CULTURA

La distopia femminista di Christina Dalcher

Cosa succede quando la crisi economica, ormai arrivata alle sue conseguenze più estreme, incrocia il femminismo intransigente? Nasce La sorellanza di Christina Dalcher (Nord, 2022), un libro che va a raccogliere il testimone degli altri due scritti d lei (Vox del 2018 e La classe del 2020).
Le storie delle tre protagoniste vanno in qualche modo a sovrapporsi: sono personaggi diversi, ma hanno in comune il tentativo disperato di salvare la loro famiglia in mondi con regole molto diverse da quelle che conosciamo.
In Vox Jean McClellan è vittima del maschilismo, e come tutte le altre donne americane ha perso i suoi diritti fondamentali, compreso quello di parlare: ogni donna, infatti, può pronunciare al massimo cento parole al giorno (in media ne pronunciamo 16.000). La classe racconta invece dei rischi di una società inflessibilmente meritocratica: nel mondo in cui vive Elena Fairchild, il sistema politico premia l'impegno a partire fin dall'infanzia, e la protagonista, da sempre studiosa instancabile, inizialmente sosteneva questo tipo di società, fino a quando sua figlia non fallisce il test Q, che viene somministrato periodicamente a tutti gli studenti per promuovere i meritevoli nelle scuole più prestigiose e relegare gli altri nelle spaventose scuole gialle, strutture di recupero dalle quali, però, nessuno ha mai fatto ritorno.

Nelle prime due distopie della Dalcher il mondo è organizzato in modo maniacale, con un insieme di regole che diventano intollerabili per le protagoniste, perché dove ci sono dei soprusi c'è sempre chi resiste, anche se nel silenzio. L'inizio de La sorellanza, invece, è diverso: gli Stati Uniti d'America in seguito a un'irrimediabile crisi economica sono precipitati nell'anarchia. Miranda, la protagonista, aveva un marito che ha portato al fallimento la sua famiglia e anche quelle dei loro vicini di casa, per poi uccidersi, e ora lei non ha più niente, perché i creditori le hanno pignorato quasi tutto. A tutti gli altri, però, non va meglio: in pochi giorni nei supermercati si trova solo qualche cavolo marcito, mentre anche l'acqua diventa un bene di lusso, per le strade non si guarda più in faccia nessuno ed è possibile essere uccisi per una bottiglietta di minerale e qualche snack. Il giorno in cui l'acqua smette di uscire dai rubinetti, Miranda decide di fuggire insieme alla figlia Emma.
L'idea dichiarata è quella di andare a mendicare un lavoro in una fattoria, ma il lettore capisce facilmente che Miranda calpesterà i suoi principi rassegnandosi a chiedere rifugio a Femlandia, una delle comunità femministe fondate da sua madre.

E per riuscire a entrare dal portone sprangato dovrà anche ammettere di essere la figlia di Win, che dalle sorelle che vivono a Femlandia è trattata alla stregua di un messia, specie ora che è morta, e che ha passato il testimone a Jen Jones, ex amica di Miranda adottata dalla madre di lei quando si era resa conto che la figlia non condivideva i suoi ideali, mentre l'amica era dotata di ciò che serviva alla causa: un atavico odio per i maschi.

Quello che Win non capiva era perché una donna avrebbe dovuto desiderare di accalappiare un animale selvatico e poi passare il resto della sua vita con lui Christina Dalcher

Le micce che incontriamo lungo il dipanarsi della trama sono troppe per evitare la deflagrazione: la rivalità tra Miranda e Jen, due rapporti madre/figlia irrisolti che vedono Miranda al centro della tensione con Emma da una parte e Win dall'altra, l'assenza assordante di uomini (e soprattutto di bambini maschi) all'interno di Femlandia, i coyote che strillano tutte le notti, e a volte anche di giorno, come una minaccia pronta a distruggere questo giardino dell'Eden che da rifugio si trasforma in una prigione.

"C'è un pensiero che mi tormenta mentre percorro il sentiero che attraversa il nostro settore, passo sotto il pergolato con le belle di giorno che mandano riflessi blu elettrico e giro a destra verso l'asilo. I coyote non restano nello stesso luogo per quattro anni".

Femlandia non ha niente della comune che possiamo immaginare, e sembra più un resort di lusso, con cocktail serviti freschi e vesti di cotone morbido nonché, e questa è la cosa più importante per Miranda, cibo autoprodotto sufficiente per sopravvivere. A parole Win e le altre hanno dato vita a una comunità solidale, ma soltanto con i suoi membri, tanto che due bambini in punto di morte vengono crudelmente lasciati fuori dai cancelli perché hanno un cromosoma Y. Un po' come aveva fatto ne La classe, Dalcher dimostra come un sistema apparentemente perfetto può collassare, perché efficienza e controllo hanno reso i sentimenti obsoleti e la ribellione inevitabile. Il messaggio del romanzo è contenuto nella citazione di apertura di Bertrand Russel: "Tutti i movimenti popolari, prima o poi, oltrepassano il limite", ed è meglio non trovarsi nei pressi, quando questo accade. C'è però qualcosa che il libro non ci  dice: esiste un'alternativa praticabile?

Cancellare gli uomini non funziona: le dinamiche di potere tossico che molto spesso vedono il maschio al vertice della piramide si ripetono tali e quali anche se andiamo a eliminare tutti i prevaricatori originari, come se fosse inevitabile la loro presenza, pur cambiando gli attori in gioco. Del resto, tornando alle prime cento pagine del libro, lo status quo è altrettanto pericoloso, perché quelli che ancora rispettano il contratto sociale potrebbero smettere di farlo in una situazione di emergenza, in una nazione allo stremo dove l'anarchia si diffonde come un fumo velenoso e nessuno si preoccupa più di nascondere il fatto di considerare le donne come meri oggetti.

Certo, non è compito di un romanzo fornirci le soluzioni a un problema secolare, e c'è da dire che La sorellanza ha comunque il merito di metterci in guardia contro le strade più radicali e che in un'ottica di negazione montaliana ci suggerisce  almeno cosa evitare. Rimane il fatto che da entrambi i lati della barricata monta l'odio, che è arrivato a un livello tale che è lecito chiedersi se sia ancora possibile una mediazione, e se gli uomini e le donne potranno mai lottare insieme per un obiettivo comune. Nel frattempo ci accontentiamo del consiglio di diffidare dei luoghi come Femlandia troppo simili a paradisi terrestri, perché di solito c'è un serpente in agguato.

La parte in cui Eva veniva accusata e punita benché fosse lei a essere stata imbrogliata, quella parte non le piaceva per niente. Di certo il serpente era un maschio Christina Dalcher

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012