SCIENZA E RICERCA

La materia oscura, chiave dell'Universo

Manca della massa: questo è quello che sappiamo oggi dell’Universo. Ci sono oggetti nello spazio che, se calcoliamo la loro massa solo sulla base dei loro componenti visibili, dovrebbero comportarsi in modo diverso da quello osservato. Nel 1933 l'astronomo Fritz Zwicky studiando il moto di ammassi di galassie molto lontane si accorse di una pesante incongruenza tra due dati della realtà che stava osservando: la massa visibile dell’oggetto in questione (calcolata sommando la massa degli oggetti luminosi che lo costituiscono) era centinaia di volte più piccola della massa che risultava dai calcoli matematici basati sui valori osservati della velocità di rotazione delle galassie dell’ammasso.

Infatti, secondo la terza legge di Keplero le galassie più esterne ruotano attorno al centro dell’ammasso su orbite più o meno circolari: più esterna è l’orbita più lentamente ruota l’oggetto che si trova su quell’orbita. Ma tutte le galassie osservate dagli astronomi negli anni non seguono questo comportamento e anche allontanandosi dal centro, la velocità orbitale rimane circa costante.

Se la massa fosse quella calcolata sommando gli oggetti visibili della galassia osservata, le stelle al suo esterno dovrebbero allontanarsi in breve tempo dato che la loro velocità è superiore a quella sufficiente a farle disperdere (velocità di fuga). Dato che non si è ancora osservata nessuna galassia disperdere stelle attorno a sé deve esserci della massa aggiuntiva non visibile che le trattiene. In altri termini la massa totale della galassia non è dedotta dagli oggetti visibili.

Questa massa invisibile è per l’appunto la materia oscura e si stima che per ogni parte di materia visibile dell’Universo ci siano circa sei parti di materia oscura; da queste ipotesi risulta che attualmente siamo in grado di conoscere solo circa il 5 % della materia di cui è fatto l’Universo. Indicativamente il rimanente 27% dovrebbe essere costituito dalla materia oscura e il 68% dall’energia oscura. 

Definita “oscura” proprio perché non emette o riflette la luce, è per questo inosservabile in maniera diretta. Esistono tuttavia dei metodi di osservazione indiretti che hanno permesso agli astronomi di raccogliere indizi sulla sua esistenza. 

Nel 2006 il telescopio a raggi X della Nasa chiamato CHANDRA è stato puntato sull’ammasso di galassie 1E0657-56 per osservarne la collisione, che secondo i ricercatori è l’evento cosmico mai osservato che ha liberato più energia dopo il Big Bang. Attraverso il telescopio gli astronomi sono riusciti ad osservare gli effetti della collisione di un ammasso più piccolo con uno più esteso sulla distribuzione della materia fatta di gas e stelle: a differenza dei gas, la materia oscura non interagendo né con sé stessa né con le altre componenti in maniera diretta, non è stata rallentata durante la collisione. Questa differenza di interazione ha portato alla separazione della materia oscura e di quella visibile, come è possibile vedere dai dati raccolti da CHANDRA ed elaborati in un’animazione.

Nel 2007, grazie ai dati raccolti durante Cosmos (Cosmological Evolution Survey) del telescopio spaziale Hubble, è stato possibile costruire una mappa della distribuzione della materia oscura. Il principio seguito è lo stesso di quando vengono scattate le foto notturne della Terra dallo spazio e vengono immortalati solamente i punti luminosi: allo stesso modo Hubble ha raccolto immagini di tutti gli oggetti luminosi (stelle, galassie, pianeti) fino a distanze tali da coprire metà del tempo intercorso dal Big Bang ad oggi. Quello che ne è risultato è una mappa 3D della materia visibile dell’Universo e, di conseguenza, il suo “negativo” ovvero la materia oscura: Nell’aprile del 2013 un’altra mappa della distribuzione della materia oscura nell’Universo è stata pubblicata in seguito ad una delle analisi dati più attese degli ultimi anni in cosmologia, quella del satellite Planck, che dopo aver dato questo contributo è stato spento il 23 ottobre scorso. Grazie a quanto osservato da Planck è stato possibile elaborare una mappa completa dell’Universo, come lo si vede proiettato sul cielo, fino dalla sua nascita: La mappa della distribuzione della materia oscura è stata costruita sfruttando gli effetti gravitazione della materia oscura stessa sulla luce, ovvero le lenti gravitazionali: la luce emessa da una galassia distante, ma anche i fotoni di miliardi di anni fa, quando attraversano zone ad alta densità di materia – come possono essere quelle di materia oscura – vengono deviati. Quindi confrontando l’immagine “originale” e quella giunta a noi (ovvero quella raccolta da Planck e rappresentata dalla mappa della radiazione cosmica di fondo) è stato possibile ricostruire la posizione di queste lenti gravitazionali, che dovrebbe corrispondere alla distribuzione della materia oscura. 

Nonostante la mappa non possa essere precisa e si basi anche su analisi e previsioni statistiche è, per ora, la rappresentazione più accurata di dove dovrebbe essere la materia oscura all’interno del cosmo. 

Chiara Forin

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