SOCIETÀ

Il mondo visto dagli occhi del futurologo

In un'epoca in cui i programmi politici sembrano avere come orizzonte temporale il voto delle prossime elezioni, uno sguardo capace di informare sulle tendenze di lungo termine appare quanto mai prezioso.

Lo scorso dicembre è uscito Lo stato del futuro 19.1, la versione italiana (curata dall'Italian institute for the future - l'Istituto italiano per il futuro) di un rapporto che ogni anno viene rilasciato dal Millennium Project, associazione internazionale nata nel 1996 a Washington D. C. che si occupa di futures studies. Si chiamano tecniche di foresight o di anticipazione le metodologie con cui vengono raccolti i dati contenuti in questo rapporto. Gli studiosi che se ne occupano invece si definiscono futuristi o futurologi e costituiscono una realtà che sta acquisendo massa critica anche in Italia.

Il rapporto monitora l'evoluzione di 15 grandi sfide globali (dal cambiamento climatico all'accesso alle nuove tecnologie, passando per demografia e diritti, progresso e conflitti, istruzione, occupazione e salute), si offre come vademecum per i decisori politici ed approfondisce poi due macro-temi: le tecnologie per il contrasto al terrorismo con orizzonte al 2035 e il rapporto tra tecnologia e lavoro con orizzonte al 2050.

Ma Lo stato del futuro offre anche soluzioni alle sfide che raccoglie: seguendo l’esempio già attuale della Finlandia, avanza la proposta di istituire commissioni parlamentari sul futuro da affiancare all'azione politica; suggerisce l'istituzione di una nuova procura per i reati economici internazionali su mandato Onu; e ritiene opportuna la nascita di un’Organizzazione Internazionale per la scienza e la tecnologia che sovrintenda la ricerca mondiale ed eviti lo sviluppo di progetti potenzialmente rischiosi per la civiltà umana, da applicazioni sconsiderate dell’ingegneria genetica allo sviluppo di superintelligenze artificiali prive di etica. Riguardo alla convivenza tra uomo e tecnologia, è a favore dell'introduzione di un reddito di base in vista di un futuro in cui il costo della vita calerà sensibilmente, grazie proprio allo sviluppo tecnologico; allo stesso modo è a favore di un sistema di tassazione dell'intelligenza artificiale che si sostituirà al lavoro umano. Il rapporto segnala poi che le diete vegetariane o quelle a base di insetti dovranno aumentare, o per lo meno dovrà diminuire il consumo di carne proveniente da allevamenti.

Con Roberto Paura, presidente dell’Italian Institute for the Future, abbiamo commentato le previsioni dello Stato del futuro, ma abbiamo anche dato uno sguardo al passato, ricostruendo la nascita degli studi sulla futurologia.

Come è nato il Millennium Project?

Il Millennium Project è stato costituito nel 1996 negli Stati Uniti da un gruppo di futurologi. Successivamente sono nati nodi in tutto il mondo che svolgono attività di raccolta dati e organizzazione di workshop per raccogliere feedback dei partecipanti. Il direttore attuale è Jerome Glenn. In Italia c'è un nodo coordinato da Mara Di Berardo con cui il mio Istituto ha collaborato per la realizzazione dell'edizione italiana di questo rapporto. Sia il Millennium Project sia l'Italian Institute for the Future che dirigo sono organizzazioni che rientrano nel settore dei futures studies, nati con il Club di Roma nel 1968 per studiare gli scenari futuri dell'umanità.

Come definiresti un futurologo?

In Italia è appena nata un'associazione professionale dei "futuristi", usando l'accezione anglosassone del termine che è "futurist". L'obiettivo è regolamentare la professione del futurologo/futurista a livello nazionale. Si tratta di persone che generalmente (ma non in via esclusiva) provengono dagli studi socio-politici e si interessano in particolare dell'impatto sociale a lungo termine del progresso scientifico e tecnologico. La futurologia usa un'ampia serie di metodologie qualitative (Delphi, Tre Orizzonti, metodo Shell, Backcasting, Biforcazioni) per sviluppare scenari anticipanti, dai quali elaborare proposte e raccomandazioni. Possono essere impiegati a livello macro (nazionale, internazionale) e a livello micro (corporate foresight, con le aziende o le organizzazioni). Inoltre si occupa dell'analisi dei megatrend, quei trend di portata globale come la demografia, il cambiamento climatico, il progresso tecnologico.

E l'Italian Institute for the Future come nasce?

