CULTURA

L'arte di Maurice Marinot nelle "stanze del vetro"

È dedicata al francese Maurice Marinot (1882-1960) l’esposizione primaverile de Le stanze del vetro, il progetto culturale che, all'Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, ha creato uno spazio espositivo permanente, a ingresso libero (a sostegno dell’idea di cultura come patrimonio della comunità), dedicato alle forme moderne e contemporanee dell’arte vetraria: una iniziativa congiunta di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung nata per approfondire lo studio di una forma d'arte preziosa, promuovere la ricerca e l'innovazione e riportare il vetro al centro del dibattito della scena artistica internazionale.

Dopo la mostra autunnale La vetreria M.V.M. Cappellin e il giovane Carlo Scarpa 1925-1931, ora e fino al 28 luglio, i 650 mq dell'ala ovest dell’ex convitto ospitano Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934, a cura di Jean-Luc Olivié, curatore del Musée des arts décoratifs, e Cristina Beltrami. Le "stanze" veneziane accolgono la produzione del maestro francese che ha posto le basi del vetro contemporaneo grazie alla sua personale sperimentazione: 220 pezzi unici e 115 disegni - tra schizzi e progetti provenienti in buona parte dal Museo di arti decorative di Parigi (Mad) e dai Musei nazionali reali di Bruxelles - ripercorrono le diverse fasi creative di un artista "che dedicò oltre vent'anni della sua maturità creativa alla produzione di opere in vetro soffiato in grado di lasciare un segno profondo, duraturo e internazionale nella storia del vetro moderno", spiega Jean-Luc Olivié.

La prima stanza è dedicata allo smalto e copre i primi undici anni di attività, dal 1911 al 1922, con soggetti semplici e un'esecuzione volutamente grafica. La seconda accoglie le sperimentazioni che, a partire dal 1913, portano Marinot a "disegnare all'acido" con una progressiva moltiplicazione dei bagni corrosivi a segnare profondamente il vetro. La terza sala è dedicata all'incisione, con il segno che diviene linea di forza. La materia in movimento è protagonista della quarta stanza: “Il vetraio giunge al suo scopo - scriveva lo stesso Marinot nel 1920 - solo attraverso un’attenzione continua e un’intesa precisa dei suoi minimi movimenti con la vita del vetro incandescente”. Dal 1922 i giochi di bolle d'aria sospese si offrono come elemento decorativo. La quinta sala sposta l'attenzione sulla capacità del maestro di modellare il vetro e mostra come ormai il rapporto con la materia si sia trasformato in qualcosa di fisico: “Questa materia che nasce in una lotta, nel fuoco, nel fumo, che a turno si difende od obbedisce, che obbedisce quando la obbligo a rispettare la sua natura”. Nella sesta stanza incontriamo la maturità di Marinot, tra fluidità e controllo, nella settima lo spazio è pensato come un cabinet e accoglie schizzi e progetti. Il gran finale è allestito lungo il corridoio ed è dedicato al flacone, oggetto icona che ne definisce l'arte e il gusto.

Nel 1911 la visita a una vetreria di proprietà di amici mi dà modo di scoprire il vetro dal vivo. Entusiasmo e violento desiderio di dedicarmi a quel nuovo gioco Maurice Marinot, lettera in "Beaux-métiers. Artistes-Artisans", Comoedia-Charpentier, Paris 1943

Marinot scopre il vetro nel 1911 dopo aver visitato la vetreria dei fratelli Viard, a Bar-sur-Seine, se ne innamora e, nello stesso anno, presenta i suoi primi vetri a smalto al Salon d'Automne. Se agli inizi del Novecento si dedica alla pittura, realizzando tele che espone nel 1902 a Troyes, sua città natale, e nel 1905 a Parigi, dal 1911 inizia a sperimentare il vetro, individuando così la propria strada e il proprio destino. Parte dalla vetreria industriale per poi arrivare, nel 1922-1923, a soffiare lui stesso e a creare pezzi unici dalle forme originali e raffinate, passando da superfici pulite a incantevoli giochi di bolle d'aria fino alla creazione dei suoi iconici flaconi, di forme e dimensioni differenti, ora incisi ora corrosi nell'acido, oggetti che ne definiscono la produzione e la rendono riconoscibile al pubblico, rivelando l'essenza della sua ricerca. "Rapidamente, ho voluto apprendere il mestiere e soffiare le mie opere: è uno sforzo molto lungo e faticoso ma appassionante, è la sola cosa che permette di pensare in vetro". Gli appunti di Marinot svelano la relazione profondissima dell'artista con la sua materia, con lui il vetro diventa creatura viva, prima infuocata, poi glaciale: "Provocare nel pieno della sua incadescenza le reazioni flessuose e carnose per ritrovare in seguito, dopo il raffreddamento, delle opere nate dal fuoco che, con la nobiltà del loro peso, esprimano l'acqua dormiente o scrosciante, il ghiaccio che si rompe o che si scioglie". Marinot continua a realizzare le sue opere in vetro fino al 1934, anno della chiusura della vetreria di Bar-sur-Seine, a causa di difficoltà economiche, nel 1944 il suo atelier a Troyes viene distrutto dagli alleati, convinti di colpire un deposito di munizioni tedesche.

"Celebrare Maurice Marinot oggi vuol dire rendere l'omaggio che merita a un audace pioniere dell'arte moderna ancora poco noto. Farlo a Venezia, alle Stanze del vetro, è di per sé un successo, giacché questa è la prima retrospettiva internazionale dedicata al maestro francese - spiega Olivier Gabet, direttore del Musée des arts décoratifs di Parigi, nel testo contenuto nel catalogo della mostra -. Appassionati d'arte, curiosi ed eruditi hanno saputo individuare assai presto in Maurice Marinot il fuoco dei grandi maestri, e il gusto per i suoi vetri ha conservato qualcosa del linguaggio per iniziati, per coloro che sanno amare, una cerchia ristretta di veri intenditori: è quel piacere che ora spetta a noi condividere con un pubblico più vasto, facendo scoprire e riscoprire la sua opera".

Il vetraio giunge al suo scopo solo attraverso un'attenzione continua e un'intesa precisa dei suoi minimi movimenti con la vita del vetro incandescente Maurice Marinot, 1920

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