IN ATENEO
Sound-scape. La fragilità del territorio raccontata dall'arte di Emmanuele Panzarini
Allestita nel Cortile Nuovo di palazzo Bo, un'istallazione artistica dedicata ai milioni di alberi abbattuti dalla tempesta Vaia del 2018 sarà la novità dell'edizione 2020 del Festival dello Sviluppo sostenibile, che si terrà da martedì 22 settembre a giovedì 8 ottobre con un ricco calendario di eventi organizzati dall'università di Padova.
Con l'inizio della prima settimana dedicata al festival, il pubblico avrà l'occasione di immergersi in un'esperienza imprevedibile e originale con la quale potrà anche interagire attivamente.
Di cosa si tratta? Lo abbiamo domandato a Guido Bartorelli, professore di storia dell'arte contemporanea all'università di Padova, che ha deciso di affidare la realizzazione dell'opera in questione al visual artist Emmanuele Panzarini.
“Allestire un'istallazione nel Cortile Nuovo è un compito difficile per qualunque artista, perché quello spazio è già di per sé un'opera d'arte: ha un enorme valore architettonico e si affaccia direttamente sul monumento Resistenza e Liberazione di Kounellis. Un'ulteriore difficoltà è data dal dover lavorare in un luogo aperto in cui le persone che passano non si aspettano di avere a che fare con un'opera d'arte.
Per questo ho pensato allora a Emmanuele Panzarini, un artista molto professionale e talentuoso del nostro territorio, che aveva già nelle sue corde l'attitudine a lavorare con le installazioni nello spazio aperto e che in poco tempo ha saputo muoversi con grande sicurezza.
L'installazione, dal titolo Sound-Scape, è un lavoro collaborativo. Panzarini ha utilizzato una fotografia aerea che proviene dall'Ersaf Lombardia, Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste, e dall’agenzia di comunicazione Compagnia delle Foreste di una zona particolarmente devastata dalla tempesta Vaia nel 2018, che raffigura una foresta semi-abbattuta.
Stendendo per terra questa gigantografia, Panzarini ha sfruttato lo spazio per creare un territorio virtuale in cui lo spettatore può entrare”.
“All'interno di questo virtuale territorio forestale, Panzarini ha distribuito con grande precisione geometrica delle casse di risonanza ricavate proprio dal legno degli alberi abbattuti dalla tempesta, create dal team di designer “Vaia”, che funzionano come dei megafoni nel momento in cui si inserisce al loro interno una sorgente sonora”.
Ed è a questo punto che diventa fondamentale l'interazione del pubblico. Le sorgenti sonore in questione, infatti, saranno i telefoni dei visitatori.
Come spiega il professor Bartorelli, infatti, “il pubblico, al suo arrivo, viene invitato a connettersi a un sito web che contiene una raccolta di suoni creati dal programmatore informatico Tiziano Franceschi e dalla musicologa Laura Silingardi, che hanno trovato il modo di tradurre digitalmente in musica l'impulso della linfa che scorre dentro i tronchi degli alberi.
L'ultima componente di questo grande collage, quindi, è lo spettatore, che connettendosi al sito che contiene i campionamenti dei suoni degli alberi, sceglie una di queste musiche e la fa riprodurre al suo telefono, che inserisce poi dentro la cassa di legno.
Ecco allora che il legno dell'albero diventa la cassa di risonanza della sua propria linfa, facendoci ascoltare la melodia della sua voce interiore”.
L'opera di Panzarini, quindi, è un collage di stimoli sensoriali che si fondono in un'esperienza unica per il visitatore, e in cui è il territorio stesso, all'interno del quale si estende virtualmente l'opera d'arte, a diventare il soggetto principale.
Come commenta Bartorelli, “pensando a una tragedia devastante come la Vaia, viene da domandarsi perché accadano cose del genere con tanta frequenza. È qui allora che si ritrova il tema della terra ferita, della fragilità dell'ecologia e del logorio continuo provocato dall'intervento umano”.
A distanza di un anno ancora non si hanno #numeri certi che quantifichino i #danni prodotti dall’uragano #Vaia | @IlBoLive #Unipd #TempestaVaia #Agordino https://t.co/Wo6rrgqMUc pic.twitter.com/iAxHVCqgp5
— Università di Padova (@UniPadova) October 29, 2019
Ma qual è stato il percorso artistico di Emmanuele Panzarini?
“Non è la prima volta che l'artista lavora con l'università”, racconta Bartorelli. “Dopo essersi laureato nell'ateneo patavino al DAMS, ha partecipato nel 2010 a “Nuovi segnali”, una delle mostre organizzate per far collaborare gli studenti del dipartimento di beni culturali, che si calano nel ruolo di curatori, con i giovani artisti reclutati da Progetto giovani. Panzarini era uno di questi artisti, e nonostante fosse alle prime armi, era già predisposto per il lavoro all'aperto, dimostrando fin da subito la sua capacità di disporsi ed estendesi nello spazio. Successivamente ha iniziato a dedicarsi a progetti che hanno forse l'obiettivo di arrivare alla landart, creando opere dai colori intensi e con elementi collocati con grande senso dell'ordine nel paesaggio sia urbano che campestre”.