E' un'organizzazione no-profit che è nata nel 2013 a Napoli, con l'obiettivo di introdurre in Italia i futures studies e la cultura dell'anticipazione. Si è trattato di un'iniziativa "dal basso" nata da un gruppo di giovani professionisti e studiosi, che poi gradualmente si è diffusa a livello nazionale. Teniamo una rivista, "Futuri", una serie di pubblicazioni tra cui un report annuale sui megatrend, un convegno annuale nazionale, organizziamo eventi divulgativi, teniamo presentazioni e conferenze o attività di consulenza con enti e aziende per orientarle agli scenari futuri. Siamo membri istituzionali della World futures studies federation, che raggruppa le principali organizzazioni mondiali che si occupano di questi temi.

Quali sono secondo te i punti salienti dell'ultimo rapporto?

Dunque, intanto l'Indice dello Stato del Futuro 19.1 (Sofi) mostra che in generale il mondo continua a migliorare, sebbene a un ritmo più lento di quanto accaduto negli ultimi 27 anni. Il tasso di miglioramento del Sofi nel prossimo decennio sarà infatti dell'1,14% rispetto al 3,14% del periodo 1990-2017, principalmente a causa dell’incertezza economica perdurante dopo la Grande recessione, ma anche per i timori legati al terrorismo e ai problemi di lungo periodo posti dall’automazione del lavoro.

Su queste basi, dopo l'analisi delle 15 sfide globali il Millennium Project ha avanzato una serie di proposte. Le più interessanti riguardano nuove tecnologie di pre-detection dei potenziali terroristi mettendo insieme big data analysis, dati biometrici e sorveglianza real-time, tenendo conto anche del rischio (emerso in alcuni scenari sviluppati con la Nato) dell'emergere di stati autoritari come conseguenza della sorveglianza di massa. Inoltre intorno al 2030 è previsto il crollo del costo della vita in seguito alla diffusione dell'automazione; in un simile scenario sarà opportuna l'introduzione del reddito di base universale, per ridurre le tensioni sociali e favorire la transizione dall'attuale società del lavoro a una società dell'autorealizzazione. I fondi per il reddito di base dovranno provenire dalla tassazione delle nuove tecnologie, dalla carbon tax, dalle tasse sulle transazioni finanziarie, dal contrasto ai paradisi fiscali e dalla lotta alla criminalità organizzata, grazie anche all'introduzione di una nuova procura economica internazionale su mandato Onu che persegua attraverso corti sovranazionali le organizzazioni criminali e ne sequestri i beni mettendoli a disposizione della collettività.

Ci sono anche altri punti interessanti, come la promozione delle diete vegetariane, la produzione di carne senza allevamenti e l'alimentazione a base di insetti per ridurre l'impatto ambientale della crescita della popolazione; oppure l'ibridazione uomo/intelligenza artificiale per potenziare l'intelligenza umana e diventare "geni potenziati", fin dall'età pre-scolare, per contrastare il rischio di essere sopravanzati dall'accelerazione tecnologica.

Come può il rapporto concretamente aiutare a realizzare gli obiettivi che individua?

Il rapporto dovrebbe venire considerato alla stregua degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu: si forniscono indicatori utili a definire le politiche nazionali e transnazionali, e obiettivi da realizzare, ma poi spetta ai governi implementarli. In Italia, l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile ha dimostrato di saper influenzare l'agenda politica e far adottare iniziative legislative nella direzione indicata dagli Obiettivi 2030 dell'Onu. Analogamente, il Millennium Project sollecita i governi e i parlamenti a predisporre unità di previsione sociale (per es. commissioni parlamentari sul futuro, sul modello della Finlandia, o unità di foresight come ci sono nel governo inglese o alla Commissione europea) per implementare le politiche necessarie a realizzare gli obiettivi citati nel rapporto.

Come valuti l'impatto del vostro lavoro finora?

L'attenzione nei confronti degli studi sul futuro è decisamente in crescita in Italia. Stanno nascendo iniziative di alto livello che potrebbero riuscire a incidere davvero sul tessuto politico, e alla quali stiamo prendendo parte. Finora, c'è un'attenzione maggiore da parte del settore privato, che è sempre interessato a capire in anticipo le trasformazioni per adattarsi ai cambiamenti. Lì già da tempo, oltre al nostro Istituto, singoli "futurologi" e società di consulenza operano nel campo del corporate foresight. Il salto di qualità è introdurre in Italia una politica dell'anticipazione. Speriamo che le iniziative in corso, e la pubblicazione di questo volume, possano rappresentare un passo nella giusta direzione.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012