Pedro Sánchez, il nuovo primo ministro spagnolo. REUTERS/Sergio Perez
Il 7 giugno 2018 i membri del nuovo governo spagnolo presieduto da Pedro Sánchez hanno prestato giuramento davanti al re Felipe VI. Gli antefatti si collocano nella settimana precedente. Il primo giugno il parlamento spagnolo approva la mozione di sfiducia presentata dal partito socialista contro il governo conservatore di Mariano Rajoy collegata, come prevede la costituzione, all’indicazione del candidato per la presidenza del consiglio dei ministri. Il nome proposto è quello di Sánchez, quarantaseienne madrileno, docente universitario di Economia, che fa parlare di sé fin dalle sue prime azioni politiche. A cominciare dalla maggioranza femminile in seno al nuovo governo.
Nella squadra di Sánchez le donne sono a capo di alcuni dei ministeri più importanti. Come Dolores Delgado, solo per citare qualche nome, giudice dell’Audiencia Nacional ed esperta di terrorismo jihadista e diritti umani, a cui è stato affidato il ministero della Giustizia. Al ministero dell’Economia siede invece Nadia Calviño, dal 2014 direttrice generale del bilancio della Commissione europea; alla Difesa Margarita Robles, da tempo nella magistratura. Ed è sempre una donna il braccio destro del primo ministro, alla vicepresidenza del governo: Carmen Calvo, già alla guida del ministero della Cultura dal 2004 al 2007 durante il governo di Zapatero.
Quella spagnola non è certo la norma in politica. Nei Paesi membri dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) le ministre sono circa il 28% sul totale, con margini di differenza significativi da Stato a Stato (dati 2017). Se in Francia ad esempio le donne superano di poco gli uomini sul totale dei ministri (52,9%) e sulla stessa linea si collocano Svezia (52,2%) e Canada (51,7%), ad avere le percentuali più basse di presenza femminile sono la Turchia (3,8%), la Corea (9,1%) e la Slovacchia (14,3%). L’Italia in questo panorama si colloca nella media dei Paesi Ocse con un 27,8 % di ministre sul totale.
Su questi temi abbiamo chiesto un parere a Claudia Padovani, docente del dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e Studi internazionali dell’università di Padova e direttrice del Centro interdipartimentale di Ricerca Studi di genere. Claudia Padovani si occupa di governance globale della comunicazione, con particolare attenzione alla dimensione di genere nei media ed è impegnata su questi temi a livello internazionale anche in collaborazione con l’Unesco. “Se c’è qualcosa di nuovo che questo governo può portare – commenta la docente – credo possa essere proprio la trasversalità di una prospettiva di genere all’interno di un’intera compagine governativa”.