SOCIETÀ

La religione? È violenta quanto l'uomo

“La violenza è l’uomo. Anche la religione quindi, in quanto parte dell’uomo, è violenta”. Non sembra meravigliato dagli ultimi attentati terroristici il filosofo Emanuele Severino, né ha paura di scandalizzare l’uditorio durante il convegno Guerra violenza e morte in nome di Dio, organizzato dal master in Death studies and the end of life. Un intervento che va volutamente al di là della cronaca per affrontare le radici del rapporto tra uomo, violenza e religione. 

La violenza è comunque un carattere costante, e in qualche modo inestirpabile della storia umana: “Nel secolo scorso nella civilissima Europa sono state uccise decine di milioni di persone. Meravigliarsi oggi è fuori luogo”. Da dove viene però questa predisposizione al male, e perché continua ad affliggere l’umanità? Per spiegarlo Severino ricorre più volte alla Bibbia, soffermandosi in particolare sul racconto del peccato originale: “Adamo si lascia convincere a mangiare la mela perché questo significa impadronirsi di Dio, ucciderlo. Poi però è Dio a uccidere l’uomo, cacciandolo dal paradiso terrestre e consegnandolo alla morte”. Non si tratta, secondo lo studioso, semplicemente di un mito: “Oggi la teoria evoluzionistica ci dice che a un certo punto l'uomo si affaccia sulla terra: per farlo però compie uno sforzo, sfonda una barriera che gli impedisce di espandersi. Questa barriera è il Dio veterotestamentario, che gli impedisce di essere lui stesso Dio”.

Il divino quindi va abbattuto; ma allo stesso tempo in qualche modo anche reso amico, controllato. Il sacro, riprendendo Rudolph Otto e Mircea Eliade, è il tremendum fascinans: toglie il respiro ma seduce, di fronte ad esso l'uomo trema e gode. “Quando l'uomo riesce liberarsi... Cosa vede intorno a sé, se non i frammenti di questa barriera che lo opprimeva? Ecco allora apparire la natura, sotto forma di animali e piante... Allo scontro con il divino segue la necessità di allearsi con questa potenza suprema per sopravvivere. Essere alleati con Dio significa però essere nemici di tutto ciò che gli è ostile. Una lotta inevitabile, come lo è l’uccisione nemico”.

All’osservazione di Vincenzo Milanesi, docente di filosofia morale, che papa Francesco nonché diversi imam hanno nettamente condannato la violenza religiosa, Severino risponde: “Altro sono le intenzioni, sicuramente sincere, altro la realtà dei fatti. La fede, non solo quella religiosa ovviamente, è in quanto tale apportatrice di violenza. Dare forza a quello che non appare significa in qualche modo cancellare quello che è in contrasto con questa volontà”. 

Severino specifica più volte che il Dio e a cui si riferisce non è solo quello trascendente: “Nietzsche parla della morte del dio religioso; poi però l’uomo si è costituito una serie di dei. San Paolo parla di dio ventre, ma ci sono anche il denaro, il piacere sessuale, capitalismo e comunismo, la felicità... Qualunque cosa venga ritenuta una potenza suprema, necessaria per la vita dell’uomo”. Senso del sacro e fede formano quindi un tratto imprescindibile dell’uomo, anche di quello laico o non religioso: portano lo stigma della grandezza e della miseria della nostra umanità e non vanno demonizzate in quanto tali.

In questo quadro entra, secondo il filosofo, l’attuale scontro tra Islam e Occidente: “È chiaro che il terrorismo è un sottoprodotto dell'Islam come l'imbroglio commerciale è un sottoprodotto del mercato, come il terrorismo irlandese lo è del Cristianesimo. È un grosso equivoco, quello per il quale Cristianesimo e Islam siano nient'altro che avversari. La matrice di entrambi è la nascita dello spirito critico d'Occidente: il pensiero filosofico greco, come dimostra l’opera di pensatori come Tommaso d’Aquino e Avicenna. Il vero nemico per entrambi è il processo che conduce inevitabilmente alla morte del divino. La storia della civiltà occidentale è proprio la storia di questa progressiva eliminazione del sacro, e prima ancora del demonico”.

Il tratto nuovo e disumanizzante oggi sta semmai, conclude Severino, nell’utilizzo sempre più pervasivo della tecnica: “Anche il terrorismo islamico sta passando da una fase artigianale a una tecnologica: lo si vede ad esempio dall’uso che di fa di internet. Oggi ha costituito perfino uno stato”. La tecnica di oggi però, che non conosce limiti imposti dall’esterno, da strumento è fatalmente destinata a divenire lo scopo per le forze che provano a servirsene. “Il paradiso in terra che la tecnica ci promette è un paradiso senza verità, il ché alla lunga non può che renderlo un inferno. Forse allora i popoli sentiranno l'esigenza di accostarsi a un nuovo concetto di verità, diverso da quello che in Occidente si è lasciato travolgere”.

Daniele Mont D’Arpizio

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