SCIENZA E RICERCA

La frontiera della medicina virtuale ha anche vantaggi concreti

Coniugare didattica, formazione, ricerca ed eccellenza medica con la disponibilità di fondi economici. Sembrerebbe una chimera in tempi di ristrettezze e di spending review, anche all’interno dell’università. Ma l’Unità di anestesia e rianimazione di Padova pare aver trovato una ricetta per riuscire a gestire entrate economiche costanti e garantire corsi di formazione e aggiornamento in Italia e all’estero.

È il risultato di quattro anni di lavoro del centro SimulARTI (Simulazione avanzata in anestesia, rianimazione e terapia intensiva) che dal 2007 propone un progetto di simulazione medica avanzata. Il centro, unico di questo tipo in Italia, possiede apparecchiature all’avanguardia che garantiscono attraverso riproduzioni realistiche di casi medici, una formazione senza rischi su pazienti reali. Si tratta di un ambiente che ricrea fedelmente una sala operatoria con tutte le apparecchiature funzionanti (dal defribillatore, all’infusore di farmaci, passando per gli strumenti di emergenza). Ma il fiore all’occhiello è rappresentato dai simulatori veri e propri: manichini in grado di riprodurre in tempo reale gli effetti delle cure mediche. Il più avanzato si chiama Hps ed è in grado di riprodurre a grandezza naturale un paziente e i suoi aspetti clinici. Il manichino ricrea infatti in modo realistico l’apparato respiratorio e offre la possibilità di intervenire con pratiche di intubazione, ventilazione polmonare meccanica, oltre alla riproduzione dei rumori polmonari-cardiaci. Il manichino è collegato ai principali dispositivi di monitoraggio del paziente e risponde al tipo e alla quantità di farmaci iniettati. In pratica, a seconda della terapia applicata, il “paziente” si potrà salvare oppure no. “L’Hps - spiega Carlo Ori, direttore dell’Unità di anestesia e rianimazione - è in grado di riconoscere oltre 160 farmaci diversi attraverso specifici codici a barre presenti nel software per interagire con la cura somministrata”. A questo simulatore si affiancano nuovi apparecchi: un simulatore neo-natale e uno invece per la pratica dell’elettrocardiogramma (Ecg), in grado di mostrare in tre dimensioni e in sezione il muscolo cardiaco con una grafica iper-dettagliata.

Postazioni di questo tipo, tra macchinari e sale di regia hanno ovviamente un costo di avviamento elevatissimo. Il centro di Padova è costato circa 700.000 euro, coperti in parte dll’università e da donazioni della fondazione Cariparo. Ma a questi si devono aggiungere i costi di gestione e manutenzione che in quattro anni si sono attestati sui 30.000 euro. Uscite elevate che in un contesto normale avrebbero fatto chiudere il centro nel giro di un anno. Se non fosse stato per l’iniziativa di fundraising attivata dall’Unità di anestesia. “Abbiamo deciso di aprire il centro - argomenta il professor Ori - per la formazione a terzi”, produttori di strumenti, industrie farmaceutiche o gruppi di medici che vogliono usare i simulatori. “Il risultato - spiega Ori - è che grazie a questi corsi siamo riusciti non solo a tenere aperto il centro ma anche a renderlo più avanzato con il trascorrere degli anni”. Padova è uno dei punti di riferimento per la simulazione medica nel mondo. Apparecchi di questo tipo in Europa ci sono solo in Germania e in Slovacchia: “Ogni anno aumentiamo il numero di partecipanti che provengono da tutto il mondo”. Dall’Italia soprattutto, ma anche dall’estero con visitatori in arrivo da Stati Uniti, Giappone, Corea, Malesia, Brasile, Giappone e altri Paesi, per un totale di oltre mille partecipanti e un corso organizzato in media ogni 13 giorni. I corsi organizzati grazie a una sponsorizzazione privata sono il 92% del totale e tra gli sponsor ci sono ditte importanti a livello internazionale. Il fundraising ha così garantito la possibilità di portare avanti progetti di ricerca e di sperimentazione su nuovi metodi di cura per testarne l’efficacia sul manichino prima del contatto con il paziente vero e proprio. “La simulazione medica - argomenta Ori - ha una sua filosofia che permette non solo di provare cure senza il paziente, ma anche di migliorare il lavoro d’équipe dei medici e verificare la curva di apprendimento utilizzando metodologie diverse dal contatto reale con l’ammalato”.

Il centro da un anno pratica corsi anche agli studenti di medicina del quinto anno e agli specializzandi per imparare le pratiche di rianimazione d’emergenza ma si sarebbe solo all’inizio. Per il professor Ori la simulazione medica ha ancora molte frontiere da superare e rappresenta una grande opportunità per la medicina: “Lavoro ora al coinvolgimento di figure di altri dipartimenti medici per allargare il centro ad altri ambiti. Esistono simulatori utili per i cardiologi, per i chirurghi e per le operazioni in laparoscopia che potrebbero rendere ancora più stimolante questo campo di ricerca e di lavoro”.

 

Mattia Sopelsa

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