SOCIETÀ

Sport e media: la speculazione finanziaria dei diritti

Cinquant’anni di Superbowl e non sentirli. Anzi, le nozze d’oro lo ribattezzano l’evento sportivo più ricco del mondo, con un portafoglio di 3 miliardi di dollari in diritti tv. Quest’anno uno spot pubblicitario di 30 secondi durante la trasmissione tv è arrivato a costare 5 milioni di dollari. Sono cifre esorbitanti che hanno però il potere di aprire virtualmente le porte delle nostre case, consentendo a immagini e messaggi di entrare nei nostri salotti, di rimbalzarci addosso, di bombardarci senza filtro.

“Non c’è modo di valutare quello che è successo negli ultimi 150 anni, è stato tutto così rapido da sfuggire alla nostra percezione” esordisce Stefano Balducci, già responsabile dei diritti audiovisivi e new media della FIGC, nel corso di un incontro a Padova su Diritti audiovisivi, sport e cinema. “Pensate che fino al 1880 il mezzo di comunicazione più veloce era il cavallo. In poco tempo, poi, è cambiato tutto. Prima la radio e poi la televisione hanno veicolato il suono della parola a un numero enorme di persone ad una velocità mai immaginata prima”. La potenza della parola udita e dell’immagine percepita si afferma esponenzialmente superiore a quella della parola scritta, l’unico mezzo che, prima dell’avvento delle telecomunicazioni, era in grado di raggiungere le persone nel proprio privato.

Agli inizi del ‘900 era la radio e, con essa, la pubblicità. E la propaganda. La voce dei grandi dittatori arrivava direttamente all’orecchio di ciascuna singola persona, contribuendo a plasmare coscienze di massa. “La televisione poi, avrebbe unito immagine, parola, musica e soggetto; avrebbe veicolato un messaggio senza ritorno, unidirezionale, che sarebbe entrato nelle case agendo di forza: così, accolto o meno, il suo messaggio sarebbe comunque arrivato ad ogni singolo individuo. In questo senso, la televisione è in assoluto il mezzo più coercitivo”. Le previsioni fatte in tempi meno sospetti da Marshall McLuhan si sono avverate ed “il mezzo è divenuto il messaggio”: il mondo è abitato da un popolo che cresce davanti alla televisione e che misura le proprie azioni in conseguenza del messaggio televisivo, determinando eventi, muovendo mercati e definendo comportamenti sociali.

Con l’avvento della televisione cambia tutto anche in campo sportivo, perché per assistere ad una partita non è più necessario andarci di persona, ma la si può seguire direttamente dal proprio divano. E non solo è possibile seguire la gara cittadina, ma anche quella all’altro capo della nazione. I tennisti sull’erba di Wimbledon conquistano le nostre poltrone, gli olimpionici da Tokyo scattano sui cento metri nelle nostre cucine. “Le tecnologie ampliano il serbatoio di utenza televisiva, anno dopo anno. Oggi, nonostante internet stia evolvendo a ritmi esorbitanti, non riesce ad avere lo stesso impatto, a livello pubblicitario, della televisione”.

Dal monopolio de La domenica sportiva siamo arrivati oggi a possedere canali tematici interamente dedicati allo sport, o a uno sport (come Supertennis), o addirittura una sola squadra (come Roma channel). Negli Stati Uniti i canali tv sportivi sono 126, in Gran Bretagna 98, in Francia 40. I diritti televisivi sono diventati la maggiore fonte di introiti dei grandi eventi sportivi, per accaparrarsi i quali città e intere nazioni sono disposte a spendere e ad attrezzarsi di conseguenza: infrastrutture, palazzetti, alloggi. E quelle spese devono ritornare in tasca agli organizzatori, in qualche modo. Per le ormai prossime Olimpiadi, che si terranno a Rio de Janeiro, i diritti sono stati venduti a circa 1.3 miliardi, cifra che nelle previsioni del comitato organizzatore rappresenterebbe circa il 38% delle entrate complessive dei giochi olimpici, a cui aggiungere i ricavati dai biglietti per la partecipazione agli eventi, il turismo e l’indotto, le sovvenzioni degli sponsor e le entrate commerciali, per un totale di circa 7 miliardi, a fronte di una spesa complessiva stimata dal governo brasiliano di circa 10 miliardi di euro. Solo due anni fa, i diritti televisivi per le Olimpiadi invernali di Sochi sono stati venduti a poco meno della metà.

