disegno di Fernando Fueyo - Mtoto the sleeping child
Panga Ya Saidi, nella zona tropicale del Kenya, è un sito archeologico con alcune grotte in cui è stata rinvenuta la più antica sepoltura umana conosciuta in Africa. Gli scavi, iniziati qualche anno fa, hanno portato alla pubblicazione di un articolo su Nature in cui i ricercatori hanno raccontato tutte le tappe del ritrovamento del corpo di bambino sepolto 78.000 anni fa. Ciò che rimane di Mtoto, così è stato chiamato il bimbo, poiché nella lingua locale significa proprio “bambino”, si trovavano tre metri sotto la terra dell’attuale superficie della grotta. I resti che sono stati trovati da un gruppo di archeologi, appartenenti al Cenieh (The National Research Center on Human Evolution), ai Musei nazionali del Kenya e all’Istituto Max Planck, sono in realtà un agglomerato di ossa molto fragili e degradate. Vista la fragilità e l’alto rischio di perdere informazioni importanti, i ricercatori hanno deciso di stabilizzare e intonacare il blocco di sedimento che conteneva le ossa, per poterlo spostare dalla grotta e portarlo in laboratorio per ulteriori analisi specializzate. Si è capito dapprima che si tratta di un essere umano, vista la colonna vertebrale, però di piccole dimensioni, quelle di un bambino appunto, e visti i due denti piuttosto conservati e osservabili chiaramente. Successivamente il blocco con i resti è stato portato a Burgos, in Spagna, al Cenieh, dove con l'aiuto delle tecniche di imaging, l’uso della microtomografia, la scansione di piccoli blocchi, ma anche applicando tecniche più tradizionali come lo scavo manuale, si è arrivati a scoprire che il bambino, di circa 3 anni, è stato riposto in una posizione laterale e flessa. Inoltre la conformazione del cranio e dei denti hanno confermato l’appartenenza alla specie homo sapiens. Lo studio dell’articolazione delle ossa, resa possibile dalla separazione della colonna vertebrale dal resto del blocco, ha aggiunto dettagli fondamentali: le ossa erano ancora perfettamente articolate, o avevano avuto solo dei piccoli spostamenti, uno scenario del tutto compatibile con il processo di decomposizione. Quindi il corpo è stato ritrovato esattamente nel luogo in cui fu deposto dopo la morte. Il corpicino di Mtoto fu anche coperto con la terra, infatti è stato riscontrato l’appiattimento del torace ad opera della pressione meccanica del suolo. La cassa toracica non è collassata e, con la progressiva decomposizione di organi e tessuti, lo spazio vuoto è stato riempito gradualmente dal terreno circostante.
La posizione del corpo è compatibile con una sepoltura stretta, con la parte superiore del bimbo avvolta in una sorta di sudario. Inoltre la dislocazione delle prime tre vertebre del cranio è compatibile con il posizionamento della testa su un cuscino o poggiatesta. Con la decomposizione del cuscino si è creato spazio sotto la testa, e con la forza di gravità il cranio si è inclinato ed è avvenuta la disarticolazione delle prime due o tre vertebre. La presenza del sudario attorno al corpo del bimbo e la presenza del cuscino supporta l’idea che questa sepoltura sia stata intenzionale, che ci fosse stata una sorta di rito funerario. Lo studio microscopico delle ossa ha fornito altre prove della decomposizione del corpo in quel luogo, facendo ipotizzare che sia stato deposto subito dopo la morte e mai più spostato. Inoltre il terreno con cui è stato coperto è diverso da quello in cui si è scoperta la tomba, un ulteriore sostegno all’intenzionalità della sepoltura.
