Una famiglia in cerca di aiuto medico nel Tigray. Foto: Reuters
Dopo quasi otto mesi di conflitto, le armi in Tigray hanno smesso di sparare. Il premier etiope Abiy Ahmed (primo ministro dell'Etiopia dal 2018 e premio Nobel per la pace nel 2019) ha annunciato lo scorso 28 giugno un cessate il fuoco «unilaterale e incondizionato» di circa tre mesi.
Una decisione presa, secondo quanto dichiarato dal premier, per ragioni umanitarie. Centinaia di migliaia di tigrini stanno infatti affrontando, la peggior carestia degli ultimi dieci anni da quando cioè, tra il 2010 e il 2012, una pesantissima carestia ha colpito la Somalia uccidendo più di un quarto di milione di somali, più della metà dei quali, bambini. L'Etiopia non è nuova alle carestie. Quella che ha colpito il Paese negli anni '80 è considerata come uno delle peggiori catastrofi umanitarie del XX secolo che tra il 1983 al 1985 ha portato a circa un milione di morti per fame e milioni di persone sfollate.
La guerra nel Tigray ha avuto inizio a novembre 2020, dopo mesi di tensioni tra governo federale e governo regionale del Tigray controllato dal Fronte di liberazione del Tigray (TPLF), un partito che per molto tempo aveva dominato la scena politica nazionale dell’Etiopia e che aveva iniziato a perdere importanza dopo l’insediamento del governo di Abiy. Nonostante lo stesso premier a novembre avesse dichiarato che la guerra civile era finita e che il TPLF era stato sconfitto, i conflitti non sono mai cessati. È stata definita la ‘guerra oscurata’, questa, perché quanto è stato raccontato (quando se ne è parlato) spesso è stato reso in maniera parziale. Anche per questo Onu, Usa e Ue hanno più volte chiesto commissioni di inchiesta indipendenti nel tentativo di fare chiarezza. È stata una guerra dura quella nel Tigray che ha portato due milioni di sfollati interni, migliaia di morti, violenze, massacri, la distruzione di paesi, interi villaggi e di quasi tutti degli ospedali. Una guerra subdola che ha usato anche come armi di guerra lo stupro di massa e la fame.
Secondo quanto riferito dall’Unicef, a causa del conflitto, circa 350.000 persone nella provincia del Tigray ad oggi sono gravemente minacciate dalla fame, mentre in tutta l’Etiopia, il Paese più popoloso del Corno d'Africa, quasi due milioni di persone si trovano in situazione di emergenza alimentare e oltre il 60 per cento della popolazione, più di 5,5 milioni di persone, è a rischio. Una classificazione, questa, stilata sulla base dell’Integrated Food Security Phase Classification, un sistema usato dalle agenzie umanitarie per determinare i livelli di crisi alimentare di un Paese.
A causa della guerra, sono tante le persone, specialmente nelle aree rurali, che non hanno potuto ricevere aiuti a causa dei blocchi imposti agli accessi dai gruppi armati. Tantissime sono state anche quelle in fuga verso altri territori e quelle che hanno perso il raccolto e mezzi di sussistenza.
Le armi dovranno tacere fino a settembre, per tutta la durata della stagione agricola. "Un’opportunità per i contadini di coltivare la loro terra – ha esplicitato il comunicato con il quale il governo ha annunciato il cessate il fuoco - per i gruppi umanitari di operare e per le forze ribelli del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray di riprendere il cammino della pace".