CULTURA

8 febbraio 1848: gli studenti e quella voglia di libertà

Per un’università che ha fatto della libertà il suo motto l’8 febbraio è qualcosa di più di una ricorrenza da onorare, in particolare nell’anno in cui si celebrano otto secoli dalla fondazione. Quella mattina di 174 anni fa a Padova duemila studenti si ribellarono contro una delle grandi potenze europee, che trent’anni prima aveva piegato Napoleone e che – al di là delle letture nostalgiche – faceva della censura e del controllo poliziesco i suoi punti di forza. Erano armati soprattutto dell’entusiasmo e degli ideali della loro età e, se non vinsero, contribuirono perlomeno a gettare le basi di quell’unità italiana che, agognata per secoli, sarebbe arrivata solo pochi anni dopo.

L’8 febbraio però non è un fatto isolato ma “parte della storia di un vero e proprio movimento studentesco europeo”. Ad affermarlo è Enrico Francia, docente di storia politica e culturale dell’Ottocento presso l’università di Padova, nonché autore del saggio sulla sollevazione studentesca contenuto nel recentissimo libro Libertas. Tra religione, politica e saperi (a cura di Andrea Caracausi, Paola Molino e Dennj Solera, Donzelli editore e Padova University Press, 2022), quinta delle nove uscite del progetto Patavina Libertas, dedicato a tracciare una storia europea dell’ateneo dalla fondazione fino ai nostri giorni.

“Tra Ottocento e Novecento si stabilisce un forte legame tra università e mondo esterno, che passa anche per l’aumento degli studenti, anche se ovviamente non siamo ancora di fronte a un’università di massa – continua lo storico –. Questo comporta anche l’allargamento dei ceti che vedono nello studio un mezzo di riscatto e di miglioramento delle proprie condizioni, e quindi sono anche portatori di un’istanza di progresso sociale”. A Padova tra il 1813 e il 1847 gli iscritti passano da 215 a 1924: una presenza decisiva in una città che in quel momento conta appena 50.000 abitanti. Non è un caso che in tutto il vicereame lombardo-veneto il governo austriaco pensi di limitare l’accesso ai corsi di laurea, nel timore che troppa cultura metta un po’ di grilli in testa ai sudditi più giovani.

In questo contesto si arriva all’inizio del 1848. I primi scontri di piazza tra studenti e polizia sono a Pavia, a causa dello ‘sciopero del fumo’: dato che il tabacco è una cospicua fonte di entrate per l’erario, i gruppi democratici e indipendentisti organizzamo una capillare azione di boicottaggio. In qualche giorno la notizia delle sommosse arriva a Padova, dove suscita immediatamente la solidarietà generale. Il 7 febbraio più di 5.000 persone sfilano in città per il funerale di uno studente, la bara ricoperta con il Tricolore e più di 400 persone vestite spavaldamente ‘all’italiana’. È il preludio di quello che accade il giorno seguente: “Basso il cigaro!” grida un ragazzo contro un gruppo di guardie austriache, e subito studenti e popolani accorrono. In poco tempo a Padova scoppia la guerriglia: i soldati sparano, i ragazzi rispondono con i ciottoli del selciato, prima di chiudersi dentro al Bo e di suonare a martello la campana della torre universitaria. E alla fine prevalgono: i reggimenti austriaci sono costretti a ritirarsi temporaneamente dalla città.

    Tra Ottocento e Novecento si stabilisce un forte legame tra università e mondo esterno, che passa anche per l’aumento degli studenti

    Nell’anno delle rivoluzioni Padova precede così non solo le Cinque giornate di Milano (18-22 marzo), ma anche grandi capitali come Parigi (22-24 febbraio) e Vienna (13 marzo). Anche in questi ultimi casi è il mondo universitario a fare da epicentro di movimenti che poi si diffondo anche nel resto della cittadinanza: non è un caso che pochi giorni dopo a raccogliere il testimone dagli studenti padovani, come racconta Angelo Ventura nel volume Risorgimento veneziano. Daniele Manin e la rivoluzione del 1848 (Donzelli 2017), siano gli operai dell’arsenale di Venezia, dando la scintilla per la proclamazione, poco più di un mese dopo, della Repubblica Veneta da parte di Daniele Manin.

    “Nell’Europa moderna e contemporanea l’università è per eccellenza il luogo di formazione e di circolazione del sapere, quindi anche delle idee politiche – spiega ancora Enrico Francia –. Per questo, sia tra i docenti che tra gli studenti, trovano terreno fertile le ideologie rivoluzionarie, nazional-patriottiche, democratiche e persino socialiste”. Gli studenti del resto sono quasi antropologicamente immersi nei processi di trasformazione sociale: “Si sentono la parte migliore della società e, soprattutto nell’Ottocento e nel Novecento, si vedono anche investiti del compito di migliorarla e di forgiarla. Nei momenti caldi sono dunque sempre in prima fila un po’ in tutta Europa: dalla Polonia alla Francia, dalla Germania alla stessa Austria, dove cacciano Metternich e danno il via a proteste di piazza per chiedere riforme”.

    Un ruolo guida, quello esercitato dal mondo universitario nei confronti della società nel suo complesso, in parte confermato anche durante la prima guerra mondiale e la Resistenza al nazifascismo, ma che nel tempo attuale appare decisamente appannato. “Gli studenti, non solo universitari, rimangono una delle forze propulsive del cambiamento e del rinnovamento: pensiamo solo all’attivismo sul clima – conclude Francia –. Sicuramente però l’attenuarsi della passione politica nel corso degli ultimi anni si riflette anche sulla vitalità delle università, ancora sensibili per loro natura a certe tematiche ma non con lo stesso grado di mobilitazione che abbiamo visto negli ultimi due secoli”.

    Oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, quell’inizio di 1848 rimane comunque un esempio di vitalità e di coraggio: una sorta di ‘internazionale degli studenti’ che però non si tradusse in un sentimento di solidarietà transnazionale. Presto infatti i giovani di Vienna e di Padova, in un primo momento uniti nel protestare contro il regime imperial-regio, si sarebbero trovati gli uni contro gli altri in una lunga serie di guerre. Qui sta il limite e la grandezza di quei fatidici giorni, tra l’ammirazione per chi allora si batté per un’idea di libertà, e la speranza che questo un giorno non debba più comportare lutti e guerre tra i popoli.

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