SOCIETÀ

Cambiamenti climatici e sostenibilità

Il mondo va davvero incontro alla catastrofe ecologica, oppure è ancora possibile invertire la rotta? Con la pubblicazione del quinto rapporto sui cambiamenti climatici torna prepotentemente l’attenzione sulle tematiche ecologiche. Intanto lo scorso 20 settembre è stata presentato a Padova anche l’edizione italiana dello State of the World 2013.

Frutto del lavoro di decine tra studiosi e opinion leaders, il volume dello Worldwatch Institute si è imposto da tempo come un punto di riferimento nel campo nell’ambientalismo e giunge quest’anno alla sua trentesima edizione. Il tema scelto quest’anno è la sostenibilità: oggi infatti si tende ad applicare questo concetto, perlomeno stando agli uffici pubblicità e marketing delle grandi corporation, a cibi, vacanze, detersivi, persino alle automobili. Cosa significa però esattamente la sostenibilità? Tentano di rispondere a questa domanda i contributi del libro, divisi in tre parti: le prime due trattano rispettivamente della definizione di sostenibilità e delle modalità per realizzarla; la terza, significativamente intitolata “aprire in caso di emergenza”, affronta gli scenari critici che – secondo gli autori – potremmo essere presto costretti ad affrontare.

A 21 anni dal primo Earth Summit di Rio de Janeiro oggi basta una semplice ricerca su internet per rendersi conto quanto siano sentite oggi queste tematiche: alle parole sustainability e sustainable development – solo per fare un esempio – corrispondono infatti centinaia di milioni di risultati. Il problema piuttosto sta nella definizione del concetto, soprattutto da un punto di vista scientifico. A questo riguardo viene citata nel libro la definizione di Gro Harlem Brundtland, tra il 1986 e 1996 primo ministro della Norvegia (la cui economia peraltro è basata sull’estrazione del greggio), secondo cui lo sviluppo sostenibile “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di fare altrettanto”.

La sostenibilità quindi essenzialmente come conservazione delle risorse e delle condizioni del benessere, e basta questo piccolo chiarimento a far capire come nella maggiore parte dei casi venga nominata impropriamente. A tranquillizzarci infatti non dovrebbe bastare il semplice fatto che un prodotto inquini un po’ meno, quando sarebbe invece necessario – a detta dei curatori del libro – un radicale ripensamento del nostro stile di vita. Altrimenti il rischio è di cadere in quello che nel libro viene definito ‘sostieniblablà’, usato per coprire con una patina green prodotti e consumi che in realtà rappresentano l’esatto contrario di uno stile di vita sostenibile.

Riguardo poi l’impatto ambientale delle abitudini e delle nostre stesse esistenze c’è comunque un problema: al momento non ci sono ancora dei metodi universalmente accettati per misurarlo e per stabilirne le soglie, a parte alcuni tentativi che prendono in considerazione parametri come l’anidride carbonica prodotta oppure la quantità di terreno o di acqua consumata. Una situazione che lascia spazio a più di qualche dubbio: “Considero sostenibilità come un imperativo morale piuttosto che come una nozione prettamente scientifica – ha detto l’economista Cesare Dosi durante la presentazione del libro – In essa inoltre non dovrebbe essere considerato solo il capitale ambientale, bensì ad esempio anche quello umano e tecnologico, che sono almeno in parte sostituibili ad esso”.

Effettivamente in passato è mancata in qualche occasione la previsione della straordinaria capacità dell’uomo di scoprire e di sfruttare in maniera sempre più efficace e innovativa le risorse del Pianeta. In realtà – come è stato sottolineato dallo stesso ricercatore del WorldWatch Institute Michael Brenner durante la presentazione del libro – non mancano anche i segnali positivi. Ad esempio oggi interi paesi del mondo, al contrario di quanto si prevedeva un tempo, stanno uscendo dalla povertà in Asia, in Sudamerica e in Africa. Sono molto progredite la sensibilità ambientale e l’efficienza energetica, e persino la situazione del “buco nell’ozono” sembra in netto miglioramento dopo i provvedimenti degli ultimi anni. Allo stesso tempo una schiera sempre crescente di persone chiede oggi di accedere ai benefici dello stile di vita occidentale, secondo modalità che però non sono sostenibili nemmeno nel breve periodo; si pone inoltre l’emergenza di una nuova “sostenibilità sociale”, che permetta a ognuno non solo di soddisfare i bisogni più basilari, ma anche di vivere in una società che tuteli la sua dignità e la sua sicurezza.

Non basta più insomma – secondo i curatori del volume – una strategia dei piccoli passi: quella che ci vuole è una rivoluzione copernicana nel nostro modo di pensare e di agire. Una scelta difficile, ma non impossibile: “La storia ce lo ha mostrato in molte occasioni –  ha concluso Michael Brenner – Eventi decisivi come l’abolizione della schiavitù e l’emancipazione delle donne furono processi abbastanza veloci, dopo essere sembrati irrealizzabili per secoli. Rovesciare abitudini consolidate è ancora possibile”.

Daniele Mont D’Arpizio

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