Un richiamo, un avvertimento, una minaccia: il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso di escludere (momentaneamente) l’Ungheria dai programma Erasmus Plus e Horizon Europe. O per meglio dire: escludere dai finanziamenti quelle università, quasi tutte, che nel corso degli ultimi tre anni, per espressa volontà del governo ungherese guidato dal nazionalista Viktor Orbàn, sono state trasformate da istituzioni autonome finanziate dallo stato in fondazioni private governate da consigli di amministrazione (più facilmente controllabili), non a caso pieni di ministri del governo e altri alleati del partito Fidesz. Nuovi modelli di gestione (le hanno chiamate fondazioni di gestione patrimoniale) che, a giudizio di Bruxelles, non garantirebbero un uso corretto dei fondi destinati al programma Erasmus, violando sia le norme sugli appalti pubblici sia i requisiti contro i conflitti d’interesse, indispensabili per accedere ai finanziamenti europei. La sanzione rientra in quella più ampia decisa dall’Ue, lo scorso dicembre, con la sospensione del 55% dei fondi “di coesione” che sarebbero spettati all’Ungheria (un blocco che ammonta a circa 6,3 miliardi di euro), accusata di aver ripetutamente violato lo Stato di diritto, di non aver realizzato una riforma della giustizia e di non aver combattuto a dovere la corruzione. Analoga procedura, ancora in attesa di valutazione da parte della Commissione Ue, riguarda la Polonia. È la prima volta che il Consiglio dell’Unione Europea congela la consegna di denaro a uno Stato membro per violazione dello Stato di diritto. La “penale” è stata inferiore a quella del 65%, inizialmente richiesta dalla Commissione Europea: perché Orbàn, pur di ottenere una parte dei fondi previsti dal Pnrr, ha rimosso due veti che bloccavano importanti decisioni europee: il pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina (per 18 miliardi di euro) e l’imposizione di una tassa minima europea al 15% sul fatturato delle multinazionali.
Viktor Orban. Foto: Reuters
Stop alle borse di studio dal 2024
Dunque l’Ungheria dovrà affrontare un’inedita chiusura del programma Erasmus +, destinato espressamente alle università statali, non soltanto europee, che permette di trascorrere un periodo di studio (da 2 a 12 mesi) presso una delle oltre 500 università convenzionate. «Ma la decisione della Commissione europea non influisce sui programmi di scambio attualmente in corso» si è affrettato a precisare Janos Csak, ministro della Cultura e dell’Innovazione del governo ungherese. «Il quadro finanziario per i programmi nel 2023 è garantito, gli studenti non subiranno alcuno svantaggio». La sanzione sarà applicata (se nel frattempo non saranno trovate soluzioni) per tutti coloro che faranno domanda per il 2024. Le università ungheresi che dal 2019 a oggi hanno cambiato natura giuridica (in cambio di generose offerte dal governo Orbàn) sono 21, comprese quelle più prestigiose, dall’Università Corvinus di Budapest, all’Università di Debrecen, fino a quella di Sopron (qui l’elenco completo). Di “pubbliche” ne restano appena 5 (tra queste la Budapest University of Technology and Economics e la Hungarian University of Fine Arts). Tra le “anomalie” più evidenti: nel consiglio di amministrazione dell’Università di Miskolc compare il nome del ministro della Giustizia ungherese, Judit Varga. In quello dell’Università di Gyor siede invece il ministro degli Esteri e del Commercio, Peter Szijjarto. Mentre è di ieri la presa di posizione, più dura, del governo: «Quello che la Commissione europea sta facendo con l’Ungheria è inaccettabile e intollerabile», ha detto ai giornalisti il capo dello staff del primo ministro Orbàn, Gergely Gulyas. «Se i negoziati con Bruxelles non risolveranno la questione, l’Ungheria porterà il caso di fronte alla Corte di giustizia europea». Tibor Navracsics, ministro per lo sviluppo regionale, nonché presidente del consiglio di amministrazione dell’Università della Pannonia, ha invece lasciato aperto uno spiraglio di trattativa: «Se la Commissione Europea chiedesse ai politici di dimettersi dai consigli di amministrazione delle fondazioni che gestiscono le Università, il governo ungherese potrebbe prendere in considerazione la richiesta. Vedremo cosa accadrà».
Milioni di euro in cambio della privatizzazione
Accadrà che tra Bruxelles e Budapest andrà in scena l’ennesimo braccio di ferro sul rispetto delle regole democratiche, solo che questa volta a farne le spese saranno i ragazzi. Come raccontava, nel 2020, uno studente dell’Academy of Drama and Film di Budapest (SzFE), una delle pochissime istituzioni dove si svolsero pubbliche manifestazioni, e occupazioni, contro il progetto di privatizzazione del governo: «Non vogliamo entrare in politica, avremmo protestato anche se la richiesta fosse arrivata dallo schieramento opposto: il nostro obiettivo è rimanere indipendenti». Orbàn aveva puntato forte sul progetto: «La scienza, la ricerca e l’istruzione superiore saranno la locomotiva dell’Ungheria», annunciava trionfalmente, garantendo un investimento di oltre 1500 miliardi di fiorini (quasi 4 miliardi di euro), provenienti dalla dotazione dell’Ungheria del Fondo per la ripresa finanziato dall’Unione Europea. L’autorevole sito web Balkan Insight, in un report del 2021 dal titolo “Fidesz fa alle università ungheresi un'offerta che non possono rifiutare”, dedicato proprio alla privatizzazione dell’istruzione superiore in Ungheria, riportava alcuni dati interessanti: «Questa conversione delle università da istituzioni pubbliche a entità gestite privatamente comporta la consegna di almeno 600 milioni di fiorini (1,7 milioni di euro) in capitale iniziale in contanti o contributi in natura (beni mobili, immobili o proprietà intellettuale), che getterà le basi per operare come istituzioni senza scopo di lucro in futuro». «La prima a firmare volontariamente per la privatizzazione, sostenendo di avere il pieno sostegno sia del personale che degli studenti, è stata l’Università di Debrecen (25.000 studenti) – che nel 2017 ha conferito al presidente russo Vladimir Putin il titolo onorifico di Civis Honoris Causa. Anche l’Università di Szeged (22.000 studenti) ha detto sì, dopo alcuni dibattiti interni. Infine l’Università di Pecs (20.000 studenti), con qualche riluttanza, ha accettato l’offerta».
Il mese scorso il governo ungherese aveva ricevuto una formale lettera da parte dell’Unione Europea nella quale s’informava che sarebbe stata esclusa dal programma di borse di studio per studenti universitari. «Posso confermare – ha dichiarato Balazs Ujvari, portavoce per i bilanci della Commissione Europea – che per l’agenzia nazionale ungherese sarà vietato, a decorrere dal 15 dicembre 2022, concludere nuovi impegni giuridici con entità che rientrano nella categoria delle fondazioni di interesse pubblico». Il programma Erasmus Plus ha permesso nel 2021 a oltre 16mila tra studenti e insegnanti di andare all’estero (nel 2020 erano stati oltre 22mila), mentre gli studenti ospitati nelle università ungheresi sono stati circa 6mila.