SOCIETÀ

Sunitha Krishnan, una vita per le schiave del sesso

“Namastè. Mi inchino al dio e alla bontà che c’è in ognuno di voi”. Sunitha Krishnan: indiana, volontà d’acciaio e uno sguardo dolcissimo in meno di un metro e cinquanta. Ma la sua voce, allenata da centinaia di conferenze, racconta storie terribili. Come quella di Meenu, venduta piccolissima come schiava in un negozio; successivamente rivenduta a un bordello. 40 uomini al giorno, tutti i giorni, dall’età di cinque anni. Oppure Akshya, famiglia della classe media, il padre assistant professor universitario nell’Orissa: bestialmente stuprata il primo giorno d’asilo. Di persone come loro Sunitha, classe 1972, si occupa da più di vent’anni, durante i quali è riuscita a salvare dalla tratta sessuale migliaia di donne e di bambini.

Lo scorso 4 ottobre l’attivista è passata anche a Padova per raccontare la sua storia: “Io stessa avevo 15 anni quando fui violentata da otto uomini”. Un vero e proprio rape party, come lei lo definisce. “Non ricordo molto di quello che è successo quel giorno; ricordo il dopo, la mia rabbia. Non tanto contro me stessa – sapevo di essere una vittima – ma contro la società, che per anni mi ha isolata e stigmatizzata”. 

Per offrire assistenza e supporto alle donne vittime della violenza e della tratta sessuale, Krishnan ha fondato organizzazione non profit Prajwala: “Tirare una donna fuori dalla strada è relativamente semplice. Basta fare un giro in uno dei tanti quartieri del sesso delle metropoli indiane: una volta in poche ore ho portato via 300 ragazze”. I problemi iniziano dopo: “Per uscire bastano pochi minuti; per la riabilitazione e il reinserimento nella società possono volerci anni”. Un percorso lungo e difficile, in cui si cerca di ritrasformare in persona quella che prima era considerato merce: “Quando io sono stata vittima di violenza, ho trovato dentro di me una forza inaspettata. Oggi aiutiamo queste donne a capire il potere che hanno dentro di loro, a prendere coscienza di questa forza”.

Lo sfruttamento sessuale oggi è il terzo business criminale al mondo per giro d’affari, dopo quello della droga e delle armi, e riguarda milioni di esseri umani, soprattutto donne e bambini. Una tragedia cui la società spesso risponde emarginando proprio i più deboli: “Le persone sfruttate vengono stigmatizzate, escluse, si fanno battute su di loro – commenta Sunitha – Siamo tutti molto bravi a colpevolizzare le vittime”. Eppure la maggior parte di loro non ha scelto di essere lì, anzi ha lottato a lungo prima di essere piegata. “In India oggi ci sono tra i due e i tre milioni di vittime della tratta sessuale. Tra quelle che conosco, non c’è una donna che all’inizio non abbia provato a rifiutarsi. Però più resisti e più loro premono”. Loro sono gli sfruttatori, i tenutari dei bordelli, i poliziotti e i funzionari corrotti: la nutrita filiera di chi vive sfruttando questi corpi. “Se insisti è peggio: ti picchiano, minacciano la tua famiglia, possono sfigurarti con l’acido. Conosco una bambina che, per costringerla a prostituirsi, a otto anni è stata chiusa in una stanza con un serpente”.

Le più coraggiose e ostinate spariscono nel nulla; la maggior parte alla fine cede. “Così però la tortura non si ferma, si passa semplicemente a uno livello successivo”. Decine di clienti al giorno, spesso esposte a ogni tipo di malattia. Persone che pagano, e quindi possono fare quello che vogliono: “Il business è redditizio, ma non per queste donne, per loro niente soldi facili. Sono perennemente indebitate con i loro sfruttatori; persino gli aborti e le droghe che sono costrette ad assumere vengono fatte pagare a caro prezzo”. Si finisce così in una perpetual trap, un vicolo cieco senza via d’uscita.

Una realtà, quello dello sfruttamento, che purtroppo non è limitata a scenari lontani, ma è presente anche nel nostro paese. Basta leggere i giornali per vedere come anche da noi non manchino le violenze, gli sfiguramenti con l’acido, le uccisioni. “Sono in aumento i minori coinvolti (oggi circa il 20%) e la violenza – ha detto durante l’incontro la giornalista Mirta Da Pra, del Gruppo Abele – Dopo anni in cui eravamo riusciti a rendere l’Italia un paese poco appetibile per i trafficanti, purtroppo la situazione è tornata preoccupante. Colpa delle scelte degli ultimi governi, che hanno abbandonato a loro stesse le associazioni e hanno perso attenzione per queste tematiche”.

È difficile, soprattutto per un uomo, non provare disagio di fronte a questi dati e in particolare alla testimonianza di Sunitha. Il suo non è però un raccontare fine a se stesso, oppure – peggio – diretto a fomentare diffidenza ed odio: “Spesso anche gli uomini più brutali hanno alle spalle una storia di abusi, di malattie o di violenze”. L’obiettivo è ‘dare la sveglia’: “Quando pensiamo alla tratta sessuale, crediamo che non ci riguardi, ma non è così”. Stop quindi all’indifferenza, ma anche alla rassegnazione: fare attenzione agli episodi di violenza e di abuso, sensibilizzare ed educare al rispetto. Le scelte si fanno anche con i comportamenti quotidiani, ad esempio scegliendo di evitare la pornografia in rete, che in gran parte viene proprio dallo sfruttamento, spesso anche di minori. Per questo Sunitha Krishnan il 28 marzo 2011 ha promosso il movimento Men Against Demand (MAD): “Nella mia vita ho conosciuto i peggiori uomini – i miei stupratori e le migliaia di ‘clienti’ di cui mi hanno raccontato – e i migliori, a partire da mio padre e da mio marito". È  tempo che i veri uomini si uniscano e si battano contro lo schiavitù sessuali.

Daniele Mont D’Arpizio

L'attivista indiana Sunitha Krishnan. Foto: Massimo Pistore

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