Intervista completa al professor Luca Bondioli, docente di bioarcheologia dell'università di Padova - Servizio e montaggio di Elisa Speronello
Quindi quello che sembrava solo una massa informe di ossa umane si è rivelata molto di più: si tratta di una tomba antichissima. La datazione di alcuni suppellettili ritrovati insieme alle ossa risulta essere di 78.000 anni fa. Si tratta di un periodo, spiega il professor Luca Bondioli, docente di bioarcheologia dell’università di Padova, che rappresenta un momento cruciale per la storia evolutiva umana. L’età della pietra media in Africa è il momento in cui si è venuta a formare quella che è l’umanità, ciò che ci rende umani. Ci sono molti dati che confermano che questi individui possedessero un pensiero simbolico, cioè pensavano come noi ed erano in grado di creare simboli. Attraverso i simboli, poi, si va a creare una complessa mentalità. Una sepoltura diventa una tomba quando è legata all’intenzionalità e quindi a un sistema simbolico. Non tutte le sepolture sono delle tombe, anzi esistono delle vere e proprie regole da seguire per poter capire se un ritrovamento sia o meno riconducibile a una tomba. Il professor Bondioli spiega che il requisito fondamentale di una tomba è il tipo di gesto funerario che il vivo trasferisce sul morto. Il gesto deve andare a rappresentare in qualche modo il ruolo che l’individuo sepolto ha avuto all’interno della società, e talvolta anche di quello che avrà in futuro.
“ Non c’è niente di più variabile della risposta umana alla morte: i morti sono stati mangiati, bolliti, appesi, scarnificati, trasformati, sepolti, dati da mangiare alle bestie, c’è una variabilità infinita nel record umano ci come ci si comporta dal punto di vista del morto
“Non c’è niente di più variabile della risposta umana alla morte: i morti sono stati mangiati, bolliti, appesi, scarnificati, trasformati, sepolti, dati da mangiare alle bestie, c’è una variabilità infinita nel record umano ci come ci si comporta dal punto di vista del morto”. Il professore fa anche un esempio che riguarda la difficoltà di capire se il ritrovamento sia frutto di una sepoltura intenzionale, e quindi sia una tomba vera e propria, oppure di una casualità: dentro grotta Guattari, nel Lazio, sono stati ritrovati alcuni frammenti di ossa appartenenti a persone diverse. In un’interpretazione la grotta fungeva da luogo di ritualità funeraria, in un’altra furono le iene a portare all’interno dei pezzi di uomo, “Lo stesso contesto, cioè un accumulo di ossa umane ed animali, può essere interpretato, se non si sta molto attenti, in due maniere completamente differenti” precisa il professore. Poi, ovviamente, ci sono le sepolture anomale, come per esempio le fosse utilizzate per far fronte alle morti di un’epidemia.
Per quanto riguarda Mtoto, spiega il professor Bondioli, è abbastanza evidente che si tratti di una sepoltura intenzionale, di una tomba. Gli studi hanno portato evidenze dello scavo della fossa, del posizionamento di altro terreno sopra al corpo, e infine del contesto di cura con cui è stato posizionato il corpo del bambino (poggiatesta e sudario).
Video dal canale inglese del Cenieh che contiene le ricostruzioni dello scheletro di Mtoto ottenute con le varie tecniche di imaging
La domanda successiva che viene spontanea riguarda il motivo che ha portato l’uomo dell’età media della pietra a seppellire un bambino. “La sepoltura deriva dal non volere che l’individuo venga mangiato, divorato da bestie grandi. Ovviamente, non c’è la cultura per capire che verrà invece mangiato dai vermi, però tutto ciò premesso, l’individuo viene in qualche modo protetto, è un sistema di protezione, e questo sistema di protezione è un qualcosa che entra nella società umana abbastanza presto, il morto non è più abbandonato”. Il professore ci tiene comunque a precisare che questo tipo di pensiero è stato tutt’altro che universale, infatti ci sono ancora oggi delle società che hanno un trattamento del tutto diverso del defunto, ma riguarda comunque il pensiero simbolico e la creazione del modello riguardo a cosa c’è dopo la morte che ogni gruppo si è creato.
Dando uno sguardo ai ritrovamenti di tombe di un’epoca vicina a quella di Mtoto, occorre spostarsi fuori dall’Africa se il nostro intento è, appunto, cercare qualche sepoltura della nostra specie ancora più antica. Ci sono altri siti africani che sono coevi o più recenti di 10.000 anni. “Ma se usciamo dall’Africa” spiega il professore, “incredibilmente abbiamo altri esempi di tombe di cui siamo al 90% sicuri che siano seppellimenti intenzionali con ritualità funeraria, probabilmente datati a 120.000 anni fa in Medio oriente, oppure a 70.000 con Shanidar. Stiamo parlando di Qafzeh, Tabun, Skuhul”. Alcuni di questi ritrovamenti sono riconducibili alla specie homo di Neanderthal, di cui si hanno più evidenze circa la pratica di ritualità funeraria.