotiva che la sua scomparsa sta ancora producendo: «Onorerò David Sassoli come presidente battendomi sempre per l’Europa», ha ribadito la neo Presidente. «Voglio che le persone recuperino un senso di fede ed entusiasmo nei confronti del nostro progetto. Credo in uno spazio condiviso più giusto, equo e solidale. La disinformazione nel periodo pandemico ha alimentato isolazionismo e nazionalismo: queste sono false illusioni. L’Europa è l’esatto opposto». E ancora: «La nostra è un'istituzione unica al mondo. La prossima parte del mandato sarà un’opportunità per rendere il nostro Parlamento più moderno, più efficace e più efficiente».
Dunque dialogo, condivisione, inclusione. Almeno a parole, si vedrà a breve come si comporterà alla prova dei fatti. Ma c’è un aspetto che preoccupa lo schieramento più a sinistra della “maggioranza Ursula”: ed è la posizione che Metsola ha più volte espresso contro l’aborto, che nel suo paese, Malta, unico in Europa, è ancora completamente illegale (la procedura è vietata anche in caso di incesto o di stupro). «Sui diritti sessuali e riproduttivi, la posizione del Parlamento europeo è chiara», aveva dichiarato Metsola il mese scorso. «Come Presidente del Parlamento il mio dovere sarebbe rappresentare il punto di vista del Parlamento: e se sarò eletta, farò il mio dovere». Conciliante e tranquillizzante. Ma appena lo scorso giugno, aveva votato controun rapporto dell’Unione Europea (sostenendo che violava il diritto di Malta di decidere da sola) che esortava tutti gli Stati membri “garantire l'accesso universale all'aborto sicuro e legale per le donne”. La spagnola Sira Rego, sua rivale nelle odierne elezioni, ha ribadito che è importante che le donne abbiano visibilità. «Ma oltre a occupare spazio simbolico e politico, è essenziale che vengano attuate politiche femministe, per la difesa dei diritti delle donne». Perplessità sono state espresse anche dalla deputata francese Manon Aubry, copresidente del gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, che ha definito l’intransigenza dei parlamentari maltesi sull’aborto (Roberta Metsola compresa) «un terribile segnale per le donne che continuano a battersi in Europa, come sta accadendo in Polonia, per conquistare il diritto di avere il controllo sul proprio corpo».
Una “statura” politica tutta da verificare
Nel 2018 Metsola si era autodefinita “spudoratamente pro life”. E intervenendo a nome del Partito Popolare Europeo alla sessione plenaria del Parlamento a Bruxelles, dedicata al tema della protezione dei minori migranti non accompagnati, Metsola aveva dichiarato: «Parlo per i non nati e parlo anche per i bambini, in fuga dalla disperazione, dalla guerra e dalla carestia in Siria. Non meritano di meno solo perché sono nati altrove. I bambini non accompagnati hanno bisogno di box per bambini, non di filo spinato. Hanno bisogno di responsabili della protezione dei diritti dei bambini, rispetto, libri e accesso all’istruzione. Gli Stati membri dell’Unione Europea – aveva concluso - hanno l’obbligo legale di proteggere i bambini».
Si capirà con il passare dei mesi la “statura” di Roberta Metsola, se avrà o meno il polso per guidare un Parlamento assai frammentato e se saprà resistere alle pressioni che indubitabilmente arriveranno dal Partito Popolare Europeo per orientare la sua Presidenza. Se davvero si dimostrerà una “costruttrice di ponti”, come i suoi sostenitori la descrivono. Se riuscirà a non far prevalere gli interessi di parte. Verdi e Sinistra la osservano con prudenza e qualche sospetto, anche perché il margine così ampio di preferenze è arrivato anche grazie al voto compatto dei “sovranisti”, che prima o poi qualcosa in cambio potrebbero chiedere. E di certo l’agenda del Parlamento Europeo è fitta di appuntamenti cruciali, assolutamente da non fallire: dal rispetto dello stato di diritto (con Polonia e Ungheria sempre in prima fila) alla gestione della pandemia e dei suoi risvolti economici, fino alla progressiva riduzione delle emissioni di carbonio. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, anche lei espressione dei Popolari, non può che esultare: «Il tuo duro lavoro e la tua determinazione saranno fonte di ispirazione per tutti noi», ha scritto su Twitter. «Lavoreremo a stretto contatto per la ripresa dell’Unione Europea e per un futuro europeo verde, digitale e luminoso».