SOCIETÀ

Il Gender gap nelle elezioni americane

Che Obama potesse conquistare la maggioranza del voto femminile era chiaro sin da prima del voto: già storicamente l’elettorato femminile americano è più sensibile ai valori democratici che a quelli repubblicani, uno svantaggio di partenza che raramente i candidati repubblicani hanno saputo se non colmare, almeno attenuare. Le elezioni appena trascorse, in particolare, sono state caratterizzate dal più ampio gender gap della storia degli Stati Uniti, perlomeno da quando esiste la rilevazione sul comportamento di voto dei diversi gruppi sociali. Non a caso, i relativi dati Gallup mostrano con chiarezza come la maggioranza delle donne americane abbia votato per Barack Obama: il presidente in carica, al suo secondo mandato, ha conquistato il 56% del voto femminile, distaccando quindi Romney di 12 punti. Risultato non sorprendente, se si pensa alle scioccanti dichiarazioni dei repubblicani Todd Akin e Richard Mourdock, contrari all’aborto anche in caso di stupro, che hanno provveduto a orientare ancor più nettamente la contesa.

Lo sfidante repubblicano, però, è riuscito a imporsi 54 a 46 nelle preferenze di voto degli uomini. Si è avuto quindi uno scarto di 20 punti esatti, che rappresentano appunto il più significativo gender gap elettorale rilevato dal 1952 a oggi. Finora la differenza più ampia si era verificata nel 1984, quando per la sfida tra Reagan e Mondale si era registrata una discrepanza di 18 punti; all’epoca, Reagan conquistò anche la maggioranza del voto delle donne, ma in misura molto minore rispetto alla valanga di consensi maschili.

Storicamente, il partito democratico è stato più abile nel conquistare il voto femminile, mentre i repubblicani ottengono spesso il consenso della maggioranza degli elettori di sesso maschile. L’ultimo candidato repubblicano a vincere nel voto delle donne fu Bush padre nel 1988, mentre l’ultimo democratico a conquistare il consenso maschile fu Clinton nel 1996. La maggioranza delle donne ha preferito i democratici in tutte le ultime sei elezioni presidenziali, mentre, nello stesso periodo, gli uomini hanno scelto i candidati democratici in appena due circostanze (Clinton nel 1992 e nel 1996). Osservando le statistiche dal 1952 a oggi, si nota come i candidati democratici alla presidenza siano stati votati dalla maggioranza degli americani maschi in appena quattro elezioni. Infine, va rilevato come uomini e donne abbiano scelto in modo divergente il loro candidato preferito in ben sei occasioni (1960, 1968, 1976, 2000, 2004 e 2012).

Quattro anni fa Obama superò McCain di ben 14 punti nel voto femminile e sostanzialmente pareggiò nel numero di consensi ottenuto tra gli elettori maschi. Questo rivaluta la prestazione di Romney di quest’anno, perché significa che il candidato repubblicano ha migliorato di 10 punti complessivi lo score di McCain. Inoltre evidenzia anche il fatto che quest’anno Obama abbia ottenuto a livello nazionale circa 2 milioni e 300 mila voti in più del rivale, a fronte del distacco di oltre 9 milioni e mezzo di voti inflitto a McCain quattro anni fa. Romney ha quindi notevolmente ridotto le distanze in termini assoluti di voto (anche in virtù di una minore partecipazione elettorale complessiva: rispetto al 2008 hanno votato 8 milioni di persone in meno) ma non è riuscito a conquistare un numero sufficientemente alto di voti femminili, necessario a vincere le elezioni.

Perché Romney è stato più votato dagli uomini, mentre Obama lo è stato dalle donne? Forse perché la campagna repubblicana è stata efficace sui temi economici in un periodo di crisi occupazionale che l’amministrazione in carica ha potuto arginare soltanto parzialmente, ma non è stata capace di veicolare messaggi che potessero sedurre l’elettorato femminile, mentre Obama ha saputo mantenere alta l’attenzione sul tema dell’assistenza sanitaria universale e nel considerare irrinunciabile l’attuale legislazione sull’aborto, due temi di sicuro interesse per le elettrici donne. Inoltre, durante il terzo dibattito televisivo lo sfidante repubblicano è incappato nella nota gaffe del “raccoglitore pieno di donne”, un’espressione ambigua, probabilmente gergale e affrettata, ma su cui i democratici hanno avuto buon gioco a tacciarlo di maschilismo. Un ruolo non trascurabile, infine potrebbero averlo avuto anche Michelle Obama e Ann Romney, due donne così diverse tra loro e certamente “studiate” e giudicate da molte elettrici, come modelli e in quanto indicative dell’orientamento dei rispettivi mariti.

È probabile che nei prossimi anni i democratici cercheranno di consolidare questo loro vantaggio competitivo tra le donne, calibrando di conseguenza la loro offerta politica. Sarà però ancor più interessante osservare come i repubblicani cercheranno di riguadagnare le preferenze femminili senza dover rinunciare al loro predominio sul voto maschile.

Marco Morini

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