Il trend registrato dal valore dei diritti televisivi è insomma generalmente positivo anzi, iperbolico. Rispetto a Roma 1960, le Olimpiadi di Londra 2012 hanno generato diritti televisivi per un valore ben 2.000 volte superiore; per i mondiali di calcio l’aumento del valore dei diritti è raddoppiato fra Germania 2006 e Brasile 2014. Ma cosa aspettarsi per i mondiali di Russia 2018? È possibile pensare a un aumento incessante o interverrà invece un’involuzione? Non è uno scenario da escludere a priori se diamo uno sguardo all’andamento apparentemente anomalo del valore dei diritti tv negli Europei di calcio, la cui crescita, sia pure consistente, non ha avuto il seguito proporzionale di Olimpiade e Mondiali. Una situazione che, secondo Balducci, comporta delle conseguenze: “La Uefa, infatti, per ovviare a questa ‘involuzione’ avvierà dal 2018 il progetto di centralizzazione dei diritti in nome di tutte le federazioni europee sul modello della attuale Champion’s League. Ciò comporterà un’automatica apertura del mercato alle televisioni di tutti i Paesi europei con incrementi di audience e quindi di interessi commerciali collegati alla pubblicità e agli spot che valicheranno i confini dei Paesi in lizza per il titolo europeo. Per ottenere questo risultato la Uefa ha già previsto di cambiare la attuale formula di competizione e di ‘spalmare’ le partite di maggior cartello e interesse nel corso della settimana”.

“Ma oltre agli sport più popolari, altri eventi sportivi di interesse planetario si affacciano alla ribalta nel panorama del prossimo futuro. Tra questi la Ryder Cup di golf che mette di fronte, ogni due anni, i migliori professionisti di USA ed Europa in un percorso diverso ed alternato e in una gara a squadre che appassiona come un derby di calcio”. Quella di Gleanagles in Scozia, due anni fa, fu seguita in televisione da 500 milioni di persone in 192 Paesi con la partecipazione in diretta di 53 emittenti televisive. L’occhio è puntato all’edizione del 2022 quando sarà un prestigioso circolo romano, il Marco Simone Golf Club, ad ospitare la manifestazione.

 “L’orizzonte più prossimo non sembra proporre alcuna nube minacciosa ma invece scenari di ulteriore evoluzione con evidente particolare riferimento ai mercati degli Emirati e dell’Est asiatico”, osserva Balducci. “A Roman Abramovich, proprietario del Chelsea, precursore della filosofia di nuovi investimenti, si sono aggiunti pian piano gli sceicchi Mansour Bin Zayed - che ha rilevato le quote di maggioranza del Manchester City - e il qatariano Haman Al Thani che controlla il pacchetto azionario del Paris Saint Germain. Su molte altre società di calcio europee sono intervenuti gli interessi di grandi gruppi di capitali stranieri: russi, americani, indonesiani, malesi, thailandesi, cinesi”. È di pochi giorni fa anche la cessione del pacchetto di maggioranza dell’Inter al cinese Suning Group.

E se per qualche congiuntura sfavorevole i diritti televisivi dovessero crollare da un momento all’altro? Dovremmo allora ripensare dalle fondamenta un intero sistema, che oggi poggia sul devastante potere dei media televisivi. Ma ci siamo abituati, ormai: non sarebbe certo la prima crisi che affrontiamo, né la più grave.

Chiara Mezzalira

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012