SCIENZA E RICERCA
Studiare le meduse per conoscere la storia dell’evoluzione del sistema nervoso
Un esemplare adulto di Clytia hemisphaerica. Foto: Jccardenas13; Elizabeth Lee, PhD/Wikimedia Commons
Il cervello umano è, ancora oggi, uno dei grandi misteri della scienza. Composto da centinaia di miliardi di cellule, il suo funzionamento è ancora in gran parte ignoto. E altrettanto oscura è l’evoluzione di un organo tanto complesso: comprendere quali siano stati i passaggi evolutivi che hanno portato all’estrema diversità che caratterizza gli apparati neuronali degli esseri viventi oggi esistenti non è un’impresa facile.
Per comprendere con maggior chiarezza l’affascinante mondo microscopico da cui dipende la funzionalità del sistema nervoso, gli studiosi si servono di modelli animali da osservare in laboratorio: tra i più diffusi vi sono vermi, topi, pesci, moscerini. Pur molto diversi fra loro, questi esseri viventi non sono estremamente distanti da un punto di vista filogenetico, e sono dotati di sistemi nervosi centralizzati. Per avere maggiori chiarimenti sugli stadi più antichi e sulle forme più semplici di organizzazione neuronale, alcuni ricercatori si sono dunque rivolti a un tipo di organismo diverso: le meduse. Con uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell, un gruppo di ricercatori del Caltech hanno proposto Clytia hemisphaerica, una piccolissima medusa (le dimensioni dell’adulto variano da 0,5 a 2 cm) dal corpo completamente trasparente, come possibile nuovo modello per la ricerca in ambito neuroscientifico.
Caltech researchers have developed a kind of genetic toolbox tailored for tinkering with Clytia hemisphaerica, a type of jellyfish about 1 centimeter in diameter when fully grown. https://t.co/5XVA9aGleR
— Esther Schindler (@estherschindler) December 11, 2021
I vantaggi di usare esemplari di questa specie per gettar luce sulle più antiche fasi dell’evoluzione cerebrale sono diversi. Comparse circa 500 milioni di anni fa, da allora le meduse sembrano non essersi modificate in maniera sostanziale: possono dunque essere considerate dei “fossili viventi”; inoltre le meduse, così come gli anemoni e gli idrozoi, tutti organismi appartenenti al phylum degli Cnidari, sono rappresentanti dei più antichi organismi ad essersi dotati di un sistema nervoso. In secondo luogo, il fatto che questa specie di piccole dimensioni sia completamente trasparente permette ai ricercatori di avere una visione completa del suo sistema nervoso, una volta posto un esemplare sotto la lente del microscopio. Nel caso specifico, i ricercatori hanno modificato geneticamente i modelli (il DNA di C. hemisphaerica è stato completamente sequenziato, in quanto la specie è già da tempo usata come modello nella biologia dello sviluppo) in modo che i neuroni che si attivavano risultassero fluorescenti, così da poter associare le aree neuronali a specifici comportamenti.
Uno degli scopi primari dello studio, infatti, era comprendere in che modo un sistema neuronale completamente decentrato, le cui componenti sono cioè dislocate in tutto il corpo e non fanno capo a un apparato centrale, potesse auto-organizzarsi e gestire movimenti e comportamenti complessi. Il “cervello” ubiquitario di questa specie è composto da circa 10.000 neuroni di varie tipologie, disposti non solo nella “campana” della medusa, ma presenti in tutti gli organi dell’animale.
Una delle scoperte più interessanti e inaspettate compiute dai ricercatori riguarda l’organizzazione gerarchica che vige tra le parti del corpo della medusa. Questo, infatti, è caratterizzato da una incredibile “modularità funzionale”: ogni parte del corpo è, in un certo senso, autonoma. Tagliando via dal corpo l’apparato boccale, ad esempio, si è visto che i tentacoli continuavano a portare il cibo verso la bocca, e che al tempo stesso la bocca continuava a ingerire cibo. Allo stesso tempo, tuttavia, questi organi mostrano una sorprendente coordinazione reciproca. L’ipotesi avanzata dai ricercatori è che «questi moduli comportamentali funzionalmente autonomi si combinino per formare dei “super-moduli” coordinati, che si ripetono radialmente su tutta la superficie dell’ombrello». La ripetizione e la sovrapposizione di queste strutture modulari potrebbe, nel corso del tempo, persino portare all’emersione di nuovi organi e di nuovi comportamenti.
Attraverso manipolazioni genetiche ed esperimenti comportamentali, gli studiosi hanno potuto esplorare nel dettaglio il funzionamento della struttura cerebrale di C. hemisphaerica, scoprendo un’inaspettata complessità sia per quanto riguarda le componenti cellulari, sia per quanto riguarda le interazioni tra le diverse parti del corpo. I ricercatori si sono concentrati in particolar modo sull’alimentazione, scoprendo che l’azione di ripiegare i lembi dell’ombrello verso l’interno per portare il cibo alla bocca è mediata da una serie di sottosezioni di neuroni poste in diverse aree dell’ombrello, che si attivano selettivamente a seconda dell’azione richiesta.
Tutte queste evidenze – affermano gli autori – sembrano indicare che sia possibile utilizzare C. hemisphaerica tra le specie modello utilizzate per gli studi neuroscientifici. Oltre ai vantaggi pratici che le sue caratteristiche anatomiche offrono, essa è infatti abbastanza filogeneticamente lontana da tutti gli altri animali oggetto di studio da poter costituire un valido termine di paragone “esterno” per comprendere in modo più approfondito la storia dell’evoluzione del sistema nervoso.
Per di più, sottolineano i firmatari dello studio, approfondire la nostra conoscenza dell’anatomia e del comportamento delle meduse ha, sempre più, anche dei risvolti pratici: con i cambiamenti climatici aumenta infatti il loro areale di espansione, e le estese “fioriture” di meduse sono sia un potenziale rischio (in alcuni casi, possono creare danni di non poco conto alle infrastrutture portuali e marine) sia una risorsa economica, che sarà importante capire come sfruttare al meglio.