SOCIETÀ

Quando i capannoni non c’erano. Il Veneto di ieri

“Crepà la vaca che daséa el formaio / morta la dona a partorir 'na fiola / protestà le cambiali dal notaio / una festa, seràdi a l’ostaria, / con un gran pugno batù sora la tola / porca Italia, i bastémia: 'ndemo via!”. Nel disgraziato Nordest rurale di fine Ottocento, al poeta Berto Barbarani bastano pochi versi per raccontare la disperazione dei contadini costretti a emigrare. Ma le terre che, nell’ultimo decennio del secolo, centinaia di migliaia di agricoltori lasciarono per sopravvivere, le zone in cui dilagava la pellagra e le masse vivevano in condizioni alimentari e igieniche tremende, sono le stesse che vedono la presenza di imprenditori e finanzieri d’avanguardia, iniziative filantropiche di rilievo nazionale, movimenti sindacali e cattolici che trasformeranno il mondo del lavoro. È il Veneto di Il Sud del Nord (Edizioni Biblioteca dell’Immagine), in cui Francesco Jori racconta l’area che più di ogni altra in Italia ha vissuto lo stravolgimento delle proprie radici, passando in poco più di un secolo da arcaica civiltà rurale a potenza economica e industriale. L’autore tiene a precisare di non essere uno storico: ma, da giornalista, compie un’inchiesta a ritroso, ripercorrendo le vicende di Veneto e dintorni dall’Unità al fascismo attraverso notizie e aneddoti setacciati da relazioni dei parroci di paese, rapporti dei sindaci, resoconti dei cronisti. Ne risulta una narrazione vivace e concreta, in cui accanto ai protagonisti dell’economia e della società postunitarie spiccano alcune figure minori ma altrettanto rappresentative, spesso appartenenti al clero: preti-agronomi che introducono tecniche innovative per la coltivazione, tali da suscitare l’ammirazione del papa; missionari che denunciano in solitudine le bestiali condizioni di vita dei veneti immigrati oltreoceano; parroci che, per frenare il flusso di fedeli che si “corrompono” nelle osterie, ne aprono una e si fanno osti anch’essi.

Il Veneto degli ultimi decenni dell’Ottocento è dominato dalla miseria dei contadini, da fame e malattia: ma, si diceva, vede già all’opera imprenditori di mentalità del tutto moderna, che anticipano i tempi e creano i presupposti per lo sviluppo industriale e finanziario della regione. Sul fronte del credito fioriscono le casse rurali di Leone Wollemborg e (in area cattolica) don Luigi Cerutti, mentre nelle città crescono le banche mutue popolari promosse dal veneziano Luigi Luzzatti. Tra le grandi figure dell’economia veneta a cavallo dei due secoli, si ricordano Rossi e Marzotto nel tessile, Breda (acciaio e infrastrutture), i Camerini, Magni. Vengono ideati progetti che, nel tempo, segneranno il destino di intere aree: la Porto Marghera di Giuseppe Volpi, il Lido di Venezia a vocazione turistica. È del 1887 la nascita, a Venezia, di un quotidiano che diverrà perno dell’informazione e voce della società del Nordest: Il Gazzettino di Gianpiero Talamini. È anche il Veneto di personalità geniali che sfiorano, senza coglierlo, il successo, come Enrico Bernardi, docente all’Università di Padova, che nell’ultimo ventennio dell’Ottocento progetta e sviluppa i primi veicoli con motore a scoppio a benzina, e fonda a Padova una piccola industria di automobili, la prima in Italia, che non avrà fortuna; pochi anni prima aveva incontrato Giovanni Agnelli, con la cui Fiat (fondata nel 1899) collaborerà fino alla morte.

Ma, a parte le élite del potere e intellettuali il vero protagonista di Il Sud del Nord è il popolo. Jori riporta testimonianze crude e puntuali sulla vita nei campi nella seconda metà dell’Ottocento. Intere famiglie costrette, per nutrirsi, a disseppellire le carcasse di animali morti per infezione; malaria e pellagra che hanno spesso la meglio; e anche le case di città, per i ceti popolari, non garantiscono la minima sicurezza igienica. L’emigrazione di massa, unica scelta possibile per resistere, può portare a condizioni perfino peggiori: nel Nuovo Mondo i contadini, spesso privati della libertà personale, non possono uscire dalle terre del padrone, né ricevere posta o incontrarsi coi connazionali. Ma lo sbarco all’estero può anche dar vita a grandi fortune, come nel caso della Società Fosfati, una piccola azienda italiana di Kosseir (Egitto) che, alla vigilia della Grande Guerra, conosce uno sviluppo impetuoso grazie alla comunità agordina: poche centinaia di persone che creano un’industria mineraria fiorente e modellano in terra egiziana un villaggio sull’esempio delle valli d’origine.

Jori si sofferma anche sulle prime forme di welfare aziendale e filantropia, promosse da imprenditori di particolare sensibilità sociale come Alessandro Rossi, a capo nel Vicentino di una delle maggiori industrie tessili del Paese, che crea un sistema di servizi per i dipendenti che comprende istruzione, previdenza, finanziamenti, alloggi. A Padova, l’opera pia istituita nel 1877 da Angelo Riello finanzia un piano di riqualificazione del quartiere Portello, per realizzare case popolari là dove sorge, secondo un testimone dell’epoca, “un’immonda caverna di nere e nefaste casette con una famiglia per ogni stanza”. Il Sud del Nord racconta anche il nascente sindacalismo veneto, guidato da personalità di spicco sul fronte laico come su quello cattolico: tra tutti Sebastiano Schiavon, che a Cittadella fonda nel 1910 il Sindacato veneto dei lavoratori della terra e tre anni dopo, a trent’anni, diventa il più giovane eletto al Parlamento, per poi partecipare alla fondazione del Partito Popolare.

Il Sud del Nord si conclude con il racconto della Grande Guerra, che il Veneto si trova a vivere in prima linea e che vedrà la sigla dell’armistizio proprio a Padova, l’effimero boom dell’industria, la recessione postbellica e l’avvento del fascismo. Una tragedia preannunciata da una farsa, la marcia su Roma, citata nel racconto di alcune fonti locali, come il polesano Giuseppe Fusaro. Diciannovenne nell’ottobre 1922, avvisato della “marcia” dal Fascio provinciale poche ore prima di partire, si ritrova intruppato su un treno merci che in due giorni porta gli entusiasti militanti rodigini, finalmente, a destinazione. A Milano.

Martino Periti

 

 

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