SCIENZA E RICERCA

Cambiamento climatico ed evoluzione: una questione matematica

“Nessun uomo è un’isola” scriveva il poeta John Donne ancora nel '600. L’affermazione, divenuta famosa anche per essere stata ripresa in epigrafe al romanzo Per chi suona la campana di Ernst Hemingway, è ormai un diffuso modo di dire per sottolineare come tutti gli uomini siano connessi tra loro. Del resto, continuava in versi Donne: “Ogni uomo è un pezzo del Continente, / una parte della Terra. / Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare, / la Terra ne è diminuita (…)”.

Un’immagine che funziona molto bene se applicata allo studio del clima terrestre e alla sua evoluzione. O che ancora può essere usata a sintetizzare efficacemente l’interazione della specie umana con le altre, aprendo la strada all’interrogativo sul ruolo e le responsabilità dell’uomo. Per cercare di capire i possibili scenari legati ai cambiamenti climatici in atto è infatti essenziale tenere in considerazione come la Terra sia un sistema complesso e quindi non sia possibile avere un'analisi completa ed efficace dei cambiamenti che lo riguardano considerando separatamente le componenti di tale sistema.

In quest'ottica due ricercatori del dipartimento di Zoologia dell'università del Wisconsin, Tobin D. Northfield e Anthony R. Ives, hanno elaborato (e descritto in uno studio pubblicato sulla rivista open access Plos Biology) una regola – basata su dati empirici – che permette di calcolare i probabili effetti dei cambiamenti climatici quando più specie interagiscono e condividono lo stesso ambiente. Questi potrebbero rovesciare o favorire il predominio di una specie a discapito di un'altra ed è quindi importante, sottolineano i ricercatori, capire come comunità costituite da specie diverse rispondano all’evoluzione del clima, i cui effetti possono influire sulla densità di popolazione delle specie e sulla loro possibile estinzione. È quello che è accaduto, ad esempio, con la popolazione di alcuni insetti impollinatori, come le api, la cui drastica diminuzione negli ultimi tempi ha portato in una sorta di reazione a catena all'estinzione di molte specie vegetali.

La coevoluzione, ovvero l'evoluzione parallela di due specie strettamente legate – come possono essere preda e predatore, un parassita e la specie ospitante o infine due specie che vivono in simbiosi – è quindi al centro degli studi sulla relazione tra gli effetti del clima e l’evoluzione.

Tuttavia nello studio dei cambiamenti climatici c'è un fattore che manca quasi del tutto: il tempo. Osservare i cambiamenti in natura richiederebbe anni, forse secoli, e non ci sarebbe così modo di prevedere come questi cambiamenti possano fermarsi o essere – almeno parzialmente – tenuti sotto controllo; motivo per cui è essenziale l'utilizzo di modelli matematici sviluppati a partire dai dati del passato e dalle conoscenze teoriche dell'ambiente e delle specie terrestri. Grazie alla modellizzazione è possibile disegnare ipotetici scenari a seconda del predominio di uno o di un altro fattore.

Nello studio, Northfield e Ives hanno appunto cercato di utilizzare la matematica per rispondere alla domanda: se i cambiamenti ambientali sono tali da far sì che aumenti il tasso di crescita di una specie molto più velocemente di quanto farebbe il solo processo evolutivo, quanto influisce la coevoluzione nell'equilibrio delle specie? Secondo le loro ipotesi quando due specie sono in una situazione di competizione (per il cibo o per lo spazio abitativo ad esempio) la loro coevoluzione agisce pareggiando gli effetti dei cambiamenti climatici. Come dire, lottare per la sopravvivenza fa bene alla salute.

Chiara Forin

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